Fiori ed Arte: come il mondo floreale ha ispirato il talento creativo

 “Il giardinaggio è un’attività che ho imparato nella mia giovinezza quando ero infelice. Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore.‒ Claude Monet

 

Lo Stagno delle Ninfee, armonia verde – Claude Monet

La citazione del pittore francese Claude Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926) parla chiaro: l’osservazione attenta dei fiori ha decretato il suo divenire pittore.

Considerato uno dei fondatori dell’impressionismo è stato coerente con il movimento in quanto nei suoi lavori è prevalsa l’immediata percezione dei soggetti dipinti.

Dal 1890 Monet iniziò nel suo casale di Giverny un giardino che prese il nome di Clos Normand e che tra archi metallici, ragnatele di sentieri e la confluenza del fiume Epte creò ottimi soggetti da dipingere come rose canine, gelsomini, iris, papaveri orientali, verbene, peonie, campanule, tulipani, ninfee, narcisi.

Di chiara ispirazione orientaleggiante un piccolo stagno, con annesso un tipico ponte giapponese, sovrastava come da corolla questo giardino incantato.

Queste visioni realizzate dall’artista portarono innanzitutto tranquillità d’animo e grandi silenzi che ispirarono dipinti come: “Lo Stagno delle Ninfee, armonia rosa”, “Lo Stagno delle Ninfee, armonia verde”, “I papaveri”, “Donne in giardino”, “Il giardino dell’artista a Ginevry”, “Il ponte giapponese”, “Colazione in giardino”, “Ninfee”, “Le nuvole” (per citarne qualcuno).

Da Monet spostandoci in Olanda non si può non citare Vincent van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890) ed il suo famosissimo quadro “Girasoli” ma non tutti sanno che il pittore si dedicò anche all’iris con i dipinti “Veduta di Arles con iris” e “Iris”, al mandorlo con “Ramo di mandorlo fiorito” realizzato a Saint Rémy, ed una lista pressoché variegata con crisantemi, gladioli, papaveri, fiordalisi, oleandri, rose, zinnie, pratoline, garofani, violaciocche, lunarie, margherite, lillà, erba cipollina, viscarie, nontiscordardimé e fiori di campo.

Ramo di mandorlo fiorito – Vincent van Gogh

E quale suggestioni ha prodotto la rosa nel drammaturgo inglese William Shakespeare per la celebre esortazione che fece pronunciare alla sua Giulietta: “Cos’è un nome? Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?”.

Quale influenza è riconducibile al girasole per il poeta ed incisore inglese William Blake (Londra, 28 novembre 1757 – Londra, 12 agosto 1827) quando scriveva “Ah, Girasole, il tempo ti affatica/ mentre devi contare al Sole i passi,/ volendoti alla dolce aurea terra/ dove il cammino del viandante ha termine” (“Ah! Girasole”).

Od il narciso nel poeta e regista teatrale spagnolo Federico Garcia Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936): “Narciso./ Il tuo odore/ E il fondo del fiume.// Voglio restare sulle tue sponde./ Fiore dell’amore/ Narciso.// Nei tuoi bianchi occhi passano/ Onde e pesci addormentati./ Passeri e farfalle/ si nipponizzano nei miei.// Tu minuto e io grande./ Fiore dell’amore./ Narciso// […]”.

La scena musicale è completamente assorbita dal nominare i fiori soprattutto correlati al rapporto di coppia ed al sentimento amoroso. Solo per tracciare qualche esempio e parlando dei grandi del passato della musica italiana citiamo: “Un mazzo di fiori” di Lucio Dalla (“Lì sul fiume si toglie le scarpe./ Stringe in mano sei fiori strappati.”), “Innamorati a Milano” di Remo Remigi (“Sapessi com’è strano/ sentirsi innamorati a Milano/ senza fiori, senza verde”), “Io, tu e le rose” di Orietta Berti (“Io, tu e le rose,/ io, tu e l’amore/ io comprendo d’esser viva,/ quando siamo/ io, tu e le rose,/ io, tu e l’amore.”), “Aprite le finestre” di Claudio Villa (“La prima rosa rossa è già sbocciata/ e nascon timide le viole mammole”), “Creuza de mà” di Fabrizio De André (“Finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere/ fratello dei garofani e delle ragazze”), “L’uomo in frack” di Domenico Modugno (“Ha un cilindro per cappello,/ due diamanti per gemelli,/ un bastone di cristallo,/ la gardenia nell’occhiello”), “Fiori rosa fiori di pesco” di Lucio Battisti (“Fiori rosa fiori di pesco/ c’eri tu/ fiori nuovi, stasera esco”), “Casetta in Canadà” di Gino Latilla (“Aveva una casetta piccolina in Canadà,/ con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà”), “Papaveri e papere” di Nilla Pizzi (“Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti/ e tu sei piccolina/ sei nata paperina/ che cosa ci vuoi far?”), “Viole” di Peppino Gagliardi (“Son tornate le viole quaggiù/ ma non hanno colore per me/ come le vuole/ anche tu ritornerai”), etc…

White Oleander

Pittori, musicisti, scrittori hanno declamato l’immortale bellezza dei fiori e non si può nascondere che anche nella settima arte il tema floreale abbia un posto di rilievo. Dai classici come l’intramontabile Charlie Chaplin che si innamora di una fioraia cieca in “Luci della città” al thriller come “White Oleander” nel quale la protagonista ha ucciso l’amante avvelenandolo con l’estratto dell’oleandro bianco, alla commedia con “40 giorni e 40 notti” nel quale la sensualità attraversa i petali di un’orchidea, al genere drammatico come il discusso “American Beauty” e le rose rosse che ricoprono il corpo di un’adolescente sino al film d’animazione con “La bella e la bestia” e la rosa incantata.

Non potendoci dilungare perché la lista degli artisti si spinge verso l’infinito vi lasciamo con la considerazione che non solo i grandi artisti hanno fondato la loro ispirazione sui fiori ma anche il mondo della scienza non è esente dalla fascinazione provocata da cotanta bellezza. Lo si nota anche dalla citazione del fisico ed astronomo Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) che per illustrare quanto ogni essere vivente sia unito da relazioni invisibili ad occhio umano prese proprio come esempio un fiore ed il suo rapporto con l’azione dell’uomo ed una stella.

Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella.‒ Galileo Galilei

 

 

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