Riflessioni sullo stupro: (non) accusare il proprio carnefice online ed il caso #losapevanotutti

Qualche anno fa, sono uscita con un ragazzo che si è rivelato davvero una pessima scelta. Dirgli di no (in ambito sessuale) non era facile, perché insisteva, continuava a negoziare.

Anna Krien

Ero più giovane, ma soprattutto, ero meno articolata, come scrive Anna Krien. Per una moltitudine di ragioni, tra cui una spiccata fragilità emotiva e una serie di falsi miti sullo stupro che mi tenevo ben stretti, faticai notevolmente a capire che no, lui non era uno “stronzo”. Era una persona che stava abusando di me.

Ho impiegato anni per staccarmi da quel ragazzo, una persona che reputo tutt’ora poco corretta. Lasciare andare è difficile, so che lo sappiamo tutti, specialmente quando siamo alla nostra prima “storia d’amore”.

Quando finalmente voltai pagina, ricevetti su Facebook il messaggio di una ragazza che mi chiedeva se conoscessi quel ragazzo e se avesse fatto anche a me quello che stava facendo a lei. La ragazza concludeva dicendo di volere vendetta. Non la conoscevo, ma il suo racconto suonava ben troppo familiare. Non avevo voglia di parlare di esperienze che per me erano state dolorose e che comunque erano molto personali, quindi risposi al messaggio spiegando che capivo bene come lei si sentisse, ma che la cosa migliore era voltare pagina. All’epoca avevo una relazione molto felice, quindi mi dissi che un giorno anche lei avrebbe trovato un ragazzo adatto a lei e che tutto si sarebbe sistemato. Dovevamo andare avanti. Entrambe.

Il giorno successivo, una mia cara amica della quale non potrei avere un’opinione migliore, mi scrisse per dirmi che aveva appena scoperto che una sua amica aveva una relazione da un anno con lo stesso ragazzo con il quale io avevo dei trascorsi. La mia amica concludeva dicendo che la cosa stava andando male, che lui era un traditore, che era bugiardo e che comunque, dopo quello che aveva fatto a me, non meritava di stare con nessuna ragazza almeno per i successivi dieci anni.

Le risposi. Le chiesi se conosceva la ragazza che mi aveva contattata il giorno precedente tramite Facebook. Uscì fuori una storiaccia, che però nessuna di noi pensò mai di raccontare pubblicamente per un motivo: ciò che stava facendo quel ragazzo era sbagliato sotto molti punti di vista, ma non era perseguibile per legge.

#losapevanotutti

Il caso #losapevanotutti

Quando è scoppiato il caso #losapevanotutti a Genova, che ha visto coinvolto un editore ligure, non ho potuto fare a meno di rivedere la me stessa di qualche anno fa.

Quando questa mattina ho letto gli aggiornamenti sul caso, beh, mi sono identificata sempre di più in Giulia, quella ragazza che vuole dare battaglia alle molestie.

Giulia, alias Kants Exhibition su Facebook, ha scelto di “denunciare” pubblicamente l’editore che anni fa le aveva offerto di suggellare il contratto di pubblicazione del suo primo libro con un 69.

Si tratta di un gesto problematico, quello della denuncia pubblica tramite social network, soprattutto alla luce del fatto che Giulia, come afferma lei stessa nell’intervista rilasciata a Noisey Vice, si è poi data da fare per scrivere tramite messaggio privato a tutti coloro che su Instagram avevano interagito con la call for manuscripts postata dall’editore con lo scopo di scoraggiarli a inviare i loro lavori.

Come afferma Giulia stessa nell’intervista, il suo obiettivo era evitare che l’editore stipulasse nuove collaborazioni con giovani autrici.

Agire in questo modo, però, potrebbe essere problematico, perché si rischia di venire querelati per diffamazione. Un altro problema che si presenta, laddove la vittima di presunte molestie decide di procedere per vie legali, è la tempistica: su Casa Delle Donne si spiega come sia possibile querelare qualcuno per molestie entro un termine di 6 mesi dall’accaduto.

Molte vittime, di fatto, impiegano tempo (a volte anche anni) per etichettare l’accaduto come molestie, figurarsi per decidere di rivolgersi alle forze dell’ordine. Ecco che allora, come nel caso di Giulia, ricorrere ai social sembra un’opzione valida, concreta, persino “giusta”.

Casa Delle Donne – Bossy

Come sempre quando si tratta di reati e di questioni ben più grandi di noi, i singoli cittadini non possono erigersi a giudici. Non l’ho fatto anni fa e non lo faccio ora sulla pelle di Giulia, o di quello che sarebbe potuto diventare il suo editore. Il problema, però, è che ricordo come mi sentivo quando ero una “vittima”.

Mi ricordo bene quanto tutto mi sembrasse ingiusto, difficile, impossibile da lasciare andare. Non volevo lasciare andare, questa è la verità. E questo mi fa cadere in errore: quanto sto proiettando di me stessa su questa Giulia, che neppure conosco? Ancora una volta, cito Anna Krien: non sapere nulla di Giulia me la fa pensare come simile a me.

Ma sono passati anni da quando ho frequentato quel ragazzo e ora vivo in Australia, dove scrivo di violenza di genere, e nello specifico di quelle violenze che non sono perseguibili per legge.

Forse è questo che mi rende particolarmente cauta, estremamente cosciente del fatto che devo essere equilibrata nelle mie posizioni. Leggere quotidianamente di casi borderline, sapere di non essere l’unica a porsi le domande che mi pongo e venire a conoscenza di come altre hanno approcciato il problema prima di me mi mette nelle condizioni di voler fare un passo indietro.

Quei casi che non si possono perseguire per vie legali

Emma Gray, a seguito del caso Aziz Ansari, ha scritto che esiste un tipo di contatto sessuale che non è criminale, ma che viene comunque percepito come una violazione del proprio corpo da parte della vittima. Non posso che confermarlo, chiedendomi se sia giusto che sia così, che vi siano ferite che non sono contemplate dalla legge.

#losapevanotutti – Bossy

Rispondo riportando quello che qualche settimana fa l’avvocato Graham Turnbull, in occasione della Australasian Jury Research and Practice Conference, ha sostenuto. Secondo Turnbull, il problema non sta nelle leggi australiane, ma nel fatto che bisogna dare modo alla società di progredire: sono stati fatti moltissimi progressi negli ultimi decenni e occorre dare modo alla società di continuare a farne senza pretendere che tutto (e tutti) cambi dall’oggi al domani.

È un punto di vista provocante, magari persino difficile da digerire, ma se fosse la strada da percorrere?

Chiunque desiderasse riportare al team di Bossy un episodio correlato a #losapevanotutti può scrivere loro al seguente indirizzo email losapevanotutti@gmail.com

 

Written by Giulia Mastrantoni

 

Info

Night Games – Sex, Power and Sport di Anna Krien

Gli scrittori della porta accanto – messaggio su facebook

Il caso #losapevanotutti a Genova, che ha visto coinvolto un editore ligure

Aggiornamenti sul caso #losapevanotutti

Casa Delle Donne

Emma Gray, a seguito del caso Aziz Ansari

Australasian Jury Research and Practice Conference

Riflessioni sullo stupro

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