Selfie & Told: la band Il Diluvio racconta “Frail Skies”
“Waiting for sunlight here in my core,/ blocking the entrance, but there’s no door./ Those who go and those who wait,/ collapsing walls and nothing is what remains.// […]” ‒ “Collapsing Walls”

Ciao a tutti, siamo Alessandro, Omar, Piero e Simone. Insieme siamo Il Diluvio, veniamo da Brescia e suoniamo alternative rock con influenze dream pop, indie rock e progressive.
Abbiamo formato questa band all’inizio del 2016 dopo una precedente esperienza che ci vedeva coinvolti, insieme ad altre persone, in un progetto post rock.
Dopo la chiusura di quel progetto, un pomeriggio ci siamo ritrovati insieme in macchina, parcheggiati a bordo strada ad ascoltare le Warpaint e ci siamo detti: “hey, perché non continuiamo a fare qualcosa noi 4 ripartendo da zero?”
E così è stato.
Abbiamo pubblicato il nostro primo ed omonimo EP nel 2017, composto da 5 canzoni che abbiamo scritto mentre cercavamo ancora di capire cosa fossimo.
A maggio 2018 siamo ritornati in studio e abbiamo registrato il nostro secondo EP, Frail Skies, che è stato pubblicato a inizio ottobre 2018.
Ora siamo qui a parlarvi un po’ di noi e di Frail Skies per la rubrica Selfie & Told!
I.D.: Com’è nato Frail Skies e di cosa parla?
Il Diluvio: Le canzoni che compongono Frail Skies sono nate in maniera molto collettiva, durante le prove, sviluppando un’idea che ci convincesse o anche semplicemente spiegandoci a parole. Abbiamo lavorato tutti insieme agli arrangiamenti e ai testi, ognuno di noi ha contribuito. L’EP racconta di situazioni successe a qualcuno di noi o di pensieri che spingevano per uscire dalla testa e nei quali ci siamo poi ritrovati tutti. Il tema ricorrente è quello della fragilità dell’animo e dei rapporti, che si fa sempre più presente mentre si cerca di costruire qualcosa.
I.D.: Per quanto riguarda la scelta del sound invece?

Il Diluvio: Partiamo dal presupposto che ognuno di noi ha gusti musicali differenti e questo ci piace, perché durante la fase di arrangiamento di un pezzo possono nascere idee che magari non avresti avuto da solo. Il nostro sound è proprio un mix delle nostre varie ispirazioni, nel quale cerchiamo di amalgamare la chitarra acustica con i suoni distorti della chitarra elettrica e i synth. Per dare qualche riferimento più concreto, possiamo dire che i gruppi sui quali siamo tutti d’accordo e che non ci fanno litigare sono i Radiohead, i Death Cab For Cutie e i Placebo.
I.D.: È vero che non avete il bassista?
Il Diluvio: Sì, abbiamo affidato le frequenze basse alla mano sinistra del nostro tastierista… eh sì, gli piacciono i Doors.
I.D.: Come avete lavorato in studio?
Il Diluvio: In questo EP abbiamo suonato tutte le parti strumentali ritmiche in presa diretta, cosa che non avevamo mai fatto e che ci è piaciuta molto, anche perché eravamo spesso coinvolti tutti durante le fasi di registrazione. Volevamo ottenere un suono più caldo e trasmettere la sensazione che si stiano ascoltando delle canzoni realmente suonate e questo approccio ci ha sicuramente aiutato.
I.D.: Nome italiano e testi in inglese, come mai?
Il Diluvio: Il nome del gruppo è nato prima dei testi, cioè quando ancora stavamo componendo le primissime parti strumentali. È ispirato alla mostra fotografica di David LaChapelle “Dopo il Diluvio”: ci è piaciuto fin da subito e abbiamo quindi archiviato la questione nome. I testi sono nati dopo, a musiche già scritte. La scelta dell’inglese è sempre una questione delicata quando fai musica in Italia: più volte ci siamo chiesti se fosse la scelta giusta, tuttavia è quello che ci viene naturale fare e diamo sempre la priorità a ciò che non risulterebbe forzato. Ascoltiamo molte band provenienti dalla scena alternative rock inglese e americana e questo ci influenza inevitabilmente molto. Inoltre ci piace molto come la musicalità delle parole in inglese si incastra con le parti musicali che scriviamo.
I.D.: Avete un ordine preciso nella scrittura di testi e musiche?
Il Diluvio: Solitamente lavoriamo prima alla parte musicale per poi integrarla con il testo. Spesso però un’idea di cosa vogliamo dire esiste ancora prima di scrivere la melodia e questo influenza l’atmosfera e la scelta dei suoni che diamo al pezzo. Con Snowflakes ad esempio è successo così: avevamo in testa una serie di immagini e momenti malinconici e la musica è nata basandosi su quelle suggestioni, il testo è arrivato successivamente.
I.D.: Quali sono i tre dischi usciti nel 2018 che più vi hanno colpito?

Piero: Any Other – Two, Geography; Delta Sleep – Ghost City; Nothing ‒ Dance on the Blacktop.
Alessandro: MGMT – Little Dark Age; Calcutta – Evergreen; Tamino – Amir.
Omar: George Ezra – Staying at Tamara’s; Arctic Monkeys – Tranquility Base Hotel & Casino; A Perfect Circle ‒ Eat the Elephant.
Simone: Thom Yorke ‒ Suspiria; Arctic Monkeys – Tranquility Base Hotel & Casino; Jack White ‒ Boarding House Reach.
I.D.: Progetti futuri?
Il Diluvio: Porteremo un po’ in giro Frail Skies con una serie di concerti anche nel 2019. Stiamo però già lavorando su alcuni pezzi nuovi, con l’idea di scrivere finalmente un disco, un LP.
“It was the last chance/ to look into the sea,/ a warm day brought me your eyes,/ they were shining/ just like your skin;/ nobody realized,/ aaah, aaah…// […]” ‒ “Snowflakes”
Written by Il Diluvio
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