“L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza: ovvero della scandalosa Modesta
1 gennaio 1900. Una data facile da ricordare, come è facile ricordare Modesta, che in quel giorno è nata. Sì, perché Modesta è uno di quei personaggi che lasciano un’impronta indelebile in chi legge.

L’arte della gioia (Giulio Einaudi editore, 2017, pp. 564) di Goliarda Sapienza è una sorta di autobiografia della stessa Modesta, che è la narratrice interna della sua vita avventurosa e dei percorsi tortuosi che si è trovata ad affrontare per giungere ad autodeterminarsi come donna indipendente e come soggetto pensante in un’epoca in cui la figura femminile era concepita esclusivamente come angelo del focolare e fattrice di figli. In alcuni passi la prospettiva omodiegetica è sostituita dalla narrazione in terza persona, come se Modesta guardasse se stessa dall’esterno.
Modesta nasce da madre povera e ha una sorella disabile. È un nucleo familiare monco della figura paterna, che si presenta solo di sfuggita e in modo animalesco, nel contesto di degrado morale e abbrutimento in cui la bambina vive.
Ella viene introdotta in convento, dove può studiare e dove gode della protezione della superiora, madre Leonora, religiosa di nobile casata. Alla morte della patrona e per volere di questa, Modesta viene trasferita nel palazzo della famiglia di Leonora.
Qui, grazie a un ingegno non comune, la giovane inizia il suo riscatto dalle angherie di una vita fino ad allora ingrata. Attraverso un matrimonio di convenienza diventa nobile ‒ sarà ‘la principessa’ ‒; non smette di studiare e leggere, né di sedurre e amare.
Diventa madre e poi nonna. Scopre di possedere un’ottima capacità oratoria grazie alla quale, abbracciato il Socialismo, arringa folle che la adorano. Arrestata, mandata al confino e liberata, anche in tarda età non rinuncia a godere delle gioie dell’amore.
Modesta ha una sessualità precoce e prorompente. I suoi amanti sono uomini e donne ‒ ‘scandalosa’ Modesta! ‒ in un inesauribile desiderio di conoscere l’altro, di possederlo, di assimilarne sentimenti ed emozioni.
“[…] perché i sensi seguono l’intelligenza e viceversa, mi pare che ci si innamora perché col tempo ci si annoia di se stessi e si vuole entrare in un altro. […] quando l’hai assorbito, ti sei nutrito di lui fino a che è diventato parte di te stesso, ti ricominci ad annoiare.”
È una creatura carnale e terragna. Come la Terra, è madre che genera, nutre e protegge. È il fulcro della sua famiglia allargata; è una roccia come lo scoglio del Profeta che la affascina e atterrisce.
Per definire l’ingegno di Modesta si può prendere in prestito l’aggettivo omerico polýtropos: multiforme, come quello di Odisseo. Un’intelligenza unita alla scaltrezza ‒ e a una certa dose di cinismo ‒ che le permette di costruirsi la vita che vuole. Lo studio è un elemento indispensabile per questa ascesa sociale.
“Io povera sono […]. Povera, e devo farmi forte col leggere e studiare […]. Ce ne erano stati tanti che, nati poveri, si erano salvati con l’ingegno e la forza che dà il sapere.”

La prosa di Goliarda Sapienza è avvolgente, suadente; essa esercita come una malia sul lettore. Quella Sicilia che è il teatro dell’azione è presente fin nel linguaggio e nei costrutti. La Sicilia rocciosa e assolata, la stessa che fa da sfondo a I Viceré, cui L’arte della gioia è imparentato nel descrivere la decadenza di una famiglia nobile e nell’ammiccare al tema della deformità fisica e mentale, peraltro caro alla Scapigliatura.
Ma Goliarda è anche erede della tradizione verista, che proprio in Sicilia ebbe la patria. L’attenzione al mondo degli ultimi, all’abbrutimento dei ceti subalterni, perfino i paesaggi descritti, richiamano inevitabilmente le novelle di Verga. L’arte della gioia è un romanzo potente, che insinua un malessere sottile ma chiaramente percepibile.
Modesta turba il lettore. È un personaggio ‘pornografico’ nel senso più ampio del termine; ella agisce contro ‒ o meglio, al di là ‒ della morale comunemente intesa e non si pente.
La sua condotta immorale è dettata da uno slancio vitalistico che ha come fine la propria libertà e, con essa, la gioia. Questa non è una condizione effimera né un accidente, è piuttosto un’arte che si esercita con impegno e dedizione. È questo ciò che Modesta fa.
“Ma bisognava essere liberi, approfittare di ogni attimo, sperimentare ogni passo di quella passeggiata che chiamiamo vita. Liberi di osservare, di studiare, di guardare alla finestra […]”
Written by Tiziana Topa
Photo L’arte della gioia by Tiziana Topa