“I colori dopo il bianco”, di Nicola Lecca: un viaggio tra le vie dell’anima e i colori della vita

Nicola Lecca, nato a Cagliari nel 1976, fin da giovanissimo ha iniziato a scrivere e a viaggiare e tale connubio tra viaggio e scrittura tuttora perdura e diviene tratto distintivo e denotativo dei suoi testi, apprezzatissimi fin dagli esordi, che hanno fatto esprimere grande entusiasmo sul suo talento a numerosi nomi di rilievo del nostro panorama culturale, tra i quali le voci autorevoli di Dacia Maraini, Giovanni Roboni, Alberto Bevilacqua, Giuseppe Pontiggia e Mario Rigoni Stern.

I colori dopo il bianco

In una vita divisa tra periodi trascorsi in Sardegna e moltissimi tra città italiane e località estere, ha esercitato con curiosità e pazienza la scrittura, in ogni momento, in ogni luogo, dando tempo al tempo e lasciando che le storie nascessero a poco a poco, dai mille appunti sparsi.

Sono nati così, nel corso degli anni: Concerti senza orchestra (Marsilio) che fu finalista al Premio Strega nel 1999; Ritratto notturno nel 2000, Ho visto tutto nel 2003 (anno in cui vinse in Premio Hemingway), Ghiacciofuoco nel 2007, tutti editi da Marsilio. Ancora nel 2007 esce Hotel Borg e nel 2009 Il corpo odiato, entrambi pubblicati da Mondadori. Arriva poi il grande successo de La piramide del caffè (Mondadori, 2013).

Nel frattempo la sua penna ha spaziato nel panorama culturale, con saggi d’argomento filosofico, editi all’estero, e con numerosissimi articoli per quotidiani e periodici.

Ora, con I colori dopo il bianco, edito da Mondadori, siamo di fronte a un nuovo successo, già sancito da lettori e critica e anche io l’ho voluto leggere e sono qui, cari lettori di Oubliette, a condividere con voi le mie impressioni.

I colori arrivano subito, fin dalla copertina, che quasi invade lo spazio visivo dell’osservatore, che ne rimane in un certo senso ammaliato e travolto. La storia della giovane Silke, però, prende avvio da un luogo molto più sbiadito, luogo del corpo e dell’anima, dove tutto, per volontà dei genitori, del padre in particolare, è tenuto rigidamente sotto controllo. Nulla è lasciato al caso, tutto deve essere controllato, misurato, previsto. Non c’è spazio per la creatività, per la spontaneità, per l’espressione autentica del proprio essere.

Silke, compie un viaggio che completa la rottura e l’uscita dagli schemi genitoriali già iniziata con “lo scandalo” che, travolgendo la sua famiglia, ne aveva provocato la ripulsa e l’allontanamento momentaneo da parte del padre.

Un atto di volontà, dunque, da parte di Silke. Un primo tentativo di riprendersi in mano la vita. Di conoscerla e sperimentarla questa vita. Dal Tirolo a Marsiglia, in un salto infinito, senza gradazioni, dal bianco che annulla ogni colore, al carnevale di vita della cittadina sul mare. Tanta luce, tanta gente, movimento, disordine, rumori e voci e poi odori. Odori inizialmente troppo forti per Silke, troppo veraci, legati a una materialità e corporeità sostanzialmente sconosciute, essendo stata abituata a vivere in una realtà depurata, filtrata, resa asettica e, perciò, non conforme a verità.

Le vicende che si susseguono rapidamente, ma narrate senza fretta, con semplicità e delicata ironia, sono permeate di musicalità e di poesia e segnano la riconquista, anzi, una e vera e propria conquista, che passa attraverso la scoperta e il risveglio dei sensi della protagonista.

Nicola Lecca

Nicola Lecca dimostra la sua grande capacità di osservare, ricordare, interiorizzare luoghi, situazioni, esperienze per poi tradurle con grande abilità narrativa, in pagine di un nitore sorprendente, in cui il testo e la sua storia acquisiscono tale evidenza e naturalissima lividezza da portarvi dentro il lettore senza che nemmeno se n’avveda, senza il minimo sforzo per una lettura che lascia un senso di piacevole crescente appagamento.

Non è scrittura dall’immediato e forte impatto emotivo quella de I colori dopo il bianco: è scrittura nata, cresciuta, esercitata alla scuola della pazienza, scrittura lenta, coi giusti tempi, che ti scava dentro, ti trascina e ammalia utilizzando, con semplicità, eleganza, nitore e sicurezza, gli strumenti di un ottimo narratore che ha saputo raccogliere il meglio della scuola della grande letteratura italiana e internazionale, senza mai voler strafare: non ci sono in questo romanzo parole fuori posto, tutto è a misura delle storie e delle esperienze di vita che si affacciano e sorprendentemente coinvolgono Silke e il lettore.

Murielle col suo passato duro e burrascoso, il suo giovane figlio Didier e suoi sogni di riscatto, la vecchia solitaria, Silke, i suoi stessi genitori, sono tutti incontri di sofferenze e solitudini differenti, rappresentanti di un’umanità quanto mai varia, ricca e sorprendente.

Bellezza, tanta, in queste pagine, anche dove occhieggia accanto al male, perché, in fondo, questo libro a me è risuonato come un inno al coraggio, alla volontà, un’esortazione a non arrendersi, a non sentirsi mai finiti, annientati, sconfitti, perché per tutti c’è sempre un’altra possibilità che la vita ci offre attraverso infinite vie per la realizzazione di sé e per il conseguimento della felicità.

Buona lettura, davvero!

 

Written by Katia Debora Melis

 

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