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“Gente in cammino” di Malika Mokeddem: romanzo autobiografico sullo sfondo della guerra d’Algeria degli anni ’50

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Lei non era di quelli che comprimono e contano il tempo. Lei, lei era nel movimento, scivolava col tempo e come lui fluiva, simile a una tranquilla feluca su un wadì. Non lo sentiva, non lo contava”.

Gente in cammino

La donna che non conta il tempo, ma che scivola fluida con esso e Zora, una delle donne che popolano Gente in cammino”, romanzo autobiografico dell’algerina Malika Mokeddem, pubblicato in Italia da Giunti.

Zora è l’amata nonna di Leyla, la protagonista principale della storia, ed è una nomade, una donna che ha vissuto quasi tutta la sua vita in cammino nelle vastità del Sahara, luogo dove “ogni possibile conto dei passi serviva solo a indicare com’era vicina la morte, e che la vita altro non era che una lunga serie di tappe”.

Tappe che ad un certo punto portano l’anziana donna a divenire stanziale per amore della numerosa famiglia e per via dei cambiamenti che iniziano a coinvolgere anche questo remoto angolo di mondo.

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I fatti narrati si svolgono sullo sfondo della guerra d’Algeria degli anni ’50 del secolo scorso, anni di mutamenti sociali, di progressi tecnologici e modernità che arrivano a bussare anche alla porta della modesta casa dove vive la famiglia Ajalli.

Viene salutato con entusiasmo ma anche con circospezione l’arrivo della radio che porta in casa le voci di altri narratori e che sostituisce quella tradizione di narrazione orale di cui Zora era capostipite; o l’arrivo del frigorifero che riesce a fornire acqua fresca che prima bisognava andare a raccogliere nel pozzo.

Ma ciò che davvero sconvolge la tradizione familiare è la giovane Leyla, che fin da bambina mette in evidenza il suo carattere ribelle. Cresciuta al suono dei racconti della nonna Zora, che le narrava le “carovane di sale”, Leyla acquisisce presto consapevolezza della sua condizione di donna e come tale svantaggiata nella società algerina di quegli anni.

Vede con orrore le continue gravidanze di sua madre, ripugna l’idea che una donna possa essere solo un contenitore per la riproduzione e per di più vituperata e maltrattata se il nascituro è femmina.

Leyla ama leggere e studiare, si impegna con tutta sé stessa e lotta contro i pregiudizi e la tradizione per convincere il padre a farle continuare gli studi. La scuola rappresenta un mondo completamente diverso da quello della sua famiglia “Per andare a scuola Leyla usciva da un mondo e ne attraversava un altro”.

I suoi progressi scolastici diventano la sua arma contro la discriminazione e contro i rituali della tradizione, come le verifiche della verginità, o come anche l’uso del velo che divenne quasi obbligatorio nel Paese e che Leyla rifiutò in maniera netta e determinata.

Malika Mokeddem

Leyla emblema di quelle donne che non si piegano ai pregiudizi, agli stereotipi, che lottano per conquistare e difendere i propri diritti, che mettono in discussione secoli di tradizioni, anche quelle difese da familiari cari, come era la nonna Zora “I tempi erano torbidi, incerti. Per questo la nonna trascinava la sua nipotina nella fiaccolata dei ricordi, perché non si perdesse sulla strada dei libri che, ogni giorno, calamitavano i suoi passi verso la scuola bianca” ma Leyla, pur amando Zora immensamente e rispettando la sua visione della vita, sceglie di perdersi sulla strada dei libri, quella che porta all’indipendenza, all’autodeterminazione, alla libertà.

Una autobiografia, quella della Mokeddem, capace di trascinarci nelle magiche atmosfere del deserto ma anche nella brutalità della violenza perpetrata sulle donne, lasciandoci comunque intravvedere una luce in fondo al tunnel della discriminazione che viaggia sul binario della tenacia e della determinazione.

 

Written by Beatrice Tauro

 

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