Le métier de la critique: la libertà di amare una donna ed il confronto tra Elisabetta Rasy e Patricia Highsmith
Li ho letti di fila, “Le regole del fuoco”, di Elisabetta Rasy, e “Carol” di Patricia Highsmith.
Il primo, edito da Rizzoli nel 2016, candidato al Premio Campiello, è la storia di due infermiere, ambientata in un 1917 denso di storia mondiale.
Il secondo, edito da Bompiani nel 2007, uscito in America nel 1952 con il titolo “The Price of Salt”, racconta il nascere dell’amore fra una donna, ex moglie e madre, e una giovanissima aspirante scenografa.
Li ho assaporati lentamente, seduta alla mensa degli spazi infiniti, quelli bianchi delle parole non dette e dei gesti non narrati di mani avide su corpi bramosi di piacere.
Sono opere intimistiche, romantiche, erotiche.
In entrambe l’eros è evocato in maniera magistrale: è un profumo che denuda l’anima; è un bacio che penetra corpo e spirito; è una parola sussurrata all’orecchio talmente dolcemente che neppure il lettore la può leggere con gli occhi; è una frase reiterata, senza moralismi, senza difese: “Ti amo”.
Non appaiono solo i luoghi canonici dell’amore: ci sono ospedali, bar, lettighe, talami d’hotel, trincee, camion e sedili di auto. Ci sono guerre di morti, di fango, di sangue, di urina, di arti in cancrena, di notti in cui la morte ha l’affanno.
Ci sono bella intestina, ossia conflitti interiori, battaglie di lacrime, di alcol, di rughe, di giudizi, di notti in cui la vita ha l’affanno.
Un’altra analogia che emerge prepotentemente è l’iter di formazione che riguarda le protagoniste: la storia d’amore declinata al femminile diventa mezzo per affermare la propria natura, il proprio posto nel mondo, lontano da lacci soffocanti che intrappolano in un ruolo sociale e professionale dettato da un’ideologia maschile e maschilista dove lo stereotipo è modello encomiabile.
Sono donne che amano. Oltre il sesso. Amano l’arte, il sapere, il viaggiare, il vivere in prima linea, sul fronte della storia, a schivare cecchini e bombe per vincere la propria battaglia.
Sono donne teneramente eroiche, obelischi di pietra che nascondono ballerine di cristallo; corpi morbidi e bianchi che nascondono macerie di anni; figlie mai comprese, mai amate, mai accolte in un ventre che non smettono di cercare.
Il linguaggio è accorto, carezzevole o spietato, ma sempre inatteso. I dialoghi sono di cocente bellezza: hanno tempi lenti di valzer che poi diventano salti nell’abisso, intrecciano parole segrete, dette senza pudore, e parole quotidiane,taciute in sguardi; sollevano il peso del proibito senza esserne sedotte.
Non c’è esigenza di sperimentazione erotica, non c’è curiosità sensuale: c’è appartenenza e fusione che porta due ad essere una sola carne e anima, in un abbraccio che non stritola, che non degenera nella violenza, che non è capriccio di possesso.
Ma il momento di massima espressione del sentimento, in ambo le opere, avviene attraverso le lettere. Inchiostro su carta, cuore su memoria, graffiti sulle colonne del tempio della passione.
Non sono libri prettamente femministi o legati alla letteratura lesbica; sono inni alla libertà individuale, scevra da ogni etichetta, emancipata da ogni rimpianto di non aver agito, in nome di regole che l’amore vero non conosce.
Written by Emma Fenu