Mazara del Vallo: Il Teatro del Popolo ovvero il Teatro Garibaldi inaugurato nel 1849
“Ferdinando: Alcun piacer si dà misto di stento; Ma la dolcezza, che sovente ha seco, Lo stento allevia sì, che appena resta. E alcun ufizio è pur, cui, benché umìle, Dar opra puossi, ed acquistar decoro.” ‒ Tratto da La Tempesta dramma di W. Shakespeare, recato in versi italiani da Michele Leoni di Parma. – Stampato a Pisa, presso Niccolo Capurro nel 1815

La tempesta fu pubblicata per la prima volta nel First Folio del 1623, la prima raccolta delle opere di Shakespeare, come testo iniziale della raccolta, ed è una delle opere che risultano meglio conservate, divisa in atti e con le note a margine che si presume siano state scritte dallo stesso Shakespeare.
Fu rappresentata per la prima volta il 1º novembre 1611 al Whitehall Palace di Londra, per poi sbarcare, grazie all’attore italiano Tommaso Salvini, nella bella città marinara e cosmopolita di Mazara del Vallo, durante la seconda metà del 1800.
Siamo nel primo secolo dell’età contemporanea, un secolo di grandi trasformazioni sociali, politiche, culturali ed economiche, a partire dalla caduta di Napoleone Bonaparte e la successiva Restaurazione, ai moti rivoluzionari, alla costituzione di molti stati moderni tra cui il Regno d’Italia.
È l’epoca di positivismo, evoluzionismo e decadentismo, dell’imperialismo e sul finire del secolo della grande depressione e della Belle Époque.
È trascorso appena un anno dalla redazione dello Statuto Albertino del 1848, e il Regno delle Due Sicilie, che fino a quel momento non aveva seguito questi sviluppi, era caratterizzato da una forte repressione politica, culminata nel 1844 nel soffocamento dei moti tentati dai giovani fratelli Attilio (1810–1844) ed Emilio Bandiera (1819–1844), disertori della marina austriaca, fatti fucilare dal re Ferdinando II per aver tentato un’improvvisata spedizione di tipo mazziniano in Calabria. Per la mancanza di coordinamento tra i congiurati, per l’assenza e l’indifferenza della popolazione, tutte le rivolte mazziniane fallirono.

È a questo turbolento periodo della storia dell’isola, che si deve la costruzione di uno dei gioielli della città di Mazara: il Teatro del Popolo (oggi Teatro Garibaldi), conosciuto grazie ad una cordialissima guida locale che durante la mia breve sosta in città mi ha accompagnato negli angoli più segreti e sconosciuti di Mazara.
Successivamente ai moti rivoluzionari del 1848 ‒ mi racconta la mia guida ‒ e al conseguente passaggio di potere dai Borboni ad un comitato cittadino, venne deciso di nominare una commissione che dotasse la città di una nuova struttura teatrale.
Il canonico Gaspare Viviani venne incaricato di progettare una struttura simile al Teatro Garibaldi di Trapani, e in tre mesi il teatro venne realizzato con una spesa di 2.355 ducati, prelevati da un fondo lasciato dal vescovo Scalabrini per la ricostruzione del porto, e conservati nel monastero di San Michele.
Dopo esserci persi tra le multicolori vie del centro storico, magnificamente decorato dalle maioliche degli artisti locali promosse dal Sindaco Nicolò Cristaldi, in arte Hajto, tra monumenti normanni che si sposano con la nutrita comunità araba del rione della Kasbah, ci muoviamo dall’attuale piazza Plebiscito, dove sorge il museo del Satiro Danzante, svoltiamo a destra, nella via Carmine, su cui si affacciano il Palazzo dei Cavalieri di Malta, sotto al quale son stati rinvenuti i resti dell’insediamento fenicio proprio davanti alla Chiesa della Maria Santissima Annunziata del Carmine, oggi sala consiliare, e all’attiguo Convento dei Carmelitani, fondato nel 1367, il quale oggi ospita le sale del Palazzo Comunale.
Usciamo dal bel chiostro del Carmine, e, davanti a noi, un cartello ci indica che dietro alla facciata semplice e pulita di un palazzotto del XIX secolo, si cela il Teatro Garibaldi.
La facciata, mostra un portoncino sormontato da un architrave in pietra locale, decorato da due volute corinzie ed un festone di ghirlande in rilievo appena sotto il cornicione dell’ultimo piano.

Entriamo, e già l’atmosfera che ci accoglie nell’atrio, ci catapulta immaginariamente indietro nel tempo. Alla nostra destra l’originale biglietteria in legno, a sinistra, sempre in legno, il guardaroba.
Sopra la porta che da accesso alla platea, in una ellisse in marmo, campeggia la scritta “TEATRO COMUNALE MDCCCXLVIII”.
Non ero preparato a ciò che ci attendeva dietro a quei drappi color porpora.
Il teatro è costituito da una platea a ferro di cavallo, con un piccolo accesso a due scale che conducono ad un duplice ordine di palchetti tramezzati e con accessi separati, e al loggione.
Anche se privo di decorazioni all’esterno, il teatro internamente ci si mostra invece ricco di elementi pittorici tipici del folclore siciliano, a buon diritto paragonabili alla pittura che orna i tradizionali e variopinti carretti.
L’istinto è di guardare in alto, scrutare ogni decoro, ogni disegno.
La boccascena è costruita parte in muratura, parte in legno, e sopra di essa, campeggia una Trinacria.
Dal palco non si può non ammirare le belle poltroncine in legno e velluto rosso, che richiamano i cinema e teatri della metà del ‘900.
Ma la vera sorpresa mi si è rivelata visitando le strutture dei meccanismi che azionavano i sipari, al di sopra del loggione: con mio grande stupore ho individuato degli elementi lignei a me ben noti: l’intero teatro è stato costruito con elementi provenienti da demolizioni navali, e così paramezzali e chiglie sono stati utilizzati per le travature più importanti, o come pilastri portanti per i palchi e per il falso soffitto in legno, i bagli sorreggono i palchetti, mentre serrette, trincarini, porzioni di madieri, in solido e ben stagionato legno di rovere, con la loro sagoma curva, compongono l’intero perimetro della struttura lignea del teatro e ne favoriscono, lo sviluppo armonioso della sua forma a ferro di cavallo. Le assi dei fasciami, compongono il resto dei calpestii e dei tramezzi.
Per costruire una struttura così particolare, a più ordini lignei, come i ponti di un vascello, la comunità locale si è rivolta alle migliori maestranze della città: i mastri d’ascia, veri detentori del sapere pratico della lavorazione di un nobile materiale quale il legno.

Questo vero gioiello architettonico siciliano venne inaugurato il 12 gennaio 1849, con il nome di Teatro del Popolo. La struttura venne successivamente dedicata a Giuseppe Garibaldi con una delibera del 5 marzo 1862, e vi recitarono alcuni grandi artisti del teatro di prosa dell’800: tra questi ricordiamo Giacinta Pezzana, che vi diede la Teresa Raquin e la Marescialla, e Tommaso Salvini, interprete di Vittorio Alfieri e William Shakespeare, che nel 1874 onorò la città con ben quattordici rappresentazioni.
Il teatro ha ospitato opere liriche, operette e rappresentazioni ludiche fino al 1930, anno dal quale l’attività dello stesso andò diminuendo fino a cessare del tutto.
A partire dal 1981 sono iniziati diversi tentativi di restauro del teatro, falliti.
L’ultimo restauro, iniziato nel 2003 e terminato nel 2006, a distanza di ben 80 anni dall’abbandono, ha permesso la riapertura al pubblico della struttura nel 2010.
Dal 2011 il teatro ha ricominciato ad ospitare gli spettacoli.
Il teatro è aperto per le visite gratuite di turisti e cittadini dal lunedì al sabato dalle ore 8,30 alle 13,30 e ospita diversi eventi culturali e manifestazioni durante tutto l’anno.
Photo by Oubliette Magazine
Info
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