“The white side/The black side” album del collettivo Project-TO: le infinite possibilità della musica elettronica
Quello della musica elettronica è un territorio molto vasto e difficilmente soggetto a pure catalogazioni di stile o sottogenere.

Ma quello che in un simile contesto è ancora più difficilmente collocabile riguarda proprio il lato più intimista del dato sonoro di un tale genere, vale a dire la facoltà di scelta dei modi di utilizzo di strumentazioni più o meno ampie e interlacciati tra loro.
Estendere, dunque, il proprio raggio d’azione su vari campi artistici (videoarte, installazioni, colonne sonore) per meglio evidenziarne le capacità emotive o riservare la propria espressione al solo ambito discografico?
Rivolgersi alle infinite possibilità di stratificazione conferite dalla registrazione multitraccia o optare per un discorso di sottrazione?
Forse vale la pena navigare su entrambi i mari, sembra suggerire questo splendido esordio discografico dei Project-TO, collettivo musicale torinese riunito sotto la guida di Riccardo Mazza (imponente sperimentatore del suono già collaboratore di Battiato, Gaber e Baccini e studioso di psicoacustica), coadiuvato da Laura Pol (fotografa e videomaker) e Carlo Bagini (che vanta collaborazioni con Statuto, Righeira e Rettore).

The white side/The black side infatti è un doppio, intensissimo album che non lascia assolutamente nulla al caso tanto nella privazione di sovrastrutture quanto nella deliberata moltiplicazione di architetture molto ben congegnate per una costruzione di senso sia sonoro che concettuale.
Solo un ascolto attento, isolato e senza alcuna distrazione esterna può lasciar assimilare fino in fondo le nette divergenze che i due atti di questo importante lavoro avanzano proponendo le stesse sei composizioni in due modalità differenti, per l’appunto “white” e “black”.
Se il black side si sviluppa attorno ad una concezione sonica avvinghiata a strutture dark ambient, trance, techno, house e tracce di drum and bass, il white side rimescola completamente le carte in tavola sotto una luce maggiormente orientata verso ulteriori esperimenti sul dato sonoro, incentrati particolarmente su aperture “solari” (a tratti anche trip hop) molto più stratificate e addentrate nel campo del “found object”, in questo perfettamente in sintonia con quella gemma seminale che fu (e ancora è) My life in the bush of ghosts firmato Eno/Byrne.
La capacità dei Project-TO di spaziare con l’utilizzo del dato elettronico è immensa e ottiene risultati estremamente variegati e ricercati.

Spunti di Kraftwerk ultima maniera (Black I-hope) fanno i conti con affinità ai Massive Attack di tante versioni remix (I-hope), mentre similitudini Underworld (Black Sign of the Earth) combaciano tanto con incursioni alla Trentemoller (Sign of the Earth, Ya-ho) o tumefatte astrazioni del Robert Del Naja solista (Black Ya-ho) quanto con azzardi Enigma/Michael Cretu (Look further).
Di certo siamo dinanzi ad una prova più che notevole, costruita da grandi professionisti del settore e, per questo, degna di una considerazione internazionale di primissimo livello.
Written by Edoardo Vaderi
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