“Il grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald: il manifesto della cosiddetta età del jazz
“Io abito a West Egg, quella… be’, quella meno alla moda delle due, per quanto questa sia la formula più superficiale per esprimere il contrasto bizzarro che esisteva tra loro…”

Romanzo simbolo della letteratura americana, Il grande Gatsby, il cui titolo originale è The Great Gatsby, è opera dello scrittore Francis Scott Fitzgerald nato nel 1896 e scomparso nel 1940.
Spaccato di vita americana durante il Proibizionismo, periodo nel quale era vietata la produzione e la vendita di alcolici, è racconto ambientato in New York nell’estate del 1922. Per l’esattezza è Long Island la quinta scenografica dove si dipanano le vicende.
Il grande Gatsby è considerato il manifesto della cosiddetta età del jazz, epoca fatta di luci, di belle auto, abiti scintillanti, elementi tutti che manifestano l’effimero, dietro cui si nascondono vacuità e solitudine.
Pubblicato in America per la prima volta nel 1925, in Italia fu tradotto nel 1936 e dato alle stampe col titolo Il magnifico Gatsby. In seguito sarà Fernanda Pivano a portarlo all’attenzione del grande pubblico con il titolo de Il grande Gatsby. Oggi, lo si può trovare presso Feltrinelli nell’edizione del 2013.
L’io narrante dell’intramontabile capolavoro di Francis Scott Fitzgerald è Nick Carraway, attraverso il cui sguardo sono filtrati tutti gli accadimenti del racconto.
Nick vive in una casa poco distante da quella di Jay Gatsby, personaggio ambiguo e misterioso su cui si concentra quasi tutta l’attenzione narrativa; ed è affidato a Nick il compito di introdurre i personaggi, riferire il loro vissuto e fare da tramite agli eventi che si sviluppano nella tessitura della trama.
Tecnica narrativa questa, che Fitzgerald ha preso in prestito da Henry James, secondo la quale è uno dei personaggi a raccontare lo svolgersi dei fatti.
Nick Carraway, è cugino di Daisy Fay, principale figura femminile del romanzo, e di cui Jay Gatsby, pseudonimo del meno ricercato James Gatz, è da sempre innamorato.
I due, in gioventù, hanno intrecciato una loro storia sentimentale, prima che Jay partisse per la guerra.
Trascorsi alcuni anni da allora, Jay Gatsby ha conquistato prestigio, ricchezza e rispettabilità.
E, divorato dall’orgoglio e da un amore non ancora sepolto dalla polvere del tempo, vuole riconquistare Daisy. Far rinascere il sentimento nell’evanescente e ricca ereditiera è diventato il suo unico scopo di vita, che presto si trasforma in una forma mentis che ha tutte le caratteristiche dell’ossessione.
Ma la donna, durante la permanenza di Jay al fronte, gli ha preferito un altro, tale Tom Buchanan, giocatore di football e rampollo di una facoltosa famiglia.
Benché Jay Gatsby si serva di tutto il suo fascino per attirare l’attenzione di Daisy, anche quello del denaro, guadagnato forse in modo non propriamente limpido, il suo sogno di riallacciare l’antico legame con Daisy è destinato a rimanere in mano a un destino avverso.
E, mentre Nick Carraway, dalla sua modesta casa, assiste alle feste esageratamente sfarzose che si tengono nella villa di Gatsby, situata sul lato opposto a quella di Daisy e Tom, Jay insegue il suo sogno osservando la “luce verde”, che si rispecchia sull’acqua della sponda opposta che separa le due abitazioni.
È in tale contesto che si sviluppa una trama arricchita da eventi che fanno del presente di Jay un sogno che però stenta a realizzarsi, nonostante il matrimonio di Daisy con Tom non sia affatto felice. Anzi, tutt’altro che felice. Perché Tom tradisce sfacciatamente la moglie senza curarsi di nasconderlo.
Una sera anche Nick partecipa a una sontuosa festa nella villa di Gatsby, dove gli invitati, folleggiando, neppure conoscono l’uomo che offre loro ospitalità.
“Nelle notti estive giungeva la musica del mio vicino. Nei suoi giardini azzurri uomini e donne andavano come falene fra bisbigli e champagne e stelle. Durante l’alta marea del pomeriggio, guardavo i suoi ospiti tuffarsi dal trampolino o prendere il sole sulla sabbia calda della spiaggia privata, mente i suoi due motoscafi fendevano le acque dello stretto, rimorchiando acquaplani tra cascate di spuma.”
Trascorso qualche giorno Jay raggiunge Nick nella sua abitazione, discreta rispetto al lusso da cui è circondato, durante il quale gli racconta la storia della sua vita e gli chiede di realizzare il suo desiderio: fare da tramite per incontrare Daisy. E, quando i due si incontreranno, Jay si illuderà di poter riannodare con Daisy i fili dell’antico amore.
Ma la tragedia incombe sulla strana combriccola che si riunirà in un albergo di New York, durante il quale Tom provoca Gatsby, che rivolgendosi a Daisy le chiede di dichiarare davanti a tutti di amarlo. Ma lei, con fare innocente risponderà: “Pretendi troppo”.
Frase rimasta memorabile, ad accrescere il successo del libro.
Altra frase del romanzo, anche questa indimenticabile, suggerita da Nick a Jay, che non vuole arrendersi al fallimento del suo progetto d’amore, è: “Ma il passato non ritorna”.
Terminata la bizzarra riunione, sulla strada del ritorno, sarà un malaugurato incidente a mettere la parola fine alla complessa vicenda. Perché Daisy, alla guida della macchina di Gatsby, investe l’amante di Tom.
Il marito di quest’ultima, sconvolto, prende la pistola e si vendica con una giustizia sommaria.
Daisy e Tom, incuranti e mostrando tutta la loro crudele indifferenza, partono senza comunicare ad alcuno la loro destinazione.
Al funerale di Jay, organizzato da suo padre sopraggiunto dal Minnesota, non si presenta nessuno, tranne un ubriacone che, stupito, si domanda perché le sue feste erano affollate da una gran moltitudine di persone, ma dei quali nessuno è presente al suo funerale. Così come è vissuto, in solitudine, l’ambizioso Jay è solo anche nel suo momento più drammatico.

Deluso, a questo punto, Nick, conformista e puritano, non può fare altro che provare un senso di empatia per quell’uomo dall’animo gentile. Nonostante le loro evidenti diversità, Nick è l’unico che lo ha apprezzato e considerato come proprio amico. E, per spezzare ogni legame col passato, decide di trasferirsi altrove, lontano da lì. Forse alla ricerca di qualcosa che dia senso alla propria esistenza.
“Passammo sul grande ponte, col sole che attraverso il traliccio continuava a far luccicare le macchine che passavano e la città che sorgeva di là dal fiume in cumuli bianchi e pani di zucchero costruiti tutti come al tocco di una bacchetta magica con denaro che non ha odore.”
Che dire dei temi che danno spessore alla narrazione de Il grande Gatsby?
Il crollo di un mito. Del grande sogno americano, rappresentato da quello di Jay Gatsby, che ritiene possibile esaudire ogni desiderio. Sogno che, dopo la crisi del 1929, dà alla gente la voglia di riappropriarsi di un diverso stile di vita, la smania di aggiungere uno status economico che la metta al riparo di una nuova crisi economica, lasciandosi alle spalle un passato da dimenticare. Perché quella del ’29 ha lasciato segni profondi nell’economia.
Si evincono inoltre, in maniera piuttosto evidente, aspetti autobiografici disseminati qua e là nella storia.
Perché Il grande Gatsby riflette anche la vita tormentata dell’autore, così sospesa tra gli eccessi dell’alcol e le crisi psicotiche della moglie Zelda, oltre che le avventure con le donne, i viaggi in Europa. I quali danno adito a un conseguente senso di alienazione, solvibile solo affidando le proprie emozioni alla scrittura.
È l’ultima frase a essere molto esplicativa, e ad esprimere il senso di solitudine e di incomunicabilità che subentra nella sua esistenza.
“Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.”
Emozioni e sentimenti si svuotano del loro reale significato per la mancanza di ideali, di valori autentici che si sostituiscano alla noia esistenziale.
Ed è a questo punto che la fragilità assume il ruolo di protagonista; perché il mito americano, pur mantenendo uno sfolgorio di facciata, si disgrega nel corso della narrazione: a ogni pagina un po’ di più.
Lo scrittore offre quindi un affresco disilluso e impietoso dei ruggenti anni ’20, brulicanti di nuovi ricchi tutti tesi a festeggiarsi a vicenda. Affresco realistico che custodisce in sé una malinconia di fondo, ben espressa dalla luce verde cui l’autore fa riferimento, il quale ha un significato ben preciso: visione onirica di un simbolo che crolla, perché portatrice solo dell’illusione e del sogno partorito dalla mente del protagonista.
La scrittura, di notevole efficacia narrativa, restituisce gli stati d’animo dei personaggi e delle loro emozioni, mostrando le loro fragilità. È scrittura intrisa di un forte lirismo a offrire un’ottima caratterizzazione dei personaggi. Soprattutto è Jay a essere tratteggiato con penna fine e capace, che sul finire diventa personaggio positivo, perchè paga un prezzo toppo alto per un amore non corrisposto.
Infine, Il grande Gatsby al cinema. È del 1926 la prima versione cinematografica in una pellicola del cinema muto. A seguire quella 1949 con Alan Ladd, e quella più celebre del 1974 con Robert Redford e Mia Farrow, per la regia di Jack Clayton e la sceneggiatura di Francis Ford Coppola.
Del 2013 il film è stato rivisitato dal regista Baz Luhrmann, interpretato da Leonardo DiCaprio e Carey Mulligan.
“Non potei dormire per tutta la notte; una sirena antinebbia non smise un momento di gemere nello Stretto, e io fui sballottato tra la realtà grottesca e sogni folli e paurosi…”
Written by Carolina Colombi