Immatricolazione delle imbarcazioni in Europa: cosa fare in caso di bandiera olandese o belga
“Ogni Stato, sia costiero sia privo di litorale, ha il diritto di far navigare nell’alto mare navi battenti la sua bandiera.” ‒ Convenzione di Montego Bay, art. 90
La convenzione di Schengen è un insieme di norme e disposizioni, integrate nel diritto dell’Unione europea, il cui obiettivo è favorire la libera circolazione dei cittadini e la lotta alla criminalità organizzata all’interno dello “Spazio Schengen”, mediante l’abolizione dei controlli alle persone alle frontiere interne tra gli Stati partecipanti e la costituzione di un sistema comune di controllo alle frontiere esterne.
Gli accordi prevedono inoltre una cooperazione giudiziaria e di polizia rafforzata per la lotta alla criminalità, la possibilità per le forze di polizia di intervenire in alcuni casi anche oltre i propri confini (per esempio durante gli inseguimenti di malavitosi) e l’integrazione delle banche dati delle forze di polizia in un database unico, il Sistema di informazione Schengen (SIS).
Al 2015, lo Spazio Schengen comprende 26 paesi – tra cui l’Italia – che applicano integralmente l’acquis di Schengen (22 Stati membri dell’Unione europea e quattro Stati associati). La frontiera esterna dello Spazio Schengen (per l’80% marittima e per il 20% terrestre) è lunga più di 50 000 km e comprende centinaia di valichi di frontiera aeroportuali, marittimi e terrestri.
Avendo l’Italia ratificato la convenzione di Montego Bay, è diventato possibile per un cittadino europeo iscrivere la propria unità da diporto presso il registro di un qualsiasi Stato aderente all’Unione, consentendo la navigazione dell’unità anche in acque internazionali, senza alcun limite dalla costa:
Articolo 90
Diritto di navigazione
Ogni Stato, sia costiero sia privo di litorale, ha il diritto di far navigare nell’alto mare navi battenti la sua bandiera.
Articolo 91
Nazionalità delle navi
1.Ogni Stato stabilisce le condizioni che regolamentano la concessione alle navi della sua nazionalità, dell’immatricolazione nel suo territorio, del diritto di battere la sua bandiera. Le navi hanno la nazionalità dello Stato di cui sono autorizzate a battere bandiera. Fra lo Stato e la nave deve esistere un legame effettivo.
2.Ogni Stato rilascia alle navi alle quali ha concesso il diritto di battere la sua bandiera, i relativi documenti.
Articolo 92
Posizione giuridica delle navi
1.Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente Convenzione, nell’alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva.
Una nave non può cambiare bandiera durante una traversata o durante uno scalo in un porto, a meno che non si verifichi un effettivo trasferimento di proprietà o di immatricolazione.
2.Una nave che navighi sotto le bandiere di due o più Stati impiegandole secondo convenienza, non può rivendicare nessuna delle nazionalità in questione nei confronti di altri Stati, e può essere assimilata a una nave priva di nazionalità.
Articolo 94
Obblighi dello Stato di bandiera
1.Ogni Stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera.
2.In particolare ogni Stato:
a) tiene un registro delle navi che contenga i nomi e le caratteristiche delle navi che battono la sua bandiera, ad esclusione di quelle che, in virtù di norme internazionali generalmente accettate, per effetto delle loro modeste dimensioni ne sono esenti; e
b) esercita la propria giurisdizione conformemente alla propria legislazione, su tutte le navi che battono la sua bandiera, e sui rispettivi comandanti, ufficiali ed equipaggi, in relazione alle questioni di ordine amministrativo, tecnico e sociale di pertinenza delle navi.
3.Ogni Stato adotta, per le navi che battono la sua bandiera, tutte le misure necessarie a salvaguardare la sicurezza in mare, con particolare riferimento a:
a) costruzione, attrezzature e navigabilità delle navi;
b) composizione, condizioni di lavoro e addestramento degli equipaggi, tenendo conto degli appropriati strumenti internazionali;
c) impiego dei segnali, buon funzionamento delle comunicazioni e prevenzione degli abbordi.
4.Tali misure includono le norme necessarie a garantire che:
a) ogni nave, prima dell’immatricolazione e dopo, a intervalli opportuni, sia ispezionata da un ispettore marittimo qualificato, e abbia a bordo le carte e le pubblicazioni nautiche, nonché la strumentazione e le apparecchiature atte a salvaguardare la sicurezza della navigazione;
b) ogni nave sia affidata a un comandante e a ufficiali che posseggano i necessari titoli professionali, con particolare riferimento alla capacità marinaresca, alla condotta della navigazione, alle comunicazioni e all’ingegneria navale; e abbia un equipaggio adeguato, nel numero e nella specializzazione dei suoi componenti, al tipo, alle dimensioni, ai macchinari e alle apparecchiature della nave;
c) il comandante, gli ufficiali e, nella misura appropriata, i membri dell’equipaggio conoscano perfettamente e abbiano l’ordine di rispettare le pertinenti norme internazionali relative alla salvaguardia della vita umana in mare, alla prevenzione degli abbordi, alla prevenzione, riduzione e controllo dell’inquinamento marino, e al buon funzionamento delle radiocomunicazioni.
5.Nell’adottare le misure di cui ai numeri 3 e 4, ogni Stato è tenuto sia ad attenersi alle norme, alle procedure e alle pratiche internazionali generalmente accettate, sia ad assumere qualsiasi iniziativa che si renda necessaria per garantirne l’osservanza.
6.Qualunque Stato che abbia fondati motivi per ritenere che su una nave non sono stati esercitati la giurisdizione e i controlli opportuni, può denunciare tali omissioni allo Stato di bandiera.
Nel ricevere la denuncia, lo Stato di bandiera apre un’inchiesta e, se vi è luogo a procedere, intraprende le azioni necessarie per sanare la situazione.
7.Ogni Stato apre un’inchiesta che sarà condotta da o davanti una o più persone debitamente qualificate, su ogni incidente in mare o di navigazione nell’alto mare, che abbia coinvolto una nave battente la sua bandiera e abbia causato la morte o lesioni gravi a cittadini di un altro Stato, oppure abbia provocato danni seri a navi o installazioni di un altro Stato o all’ambiente marino. Lo Stato di bandiera e l’altro Stato cooperano allo svolgimento di inchieste aperte da quest’ultimo su uno qualunque di tali incidenti.
Sulla base di queste premesse, sino all’estate 2018 i registri navali belga e olandese permettevano ai cittadini dell’Unione Europea di immatricolare le imbarcazioni in Belgio o in Olanda senza essere residenti sul territorio (altri stati come ad esempio Malta, richiedono un resident agent sul territorio di immatricolazione, oppure un domicilio).
“Non c’è bisogno di un certificato di sicurezza, non si è passibili di ispezioni dagli enti certificatori, le dotazioni di bordo sono stabilite sulla base del buon senso di chi va per mare e ci sono vantaggi anche sulla compravendita di un’imbarcazione con bandiera belga, perché non viene richiesta la registrazione dell’atto presso l’Agenzia dell’Entrate, con un bel risparmio di soldi” ‒ Mauro Righetti
Alla dichiarazione di Mauro Righetti, fatta sulla rivista Giornale della Vela, va aggiunto che in caso di grave incidente, se l’imbarcazione non è attrezzata adeguatamente per il tipo di navigazione intrapresa, il comandante dell’imbarcazione ne risponde penalmente e civilmente in prima persona.
I vantaggi nell’immatricolazione con bandiera belga o olandese sono riconducibili oltre a quanto affermato da Righetti, anche da una notevole riduzione dei costi e di tempo, grazie ad un sistema burocratico estremamente snello e a costi di gestione delle tasse annuali per la licenza di navigazione (Lettre de Pavillon) veramente economiche, con costi che variano dai 30 ai 50 euro l’anno.
Questo sistema di immatricolazione è stato brutalmente annientato a seguito dei fatti di giovedì 21 giugno 2018, quando la nave Lifeline ha soccorso alcune centinaia di migranti al largo della Libia, facendo poi rotta verso l’Italia, dove la nave è stata respinta dalle autorità italiane.
Lifeline è una nave SAR (Search And Rescue – da soccorso) di proprietà della ONG tedesca Mission Lifeline, e, come nel caso delle navi SeaWatch, di cui si è parlato tanto in questi ultimi giorni, tutte navigano sotto la bandiera dei Paesi Bassi.
Sostenendo che la loro nave aveva la nazionalità olandese, le ONG sostengono che i migranti erano già in territorio europeo. L’Italia, per risposta, sostenendo che la nave batteva bandiera olandese, ha sostenuto la tesi secondo cui la Lifeline avrebbe dovuto far rotta verso il proprio porto di armamento, e sbarcare per tanto i migranti in Olanda, e non in Italia. Il governo olandese però ha reagito immediatamente affermando che la nave Lifeline non era registrata nei Paesi Bassi.
La ONG era convinta di essere in regola con l’immatricolazione per la propria nave, la quale era registrata, come migliaia di altre imbarcazioni in Europa, presso l’associazione Watersport Verbond, riconosciuta dal Ministero olandese delle Infrastrutture e della Gestione delle Acque, e che era autorizzata dallo stesso ministero alla certificazione della proprietà, ma non attribuiva il diritto di “battere bandiera” secondo quanto previsto dall’art. 94 della Convenzione di Montego Bay, nonostante sul certificato fosse riportato “bandiera: Olandese”, e numerosissime agenzie nautiche proponessero tale iscrizione come perfettamente regolare. Di fatto, il certificato ICP da anni è ben noto ed è sempre stato accettato dalle autorità portuali e doganali sia europee che extraeuropee.
Mentre in Italia si discuteva animatamente su dove dovesse attraccare la Lifeline, nel Parlamento olandese furono posti interpelli e in meno di una settimana il dipartimento degli affari marittimi del Ministero olandese delle Infrastrutture e della Gestione delle Acque modificò la normativa legata all’ICP olandese, rendendo di fatto la dicitura relativa alla bandiera “non applicabile”:
“Prior to issue of this document ownership has been rendered credible. This certificate is valid only as long as the particulars have not changed. In case of change, it must be returned to the issuing organization for amendment.
This document can not be interpreted as giving Dutch nationality to the craft, nor does it constitute the right to fly the flag of the Kingdom of the Netherlands as defined by Article 9 of the United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS). Consequently the Kingdom of the Netherlands does not accept any of the responsibilities listed in article 94 of UNCLOS” ‒ Dutch ICP issued by Watersport Verbond
I cittadini europei che sono in possesso del vecchio ICP si sono così trovati catapultati in un limbo da cui è risultato complesso vedere la luce. La modifica non ha valore retroattivo, di conseguenza, le unità iscritte prima dell’intervento del Ministero delle Infrastrutture, non avranno problemi fino al momento del rinnovo biennale, quando poi verrà rilasciata la nuova ICP con la dicitura “flag: not applicable”. Nel frattempo, sarà però necessario cancellare l’ICP olandese e immatricolare l’unità presso qualche altro registro nazionale.
Molti hanno pensato al Belgio, ma anche questo paese, ha seguito a ruota la scelta dell’Olanda, e a partire dall’1 gennaio del 2019, per poter registrare una barca in Belgio, e battere bandiera belga, occorrerà che la proprietà sia almeno al 50% di un cittadino belga o di un residente sul territorio, creando di fatto un problema, perché sono tantissimi i diportisti italiani che hanno scelto queste due immatricolazioni rispetto a quella italiana soffocata da burocrazia e controlli. [RETTIFICA 20 giugno 2019: Dal primo luglio 2019 la legge entrerà in vigore in Belgio, e che diversi diportisti italiani si sono visti rifiutare il rinnovo della Lettre de Pavillon perché richiesto entro i 3 mesi dall’entrata in vigore della legge.]
Una soluzione temporanea che molti diportisti hanno adottato “in emergenza” è stato il rinnovo anticipato della Lettre de Pavillon entro il primo di gennaio: la nuova legge belga, che avrà comunque bisogno di un decreto attuativo per entrare in vigore, non ha infatti efficacia retroattiva allo stesso modo di quella olandese. Rinnovando anticipatamente l’iscrizione, il diportista potrà navigare ancora cinque anni sotto bandiera belga, prima che sia costretto a cambiare paese di bandiera.
Per i diportisti italiani, oltre al ritorno alla bandiera italiana e alle sue innumerevoli complicazioni burocratiche, la scelta migliore per chi deciderà di rimanere con bandiera comunitaria, al momento, sembra essere Malta, ma, tra il costo di gestione della pratica, il survey tecnico, e il pagamento di un resident agent, quest’ultima bandiera conviene solo ai grandi yachts.
Le bandiere extraeuropee invece, sono soggette a poter sostare un tempo minimo in territorio europeo, per poi dover fare la pratica di uscita, ed eventualmente un nuovo ingresso. Pena, il pagamento dell’IVA sull’importazione.
Tuttavia, esistono altri paesi europei che offrono tramite agenzia la possibilità di immatricolare le imbarcazioni in regolari registri e con regolari licenze di navigazione riconosciute worldwide e regolare MMSI.
“Essere liberi non significa solo sbarazzarsi delle proprie catene, ma vivere in un modo che rispetta e valorizza la libertà degli altri.” ‒ Nelson Mandela
Written by Claudio Fadda
Info
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Far credere che la bandiera Belga ed Olandese siano simili è ridicolo! La ONG che aveva una nave con Bandiera Olandese non poteva non sapere che il documento in loro possesso NON DAVA DIRITTO DI BANDIERA, ed anche tutti i diportisti che ce l’hanno/avevano, sul Forum Amici della Vela sono anni che si diceva questa cosa.
Per la Bandiera Belga la nuova normativa, che non è ancora entrata in vigore perchè bisognerà attendere le elezioni del nuovo governo a Maggio, non dice che occorrerà che la proprietà sia almeno al 50% di un cittadino belga o di un residente sul territorio, ma di OLTRE il 50%, ed attulamente il Belgio sta ancora rilasciando la Lettre de Pavillon a chi ne faccia richiesta.
Caro Sig. Pino,
Le sfugge che ci sono agenzie che forniscono il pacchetto “bandiera+Patente in 5 giorni”?
Che poi chi segue le pratiche per i CLIENTI sia anche un Pubblico Ufficiale di uno Stato Sovrano della Unione è un dettaglio secondario.
Ora però non posso più rinnovare la bandiera belga giusto? Perché mi scade nel 22 e non so che alternative valide ci siano.
Giuseppe,
grazie per il commento, ma nell’articolo non si è mai cercato di far passare le bandiere belga e olandese come simili.
Il fatto che il ministero belga stia ancora rilasciando la Lettre de Pavillon non garantisce che tra cinque anni si possa ancora rinnovare, come altrettanto ben specificato nell’articolo. Le nuove elezioni del Governo belga, come lei giustamente afferma hanno solo consentito di prendere tempo e fare immatricolare in Belgio, ma appunto, non si sa come andrà a finire, e questo a mio avviso non è aver certezza di continuità.
Aggiungo un’altra cosa: le navi SAR non possono essere iscritte nei registri del diporto di alcuno stato, per le navi SAR e commerciali esistono appositi registri ed appositi survey volti a certificarne l’idoneità al servizio.
Il nuovo testo di legge per la registrazione in Belgio è scaricabile dal seguente sito, e conferma l’entrata in vigore delle modifiche di legge:
https://mobilit.belgium.be/fr/navigation/navigation_de_plaisance/legislation_en_cours_de_changement
Escluse le bandiere del Belgio, Malta, Olanda, quali sono gli altri stati europei che rilasciano la bandiera ai non residenti, con le stesse facilitazioni ad es. del Belgio ?