Sardegna da scoprire #17: Monte Sirai, il Mastio, i due templi, le fortificazioni, il Tophet

Per visitare Monte Sirai si preferisce una giornata fresca.

Monte Sirai
Monte Sirai

La brezza marina ci porta l’odore salmastro mischiato a quello della macchia mediterranea, odori inconfondibili, quasi per ricordarci che questa è Sardegna, caso mai ce lo fossimo scordato.

Gli antichi dicevano di sentire il profumo della Sardegna, prima ancora di vederla.

In effetti l’inconfondibile miscuglio di odori, di cisto e lentisco, di macchia mediterranea, si sente ben al largo delle nostre coste.

È di questo odore che Monte Sirai è impregnato.

Saliamo su, da Carbonia e dalle sue miniere, per una strada stretta, in solitaria malinconia.

Ora il sito è accogliente, con la solita costruzione che funge da centro di accoglienza, bookstore e ovviamente bar, ma questo, a parte qualche scavo nella zona funeraria del Monte, è l’unico cambiamento che vedo, dalla visita precedente.

Le mura dell’ingresso sono sempre assediate dall’erba incolta e la torre di difesa all’esterno ne è addirittura nascosta.

Comunque solo i fissati come me pretendono di poter vedere l’intero insediamento.

Accontentiamoci ed entriamo nell’insediamento attraverso l’antica porta e la strada, leggermente in salita, che chissà quanti piedi hanno calpestato, nei secoli.

La storia del sito è confusa, a volte traviata da credenze storiche perlomeno dubbie.

Vediamo di fare chiarezza, mentre attraversiamo la strada che attraversa la cittadina per poi, alla fine di una lunga discesa circondata da costruzioni, gira nuovamente verso la cima del monte, creando un’altra strada, parallela alla prima, sempre contornata da costruzioni una attaccata all’altra. Le rovine rimaste sono pregevoli, resti di case che si immaginano, se non lussuose, almeno confortevoli e, alcune, ricche.

Monte Sirai
Monte Sirai

La parte alta della città è occupata dai luoghi pubblici, il Mastio, i due templi, le fortificazioni, il Tophet.

Ma prima di queste costruzioni, in zona c’erano, e si vedono ancora, guardando attentamente, tracce di costruzioni megalitiche e alcune torri nuragiche.

Mi distraggo guardando il panorama, col mare in lontananza.

La Storia dice che i Fenici si insediarono quassù intorno al 750 a.C., seguiti, nel VI scolo a.C. dai Cartaginesi.

Ovviamente nessuna di queste due affermazioni è sostenuta da prove concrete.

Certo, il mutamento culturale si vede, nelle costruzioni, nelle fortificazioni e persino nei gusti artistici, ma se paragoniamo la civiltà romana appena nata a quella Imperiale troveremmo cambiamenti ancora più radicali.

Dunque? Allora guardiamo i templi, perché la religiosità è quella che si conserva più a lungo e che determina se ci sia una cesura tra chi abitava un luogo prima di una certa data e chi lo abitava dopo. I due templi sono la copia, in piccolo, del monumentale tempio di Antas, che sorge poco lontano e che è dedicato al Padre dei Sardi, tempio di cui parlerò presto.

Non è sicuramente una religiosità cartaginese o fenicia, quella che si praticava a Sirai, ma la stessa che si praticava, da un millennio, nei tempietti di Romanzesu, o di Barumini.

La bellezza di Sirai è proprio nel mostrare come si è evoluto un popolo, attraverso i contatti con altri popoli a volte lontanissimi.

Monte Sirai
Monte Sirai

Il tempietto del Tophet, il luogo dove si seppellivano le ceneri dei bambini morti prematuramente (la mortalità infantile era altissima, in quei tempi lontani) e le offerte propiziatorie a loro dedicate, è egittizzante, le mura delle fortificazioni cartaginesi, i monili ritrovati di gusto fenicio, se dire fenicio ha un senso.

Comunque godetevi la visita, possibilmente senza il ronzio fastidioso della voce di qualche guida che sciorina dati e date e fatevi avvolgere dall’atmosfera, dai profumi, dal panorama che regnano lassù, tra il cielo e il mare.

Tanto se ne sapete un poco di Storia, potreste confutare ogni singola affermazione della guida.

Pure nella necropoli, poco distante, se non ascoltate fantasiose ricostruzioni, potrete riconoscere, come a Tharros, le vecchie, care, Domus de Janas. Modificate, certo, abbellite con incisioni diverse dalle solite corna taurine, modernizzate, direi, con Tanit che sembra l’Ankh egiziano e le pareti meglio rifinite.

Del resto l’unica prova storica della supposta invasione cartaginese è la storia del generale Malco che, nel 540 a.C., venne sonoramente sconfitto, in battaglie campali, dai sardi, e venne giustiziato in patria.

Magari venne sconfitto, il suo esercito di 40000 mercenari, proprio sotto le mura del Monte Sirai. Me ne vado dal sito con l’immagine di guerrieri sardi che cacciano in mare i cartaginesi, alla faccia di quello che mi hanno insegnato per anni e sorrido.

 

Written by Salvatore Barrocu 

 

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