Selfie & Told: Paolo Fosso degli Armonite racconta l’album “And the Stars Above”

Look at the cherry-tree we used to climb/ It’s grown old, never seemed the same/ Took us countless sheaves of avid paper/ to draw some future new horizon/ How did we start blooming?// […] ‒ “Clouds collide”

Armonite

Ciao, sono Paolo Fosso, compositore. E non lo dico con leggerezza, perché per definirsi compositori ci vuole una certa dose di coraggio, che ho avuto tardi nella vita.

Dopo gli studi di Composizione al Conservatorio di Milano e Informatica alla Statale di Milano, comincio a lavorare nell’amministrazione musicale: coordino orchestre, organizzo eventi, programmo audizioni e via dicendo. Il tutto condito da escursioni saltuarie nell’informatica, tra start up, videogame, app, Silicon Valley, tech trend e altre keyword di questo tenore che suonano bene solo in inglese.

Ma la musica per me è più di un passatempo. Ho iniziato pianoforte a 5 anni, flauto traverso a 11, jazz a 16 e composizione a 19. Se non fosse per il mio orecchio assoluto, il mio maestro mi avrebbe cacciato di classe da bambino perché stonato.

Durante l’adolescenza la musica è stata un’àncora di salvezza: è in quel momento che ho imparato a esprimere me stesso e il mondo che osservo con attenzione. Ancora oggi, preferisco usare la musica anziché le parole: è senz’altro il linguaggio che mi è più congeniale.

Ed ora beccatevi questa Selfie & Told!

 

P.F.: Non ti sembra un’introduzione poco scorrevole? Sei più perfezionista di così.

Paolo Fosso: Lo so, ma sai che ho poco tempo in questi giorni perché sto preparando il live per il Giappone, intervistando compositori di film e videogiochi famosi, producendo il mio demo di film per colonne sonore… Le colonne sonore sono il mio obiettivo principale.

 

P.F.: Sì, beh, non sei l’unico. C’è un’infinità di compositori che vuol fare lo stesso mestiere.

Paolo Fosso: So che il mercato è saturo. Se c’è un vantaggio dell’età è che vedi il mercato per quel che è senza fette di prosciutto davanti agli occhi. Se tornassi indietro di 20 anni, direi al nostro io di andare subito al dunque: risparmierebbe un monte di tempo. Comunque è quello che voglio fare, quello che mi riesce meglio e mi adopererò per farlo. Sono un cinefilo incallito e mi piace raccontare con la musica, mi trovo a mio perfetto agio.

 

P.F.: Allora auguri, anche se mi pare ambizioso… A proposito del mercato, come lo vedi?

Paolo Fosso: Non in salute. I contenuti stanno perdendo valore: le nuove generazioni non sono più abituate a pagare per film, musica, videogiochi, libri, giornali. E allora nascono media “over the top” come Netflix che prevedono un’integrazione verticale, dalla produzione alla distribuzione. Con l’idea, però, che il pubblico non uscirà più di casa. E ci azzeccano, perché davvero ormai i cinema si svuotano, i locali di musica dal vivo chiudono, le edicole falliscono e così via.

 

P.F.: Niente di buono insomma…

And the Stars above

Paolo Fosso: Dici? Nella storia della tecnologia i paradigmi cambiano di continuo, nonostante le resistenze dei soliti. E la tecnologia, come tutti gli strumenti dell’uomo, non è buona né cattiva: dipende cosa ci combini. Sono certo che continueremo a fare grandi cose anche attraverso i nuovi paradigmi. Tant’è che invece di ostacolarli, dovremmo precederli e dargli un indirizzo. Questo sì, sarebbe intelligentemente costruttivo, invece di nascondersi dietro sterili lagnanze.

 

P.F.: Quindi viva internet?

Paolo Fosso: Ma sì, viva Facebook e YouTube. Però bisogna essere consapevoli che i contenuti si sono infinitamente moltiplicati in una pluralità di prodotti, di generi e di qualità che vanno dal genio allo scappato di casa. È diventato anche più difficile trovare musica interessante, che annega nel mare magnum delle stupidaggini. E gli artisti meritevoli faticano sempre di più a farsi strada.

 

P.F.: E allora come si vive di musica, visto che ormai è tutto gratis?!?

Paolo Fosso: Alla stessa identica maniera di come si vive di tutte le altre professioni: di commesse. Se qualcuno ti commissiona un lavoro perché ti sei distinto nel tuo campo, finalmente comincerai a guadagnarci. Quindi, in fondo, con una serie di compromessi rispetto alla propria arte. Non fidatevi di chi vi dice che non scende a compromessi con il mercato: ho sentito diversi maestri di composizione affermarlo, ma finché c’è gente che paga per sentire quella musica, certamente si presenta una definizione di mercato. E un mercato condiziona sempre lo stile, tant’è che diversi compositori fanno la stessa musica da 20 anni senza la benché minima evoluzione.

 

P.F.: Il Conservatorio ti ha segnato così tanto?

Paolo Fosso: Sai quanti anni ci ho passato dentro? Il Conservatorio conserva, lo dice la parola stessa. Ma non sono eccessivamente critico: penso che ogni ambiente abbia i suoi vizi, le sue borie. Bisognerebbe avere la maturità per ascoltare con attenzione le critiche mosse da un professore e l’umiltà di accettarle. Ma anche la lucidità per capire quando muovono solo da un’ostentazione d’importanza in tutto e per tutto infruttuosa. Succede, specialmente per materie così soggettive come l’arte.

 

P.F.: Dal conservatorio al rock il passo è breve o lungo?

Paolo Fosso: Breve, la musica è musica, è una sola. Siamo noi che amiamo etichettarla. Per questo ascolto di tutto senza pregiudizi di forma.

 

P.F.: E gli Armonite come nascono?

Paolo Fosso: Gli Armonite nascono giovani e incolti studenti di conservatorio nel 1996. Avevamo una band col violino elettrico per fare un po’ di casino. Abbiamo registrato un album, fatto qualche live e poi ci siamo sciolti. Solo nel 2015 io e Jacopo, stanchi della solita routine, abbiamo deciso di fondare una nuova band, mutuando il nome dalla nostra vecchia.

 

P.F.: Come diavolo siete finiti alla Cleopatra Records di Los Angeles?

Armonite

Paolo Fosso: L’anno scorso abbiamo inviato un demo di 5 pezzi a un centinaio di etichette. La Cleopatra, con la sussidiaria Purple Pyramid specializzata in rock progressivo, ha risposto con entusiasmo. La nostra musica strumentale è perfettamente in linea con lo spirito dell’etichetta, specialmente adesso che la Cleopatra si è allargata all’industria cinematografica.

 

P.F.: Vabbè, dai, parlami del vostro ultimo album “And the Stars above“.

Paolo Fosso: “And the Stars above” è un viaggio di 12 tracce, che parte da “The March of the Stars” ispirato al Paradiso di Dante e termina con “Ghosts”. L’album ospita anche due tracce bonus: un brano per pianoforte solo, “The Fire Dancer”, e il quartetto d’archi “A Playful Day”. A interpretare le musiche composte da me, oltre a Jacopo Bigi al violino, si aggregano Colin Edwin (già Porcupine Tree) e Alberto Fiorani al basso; Corrado Bertonazzi, Emiliano Cava e Jasper Barendregt alla batteria.

 

P.F.: Ma davvero siete stati premiati da Tom Waits?!?

Paolo Fosso: Beh, sì, ma non solo da lui. “Blue Curaçao” è stata premiata con una Menzione d’Onore nelle categorie Performance e Instrumental all’International Songwriting Competition 2017 con una giuria composta da Tom Waits, Lorde, Bastille, Billy Cobham, Ziggy Marley, Don Omar, and Keane. Su 16.000 partecipanti da 140 paesi diversi, siamo molto soddisfatti del risultato.

 

P.F.: Me lo voglio ascoltare online. Dove lo trovo?

Paolo Fosso: Ovunque. Su YouTube, Spotify, Bandcamp, iTunes… cercalo!

 

P.F.: Sì, certo. Grazie per l’intervista, Paolo, anche da parte di Oubliette Magazine! Sei stato molto gentile a scrivertela.

Paolo Fosso: Grazie a voi per la squisita ospitalità!

 

[…] I’ve been in the place the old house was/ Smell of saltwater down by the sea/ You feel the great waves that join us two?/ We both still hold on to the wild/ pending on the brink of a kiss// […]‒ “Clouds collide”

 

Written by Paolo Fosso

 

 

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