La Rosa dei Venti del Mediterraneo, dai greci ai giorni nostri

“Esistono dunque di certo, s’anche invisibili, i venti: essi flagellano il mare: essi la terra, le nubi essi, che con improvviso turbine squarciano e spazzano via.” Lucrezio, De Rerum Natura

Rosa dei venti

Il vento, dal latino ventus (aria, atmosfera, soffio vitale), è un fenomeno causato dalle differenze di pressione atmosferica che spinge l’aria da un’area con alta pressione (anticiclonica) ad una di bassa pressione (ciclonica). La sua direzione, generalmente viene espressa in base al verso da cui soffia. Ad esempio un vento settentrionale soffia da nord verso sud.

Lo schema che indica le direzioni dei venti, si chiama Rosa dei Venti. Questa per gli antichi greci era centrata sull’isola di Zante, mentre per la tradizione romana, al Centro del Mediterraneo, all’incirca a Malta.

Facendo riferimento, alla tradizione greca, i greci chiamavano il vento άνεμος, ànemos ossia soffio, vento, anima. Nella cultura greca, il vento è stato personificato da uno o più dei o come manifestazione del soprannaturale. Gli Aνεμοι, Ánemoi, i Venti, erano i figli del Titano Astreo, dio del crepuscolo, ed Eos (nella mitologia romana Aurora), la dea dell’aurora. Alla coppia viene anche attribuita la paternità degli Astra Planeta, cioè i pianeti visibili ad occhio nudo quando riflettono la luce del sole: Mercurio (Hermes, Ερμής), Venere (Afrodite, Αφροδίτη), Marte (Ares, Άρης), Giove (Zeus, Δίας) e Saturno (Crono, Κρόνος).

Esiodo nella Teogonia ci racconta l’origine dei venti:

“Aurora partorí i venti gagliardi ad Astrèo,/ Zefiro serenatore, veloce nei tramiti Bora, e Noto:/ con un Dio si fuse ella, Diva fulgente./ E dopo loro, un astro, Eòsforo, a luce essa diede,/ e le lucenti Stelle, che sono corona del cielo.” Esiodo, Teogonia, i figli d’Aurora e d’Astreo

I nomi degli Anemoi designano le direzioni da cui provengono i venti principali. In Esiodo vengono nominati tre degli Anemoi:

Zefiro, il vento dell’ovest, che portava la Primavera con le prime brezze estive;

Borea, il vento del nord, che portava l’Inverno con l’aria fredda;

Noto, il vento del sud, che portava l’Estate con i temporali e le burrasche.

Per i greci ai tempi di Erodoto si identificavano solo tre stagioni. Il quarto vento, l’Euro, colui che soffia da (Sud-) Ovest, corrisponderebbe all’autunno, e compare per la prima volta nell’Odissea:

“ […] e [Poseidone], dato di piglio al gran tridente,/ Le nubi radunò, sconvolse l’acque,/ Tutte incitò di tutti i venti l’ire,/ E la terra di nuvoli coverse;/ Coverse il mar: notte di ciel giù scese./ S’avventaro sul mar quasi in un groppo/ Ed Euro, e Noto, e il celebre Ponente,/ E Aquilon, che pruine aspre su l’ali/ Reca, ed immensi flutti innalza e volve.” Omero – Odissea, V

Gli Anemoi vengono rappresentati nel mondo dell’arte greca come creature umanoidi alate di età, per esempio nei rilievi della Torre dei Venti ad Atene. Nella mitologia invece appaiono anche come cavalli divini, che trainavano la quadriga di Zeus, e gli stettero vicini durante la battaglia contro Tifone.

I venti erano in origine proprietà di Era, e le divinità maschili non avevano alcun potere su di essi.  Secondo Diodoro, Eolo si limitò a insegnare agli isolani di Lipari, gli eoli, l’arte della vela, e a predire da certi segni che appaiono nel fuoco quali venti si leveranno. Il controllo dei venti, considerati gli spiriti dei morti fu uno dei privilegi che le sacerdotesse di Era vollero difendere a tutti i costi dopo l’arrivo dei Dori.

I venti impetuosi – Piero de Crescenzi

Già in età omerica infatti, Eolo, l’antenato eponimo degli eoli, fu promosso al rango di divinità minore, e gli fu affidata, a spese di Era, la tutela dei venti per volere di Zeus. Nato mortale, divenne poi immortale ed i suoi figli presero il nome di Eoliani.

Sebbene sia spesso citato come dio dei venti, nella versione più antica del mito, vale a dire l’Odissea, è sempre rappresentato come essere umano, mai come una divinità. Quando Zeus decise di rinchiudere i venti in alcune anfore, perché li riteneva pericolosi se lasciati in libertà, sua moglie Era suggerì di nasconderli in una grotta del mar Tirreno e di affidarne la custodia ad Eolo. Al momento della sua morte, Eolo, che era ritenuto troppo prezioso da Zeus, rimase a guardia dei venti nella grotta delle isole Eolie divenendo così immortale.

Per Era, Eolo doveva essere considerato al pari degli altri olimpi, ma Poseidone lo considerava un intruso, ritenendosi esso stesso il padrone del mare e dell’aria.

Tuttavia, nel libro X dell’Odissea, è Eolo a donare a Ulisse un otre in pelle di bue che conteneva ogni vento contrario alla navigazione, per poter farlo giungere, dopo tanto peregrinare, alla sua isola natale, Itaca:

“[…] della pelle/ di bue novenne presentommi un otre,/ Che imprigionava i tempestosi venti:/ Poiché de’ venti dispensier supremo/ Fu da Giove nomato; ed a sua voglia/ Stringer lor puote, o rallentare il freno./ L’otre nel fondo del naviglio avvinse/ Con funicella lucida d’argento,/ Che non ne uscisse la più picciol’aura;/ E sol tenne di fuori un opportuno/ Zefiro, cui le navi, e i naviganti/ Diede a spinger su l’onda. Eccelso dono,/ Che la nostra follia volse in disastro!” Omero – Odissea, X

Passando dalla mitologia, e spostandoci nella costruzione del sapere geografico, il medico greco Ippocrate, nella sua opera Sulle Arie, le Acque e i Luoghi, si riferisce ai quattro venti, ma non li designa con i loro nomi omerici, bensì usando le quattro direzioni dalle quali spirano (Arctos, Anatole, Dusis, Mesembria). Ippocrate riconosce sei punti geografici: Nord, Sud e i punti di levata e tramonto del sole in estate e in inverno ‒ usando gli ultimi per impostare i limiti dei quattro venti generali.

Aristotele invece introdusse nel suo Meteorologia (ca.340 a.C.) un sistema di venti che ne annovera da dieci a dodici. Secondo l’interpretazione del suo sistema troviamo otto venti principali: Apartia (N), Cecia (NE), Apeliote (E), Euro (SE), Noto (S), Libico (SW), Zefiro (W) e Argeste (NW). Aristotele va poi oltre, e aggiunge due venti intermedi, Trascia (NNW) e Meses (NNE), notando che questi non hanno contrari. Successivamente Aristotele menziona il vento Fenicia per il SSE, che soffia localmente in alcune zone, ma non menziona un corrispettivo per i venti da SSW. In questo modo, Aristotele concepisce una rosa dei venti asimmetrica di dieci venti, dato che due venti sono da considerarsi venti locali.

Ad Atene, nei rilievi che si possono osservare nella già citata Torre dei Venti, risalente a primo secolo a.C., troviamo rappresentati, provenienti dai vari punti cardinali, quattro venti dominanti e quattro venti secondari, per un totale di otto venti:

Borea, da Nord, rappresentato da un uomo con mantello che soffia in una conchiglia; Kaikias da Nord-est rappresentato da un uomo che lancia oggetti rotondi e che porta uno scudo anch’esso rotondo. Apeliote, da Est, rappresentato da un ragazzo che porta un mantello riempito di frutti e frumento. Euro, da Sud-est, rappresentato da un anziano avvolto in un mantello. Ostro, da Sud, rappresentato da un uomo che svuota una giara. Lips, da Sud-ovest, rappresentato da un giovane che regge un dritto di prua. Zefiro, da Ovest, rappresentato da un giovane che indossa un mantello floreale. Infine Scirone, da Nord-ovest, è rappresentato da un uomo barbuto che tiene in un contenitore di bronzo carbone di legna e ceneri calde.

Nell’età romana, anche questa popolazione adottò la rosa dei venti, spostandola da Zante al centro del Mediterraneo, più o meno in corrispondenza di Malta. La nomenclatura rimase parzialmente greca, ma si utilizzarono sempre più nuovi nomi di origine latina.

Rosa dei venti – Mediterraneo

Il poeta latino Virgilio, nelle sue Georgiche (ca.29 a.C.) si riferisce ad alcuni venti con il loro nome greco (Zefiro, Euro, Borea) e introduce per gli altri dei nuovi nomi latini, quali il nero Austro, il freddo Aquilone e l’algido Cauro.

Seneca, nelle sue Naturales quaestiones, menziona i nomi greci di alcuni dei venti maggiori e prosegue notando che lo studioso latino Varrone aveva affermato l’esistenza di dodici venti. I nomi dei dodici venti così come forniti da Seneca sono: Settentrione da Nord,  Aquilone da Nord-Nord-Est, Cecia, dal greco kaikias, da Nord-Est, Subsolano da Est, Volturno, con la variante Euro da Sud-Est, Euronoto, come citato dal geografo greco Timostene, da Sud-Sud-Est, Austro con Noto usato come variante da Sud, Libonoto, come in Timostene, da Sud-Sud-Ovest, Africo, da Sud-Ovest, Favonio, con la variante Zefiro, da Ovest, Coro, con la variante Argeste, da Nord-Ovest, infine Trascia, da Nord-Nord-Ovest.

Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia, dopo aver osservato che dodici venti erano un’esagerazione prosegue dicendo che i  moderni  li hanno ridotti ad otto, elencando Settentrione (N), Aquilone (NNE), Subsolano (E), Volturno (SE), Austro (S), Africo (SW), Favonio (W) e Coro (NW).

La Rosa dei venti come la conosciamo oggi, si è diffusa nel tardo medioevo, ai tempi delle Repubbliche marinare, e la sua rappresentazione più antica giunta fino a noi è quella che compare sull’Atlante Catalano  del 1375, il più importante portolano del periodo medioevale. L’opera non porta la firma dell’autore, e viene attribuita alla scuola cartografica di Maiorca. Si suppone sia stata prodotta da Abraham Cresques e da suo figlio Jahuda.

La moderna Rosa dei Venti, nella sua versione più semplice presenta otto punte: quattro per i punti cardinali, e quattro intermedie, ad indicare i venti dominanti del Mediterraneo, i cui nomi derivano dal fatto che la rosa dei venti veniva posizionata, nelle prime rappresentazioni cartografiche del Mare Nostrum, al centro del Mar Ionio oppure vicino all’isola di Malta o ancor più frequentemente sull’isola di Creta, le quali divenivano così anche il punto di riferimento per indicare la direzione di provenienza del vento.
Da qui possiamo ricostruire l’etimo dei nomi dei venti come vengono oggi nominati:

Tramontana: spira dai quadranti settentrionali, e la sua etimologia deriverebbe da una locuzione latina (intra montes o trans montes, ovvero al di là dei monti); secondo una interpretazione amalfitana invece, dal paese di Tramonti (vicino ad Amalfi, i cui paesani furono i costruttori delle prime bussole utilizzate in occidente). Secondo una ultima interpretazione, considerando il punto originale della Rosa dei Venti classica, sull’isola di Zante, indicherebbe i monti dell’Albania e del Nord della Grecia.

Grecale (Greco o Bora): spira dai quadranti Nordorientali. Si chiama così, perché rispetto al punto originale della Rosa dei Venti, proviene appunto dalla Grecia.

Levante (oppure Oriente, o Euro): spira dai quadranti Orientali. Si chiama così in quanto proviene dal punto da cui ha origine, ossia Est, nella direzione del sorgere del Sole.

Scirocco (o Garbino umido): spira dai quadranti Sudorientali, e Prende nome dalla Siria.

Ostro: spira dai quadranti Meridionali. Prende nome dall’emisfero Australe da dove proviene (riferito al termine Ostro). Viene ancora chiamato Noto in alcune regioni.

Libeccio: spira dai quadranti Sudoccidentali. Si ritiene provenga dall’arabo Lebeg che significa portatore di pioggia. Viene chiamato anche Garbino, sulle coste del Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo.

Ponente (oppure Occidente, Zefiro o Espero): spira dai quadranti Occidentali. Trae il suo nome dalla direzione del calar del sole.

Maestrale (o Mistral): spira dai quadranti Nordoccidentali e presenta diverse possibilità di etimologia, una secondo cui il vento spira direttamente su Roma (Magistra mundi), secondo un’altra teoria, perché proveniente dalla direzione di Venezia (la via maestra dal porto di origine delle navi della Serenissima).

Quale che sia la provenienza del vento, Lucio Anneo Seneca ci ricorda che nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare.

“Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est.” Seneca, Lettere morali a Lucilio, 71

 

 

 

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