“Ivory Crush”, album della band Hi-Fi Gloom: un esordio che traghetta verso sonorità eteree
Allacciate le cinture, posizionate bene le cuffie sulle orecchie, volume a palla e cominciate a viaggiare sulle onde del sound dei trentini Hi-Fi Gloom, gruppo emergente italiano che esordisce con l’album Ivory Crush di cui sono sicuramente degne di nota le tracce Wish e I Hid a Voice, quest’ultima scelta per accompagnarne l’uscita.

Ascoltare Wish è come tuffarsi in un bagno di emozioni provenienti dal passato, è tangibile l’esperienza personale che il gruppo ha investito nel brano.
Ho trovato qualcosa che mi ha richiamato alla mente i più che noti Radiohead, la loro passione e la loro sofferenza, soprattutto il primissimo singolo Creep, a mio parere un capolavoro, che in qualche modo vengono in Wish rievocate.
Una canzone che mi ha emozionata al primo ascolto, ma ci ritornerò dopo con maggiori dettagli perché non può essere liquidata in poche parole.
Ho dovuto invece ascoltare una seconda volta I Hid a Voice per apprezzarne il contenuto, e da cosa ho scoperto che poteva funzionare? Mi è rimasta incastrata nella mente quando ero del tutto presa da altro. Non entra di primo acchito nelle mie corde.
La parte più elettronica, a mio giudizio, la allontana dal messaggio che vuol trasmettere di libertà, di miglioramento della propria condizione che invece il videoclip richiama perfettamente. Anche in questo brano, nei contenuti, ritrovo la volontà da parte del gruppo trentino di uscire dagli schemi e di superare i propri limiti.
Degna di nota anche I’ve got more, un inizio del brano che va in crescendo, modalità che ritrovo anche in altre tracce dell’album, ti coinvolge e ti porta nel viaggio intrapreso dagli Hi-Fi Gloom che, devo dire, ha proprio tutte le carte in regola per sfondare. La voce del frontman Alessio Zeni traghetta l’ascoltatore verso sonorità eteree, non ti maltratta nei suo genere alternative/indie.
Ascoltando I’ve got more mi ritornano in mente Thom Yorke & co., un brano che ti lascia senza fiato… more than just a sound cantano e hanno tutte le ragioni per affermarlo.
Un inizio anni ’80 invece per Back to sixties in cui, a dispetto del titolo, l’uso della pianola porta a vaghi ricordi del sound incarnato da Tears for Fears e Depeche Mode. Poco a che vedere con loro, ma ascoltando il brano c’è sicuramente un lontano richiamo a quel tipo di musica.

Si può assolutamente dire che Ivory Crush non sia un album di nicchia, non colpisce solo un orecchio sofisticato, può avere un pubblico vasto ed eterogeneo. Voglio dire, ha un potenziale molto alto.
Ritorno, come avevo promesso, su Wish che non mi stanco di riascoltare. Ho una passione viscerale per i Radiohead e i Muse, e il sound di questa neonata band mi riporta così fortemente alla mente la loro musica che potrei cullarmi nelle note degli Hi-Fi Gloom all’infinito.
Non da meno il relativo videoclip che non stona ed è perfettamente integrato con la canzone, capace di emozionarti e trasmetterti il pathos profuso nel comporre questo bellissimo brano.
Regia di Nicola Cattani, il video infatti era nella lista dei 30 video scelti per contendersi il premio di Miglior Video Indipendente, MEI di Faenza.
Written by Sabrina De Prisco
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