Intervista di Alessia Mocci a Francesco Giacovazzo: il percorso alchemico del libro “Le regole dell’infinito”

“Conosci te stesso, e conoscerai l’universo e gli Dei.”

Francesco Giacovazzo

Le regole dell’infinito – Ai limiti dell’assenza c’è l’essenza”, edito da Verdechiaro Edizioni, è l’ultima pubblicazione di Francesco Giacovazzo e segue il percorso tematico intrapreso con “La Pietra degli Alchimisti” (2015).

Ci troviamo di fronte ad un vero e proprio percorso iniziatico che indica la via della conoscenza, una via segnata da indizi, trabocchetti e ragionamenti che portano il lettore, così come il protagonista dei due libri, a scoperchiare l’inconscio per poter interpretare alcune verità necessarie per concepire l’infinito che si cela nella nostra essenza.

Le regole dell’infinito” è dunque una storia autobiografica romanzata che racconta vicende accadute diversi anni prima e che mettono in luce uno schema arcaico di connessioni ed illuminazioni. Si incontrano principalmente due personaggi: Francesco e Raffaele, l’iniziato ed il benefattore.

L’alchimia, come sistema filosofico esoterico, è presente in tutto il Mondo e si dipana in diverse culture e diverse interpretazioni. Con Francesco Giacovazzo si conoscerà la Tradizione Ermetica occidentale, quella più vicina alla nostra conformazione culturale e dunque mentale.

 

A.M.: Ciao Francesco ti ringrazio per aver accettato questa intervista. Ed iniziamo subito. “Le regole dell’infinito” prende avvio da un’antica iscrizione egizia. Ho cercato informazioni sulla paternità della stessa ed ho trovato una possibile attribuzione al Faraone Akhenaton. Visto e considerato che anche sul libro parli di questo faraone, pensi potrebbe essere un’ipotesi da prendere in considerazione?

Francesco Giacovazzo: Quell’iscrizione non ha tempo e proviene direttamente dall’eternità. Forse è ancora più antica dell’epoca di Akhenaton ed è altrettanto precorritrice oggi ai giorni nostri. La verità è senza principio e senza fine e viene percepita ed enunciata in tanti modi quante sono le persone in grado di comprenderla. Quelle stesse parole sono state dette da Gesù, da Buddha, da Eckart Tolle, NisargadattaMaharaj. Quando le ho scoperte mi hanno commosso ma soprattutto mi hanno sorpreso perché mi erano inedite ma allo stesso tempo familiari.

 

A.M.: Non esiste un’età adatta oggettivamente per la contemplazione di sé. Ogni individuo attraversa diversi bisogni e stati dell’essere prima di arrivarci. Volendo esplorare la tua esperienza personale: quando è nata in te l’esigenza di profonda contemplazione?

Francesco Giacovazzo: La mia ricerca è iniziata intorno ai 18 anni durante una profonda crisi personale. Ero a Roma per l’università e cominciai a soffrire di crisi di panico e ansia. In quello stesso periodo conobbi Raffaele e mi approcciai allo studio dell’alchimia e della spiritualità da una parte e della psicologia dall’altra. Volevo delle risposte ma soprattutto volevo porre fine al mio dolore. Capì subito che il pegno da pagare consisteva nel conoscere me stesso, comprendere come funzionava la mia macchina biologica e soprattutto recuperare il senso di tutto quello che mi stava succedendo. Intuivo che c’era un significato nascosto nel dolore, un processo da compiere, una trasfigurazione della falsa immagine che avevo di me.

 

A.M.: Coscienza/specchio. Qual è la correlazione esistente?

Le regole dell’infinito

Francesco Giacovazzo: La coscienza pura viene descritta in tanti modi sia dalle antiche tradizioni che dagli scienziati moderni. È un campo di infinite possibilità senza tempo e senza spazio dove esiste tutto ciò che è, che è stato e che sarà. Questa matrice inoltre è onnipresente, onnipotente e onnisciente; ci include e ci trascende allo stesso tempo.  Siamo collegati ad essa anche se non ce ne accorgiamo ed è possibile comunicare con Lei attraverso il linguaggio dei sentimenti del nostro cuore. La nostra realtà quotidiana è un’esternazione materiale di questa matrice, un riflesso delle nostre profonde credenze e delle nostre percezioni. Non possiamo cambiare direttamente il riflesso, esattamente come non possiamo pettinare la nostra immagine allo specchio ma possiamo intervenire a livello di coscienza cambiando il modo in cui ci sentiamo. Questo è il segnale che trasmettiamo al campo di ogni possibilità e che ci tornerà indietro attraverso esperienze e situazioni.

 

A.M.: Fra tutte le forme geometriche, il triangolo è quella che racchiude maggiore simbologia. Ci sai spiegare il perché?

Francesco Giacovazzo: La figura geometrica del Triangolo è strettamente legata al numero tre. Il tre è un numero magico perché richiama (come descrivo nel mio libro) la legge della trinità universale che dice che tutto ciò che è presente in maniera stabile è rappresentato sotto forma di “Tre”. Un esempio potrebbe essere la concezione dell’uomo composto da corpo, psiche e anima. Un altro esempio è la descrizione dei tre stati della materia come gassosa, liquida e solida. In musica la terzina è considerata stabile nella sua interezza. Nella fisica classica l’equilibrio statico è ottenuto attraverso 3 punti d’appoggio. Ogni simbolo è un ricettacolo energetico di informazioni ed è un linguaggio molto potente perché arriva direttamente al nostro inconscio senza l’utilizzo della parola. Questo è il motivo perché la magia e l’arte sacra sono ricche di simboli.

 

A.M.: Male e bene. Demoni ed Angeli. Come iniziare un processo di cambiamento?

Francesco Giacovazzo: Innanzitutto uscendo dalle definizioni, dalle schematizzazioni. Prima di voler cambiare dobbiamo capire cosa vogliamo cambiare e soprattutto chi è che cambia. Io penso che la comprensione di sé sia l’unico vero cambiamento: la conoscenza di ciò che siamo elimina l’ignoranza, e la fine della menzogna è il più grande cambiamento a cui possiamo aspirare.

 

A.M.: Tutto questo lavorìo a che cosa serve?

Francesco Giacovazzo: Per me non è un lavoro, piuttosto un modo di vivere e se devo rispondere alla tua domanda, per me la conoscenza di sé e delle realtà è ciò che da un significato alla vita. Quando percepisci sulla pelle che il caso non esiste, che tutto è connesso, la vita assume un altro sapore, diventa interessante e tu comprendi che sei qui per uno scopo elevatissimo: consentire al divino stesso di manifestarsi.

 

A.M.: Che cos’è la coscienza?

Alchimia

Francesco Giacovazzo: Non si può definire la coscienza, almeno io non ci riesco. È la vita prima della sua manifestazione in energia; questa è l’unica descrizione che io riesca a dare.

 

A.M.: Che cos’è un’eggregora?

Francesco Giacovazzo: Una eggregora o forma-pensiero è un aggregato di energia psichica che si forma quando uno o più persone cominciano a pensare alla stessa cosa con una certa intensità e per un certo periodo di tempo. I pensieri non sono astrazioni, ma sono una materia molto sottile, sono energia che opportunamente indirizzata e caricata può coagularsi in una struttura che acquisisce una certa autonomia. Se questo concetto di eggregora fosse approfondito un po’ di più, soprattutto dalla psicologia, potremmo comprendere il significato dell’ossessione di cui soffre tantissima gente senza saperlo. La magia lavora molto sull’uso intenzionale delle eggregore che vengono costruite appositamente attraverso determinati riti e cerimonie.  Noi ci creiamo inconsciamente delle forme-pensiero disfunzionali che possono sabotare le nostre buone intenzioni ma possiamo anche imparare a costruirci delle forme pensiero di amore, di salute e di forza che a livello inconscio ci possono aiutare sul nostro cammino.

 

A.M.:L’alchimista è colui che brucia un’emozione negativa sul fuoco della propria consapevolezza aumentandone così la vibrazione e trasmutandola in un’emozione superiore.” Così Raffaele, il tuo prezioso personaggio, illustra l’alchimista. E ti chiedo: come passare dalla materia prima all’oro?

Francesco Giacovazzo: Ciò che chiamiamo emozione negativa non è altro che energia che vibra ad una frequenza disarmonica. Tutto è un’unica energia che si esprime in differenti modi. L’alchimista sa questo e invece di combattere o fuggire un’emozione negativa, l’accoglie e la percepisce senza nessun giudizio od aspettativa. Questo osservare va a modificare e riordinare la struttura energetica dell’emozione e la trasmuta nel suo equivalente superiore. La compassione non è altro che l’energia della gelosia trasmutata; l’impeto guerriero viene dalla rabbia, la creatività dalla furbizia… È la stessa in energia su un’ottava differente.

 

A.M.:Il mondo esterno è un’estensione del proprio mondo interno. La regola del mago è cambiare l’interno per cambiare l’esterno.” Ci spieghi questa frase?

Francesco Giacovazzo: Di solito pensiamo alla magia come alla capacità di modificare fuori di noi ciò che non ci piace. Ma questo è un modo di vedere distorto e infantile. Il mago sa più di ogni altra cosa che il mondo che vede fuori è sostanzialmente una sensazione, un’interpretazione dei propri condizionamenti e cambiando questi ultimi di riflesso avrà un’altra esperienza della realtà. Questo è il significato profondo della magia.

 

A.M.: Quali differenze intercorrono tra la denominazione di “mago” ed “alchimista”?

Francesco Giacovazzo: L’alchimista è anche un mago ma il suo interesse va oltre. Come diceva Gesù, il suo regno non è in questo mondo. Ad un alchimista non gli interessa diventare più bravo, più buono, ricco o famoso. Gli interessa espandere la propria consapevolezza fino a bruciare in quello che gli antichi sciamani toltechi chiamavano il fuoco dal profondo. Questa è l’esperienza della libertà totale ed è tutto ciò per cui valga la pena vivere su questa terra.

 

A.M.:L’immaginazione è una dimensione reale dell’esistenza.” Cos’è dunque realtà? Ritieni questa intervista reale?

Francesco Giacovazzo

Francesco Giacovazzo: Secondo la scienza il nostro universo è composto per il 95% di materia oscura e di energia oscura; la materia è solo una piccola percentuale della realtà. Dal punto di vista psichico, fisico ed esistenziale il 95% della nostra realtà è invisibile e rientra in quel campo metafisico dove l’immaginazione è sovrana e costituisce l’anticamera di questo mondo. L’immaginazione è una vera e propria altra dimensione che anticipa la nostra realtà. Tutti i più grandi mistici, geni e visionari tra cui William Blake, Goddard Neville, Albert Einstein davano molta più importanza all’aspetto immaginale dell’essere umano che ai risvolti più “razionali”. Ecco cosa ha detto Einstein a tal proposito: “L’immaginazione è tutto. È l’anteprima delle attrazioni che il futuro ci riserva. L’immaginazione è più importante della conoscenza.” Mi chiedi se questa intervista reale e io ti rispondo ma cosa è reale? Tutto ciò che vediamo, udiamo, odoriamo e tocchiamo sostanzialmente sono semplici segnali elettrici che vengono interpretati dal cervello. Il mondo non è fuori di noi.  Con questo non voglio dire, come taluni sostengono, che non esiste una realtà oggettiva ma che ognuno ha una propria versione della realtà costruita in base alle proprie credenze e convinzioni ed ognuno, dunque, vive in base in base a quella; il resto non è importante. Tutto è percezione.

 

A.M.: “Il Campo del Punto Zero” di Lynne McTaggart ed il “Tao della Fisica” di Fritjof  Capra. Hai letto questi due libri?

Francesco Giacovazzo: Certo che ho letto questi due libri e c’è più esoterismo e spiritualità in questi due testi di scienza, cosiddetta di frontiera, che in molti manuali pseudo magici volutamente oscuri perché oscura è la comprensione di chi li ha scritti.

 

A.M.: Qual è il tuo pensiero sulle tre grandi religioni monoteiste d’oggi?

Francesco Giacovazzo: Ad un’ottava bassa la parola religione significa “legare” ed è ciò che è successo per molti anni con quasi tutte le religioni istituzionalizzate. Ad un’ottava alta la stessa parola significa “riunire”, ossia “ricollegare l’essere umano al divino”. In realtà non c’è da riunire proprio nulla perché non ci siamo mai staccati dalla nostra Sorgente ma abbiamo dimenticato chi siamo e le religioni con i loro dogmi hanno contribuito a questa nostra dispercezione. Le religioni devono essere superate per arrivare alla religiosità che significa riconoscere il sacro in ogni cosa compreso sé stessi. Quindi le religioni possono e devono essere un mezzo non un lido dove arenarsi.

 

A.M.: Ti ringrazio per la tua disponibilità e, come mia norma, ti chiedo di salutare i nostri lettori con una citazione…

Francesco Giacovazzo: C’è una bellissima frase di Jeff Foster che adoro: “Il dolore non è il contrario della gioia, ne è la porta”: qui c’è tutto il senso dell’alchimia.

 

Iscrizione egizia

IO SONO. Finalmente ho raggiunto il MIO traguardo e risolto il segreto della mia anima:
Io sono QUELLO a cui rivolgevo le preghiere,
QUELLO a cui chiedevo aiuto.
Sono QUELLO che ho cercato.
Sono la stessa vetta della MIA montagna.
Guardo la creazione come una pagina del MIO stesso libro.
Sono infatti l’UNICO che produce i molti,
della stessa sostanza che prendo da ME.
Poiché TUTTO è ME, non vi sono due,
la creazione è ME STESSO, dappertutto.
Quello che concedo a ME stesso,
lo prendo da ME stesso e lo do a ME stesso,
l’UNICO, poiché sono il Padre ed il Figlio.
Quanto a quello che voglio,
non vedo altro che i MIEI desideri, che sgorgano da ME.
Sono infatti il conoscitore, il conosciuto,
il soggetto, il governante ed il trono.
Tre in UNO è quello che sono e
l’inferno è solo un argine
che ho messo al MIO stesso fiume,
allorché sognavo durante un incubo.
Sognai che non ero il SOLO unico e
così IO stesso iniziai il dubbio, che fece il suo corso,
finché non mi svegliai.
Trovai così che IO avevo scherzato con ME stesso.
Ora che sono sveglio, riprendo di sicuro il MIO trono
e governo il MIO regno che è ME stesso,
il Signore per l’eternità.”

 

Written by Alessia Mocci

 

Info

Sito Francesco Giacovazzo Alchimia Pratica

2 pensieri su “Intervista di Alessia Mocci a Francesco Giacovazzo: il percorso alchemico del libro “Le regole dell’infinito”

  1. Cara Alessia Mocci, questa è una bellissima intervista. Essa è come un rinascere a sé, rientrare in se stessi dopo una lunga dispersione. Stupenda è poi questa iscrizione egizia, nella quale si costruisce il trono dell’io, con abbandono rovinoso di tutto ciò che lo aveva sconvolto o distrutto. Anch’io sto preparando una raccolta di “Riti ontologici” – che sono delle brevi poesie – intesi a riparare l’essere ogni volta che patisce danni o ferite o altro simile. Forse è presunzione, ma ci provo lo stesso. Grazie di tutto e a presto.
    Domenico Alvino

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