Castellaneta Film Fest 2016: la sezione Visioni da un altro Sud

Oubliette Magazine, come media partner della quarta edizione del Castellaneta Film Fest 2016 che si è conclusa domenica 17 luglio 2016 nella suggestiva cornice della città tarantina nel cuore del Parco naturale Terra delle Gravine, propone ai lettori le recensioni delle opere in concorso per le sezioni Fiction, Documentari, Visioni da un altro Sud e Animazione.

Castellaneta Film Fest - 2016

Il vincitore assoluto della categoria che vi presentiamo oggi, Visioni da un altro Sud è “Di là” di Giulio Tonincelli, mentre “Una storia normale” di Michele Vannucci è risultato Premio Speciale Castellaneta Film Fest 2016 del valore di mille euro e Premio Miglior Cortometraggio Castellaneta Film Fest 2016.

Aprile 2014, porto di Brindisi. Erminando Aliaj, fotografo di Moda cresciuto a Brescia, decide di tornare in Albania, a Valona, a venti anni di distanza dalla sua partenza clandestina.

Il documentario di Giulio Tonincelli gioca sull’equilibrio della fotografia grigia e sulla sua estrema plasticità per raccontare il senso di disagio del protagonista che si confronta con la memoria di luoghi di cui non è più partecipe.

Affrontare oggi il tema delle immigrazioni clandestine è rischioso: incombono la retorica perbenista o, al contrario, la retorica meschina capace solo di sollevare barriere.

Di là - Castellaneta Film Festival 2016

“Di là” non offre risposte, si limita a documentare la questione: esiste un oltre, un di là, appunto, che diventa meta ambita per chi non ha possibilità di vivere dignitosamente nella propria terra, ma questo stesso di là è una perenne e logorante dimensione caratterizzata da spinte opposte.

Da un lato l’estremo senso di colpa per essersi allontanati e dall’altro la difficoltà a riconoscersi nel luogo presente e in quello da cui si è fuggiti. Di là è un richiamo vitale, ma può anche essere una trappola mortale.

La vera sfida, forse, sarebbe cominciare a raccontare e documentare le risposte: il lavoro di Giulio Tonincelli è avvitato sui due interrogativi che ci si pone da troppo tempo, perché si è costretti dalla necessità di vivere a lasciare il proprio Paese e perché troppe volte è necessario vivere in clandestinità il distacco dalla propria terra?

In “Una storia normale” Michele Vannucci affida la riuscita della narrazione al volto di Mirco Frezza che interpreta Mirko, un uomo di quarant’anni con quattro processi alle spalle per tentati omicidi e narcotraffico.

La voce fuoricampo del personaggio conduce e fa da collante a questi lunghi piani, in cui la macchina da presa riprende di quinta o si concentra in primissimi piani a volte troppo densi che Mauro Rossi monta con il dovuto distacco, salvando il prodotto da un altrimenti inevitabile voyeurismo.

Una storia normale - Michele Vannucci

Un flusso di coscienza in romanesco – che in quest’ultimo periodo si è imposto come un fenomeno della narratologia cinematografica di culto – magnetico ma non avvincente: sicuramente il regista ha a sua disposizione il volto di un attore che racconta affrontando e superando mirabilmente anche la fotografia spenta e vagamente algida di Matteo Vieille Rivara senza troppe difficoltà e argina così l’eccessivo manierismo insistito di alcune inquadrature.

Le musiche di Sergio De Felice riescono a rendere l’atmosfera più rarefatta e a rafforzare l’espressività del protagonista. Una storia sicuramente interessante per la forza insita nel suo interprete, però tradita sin dal titolo che cerca una normalità di forma troppo conformista.

L’ultima categoria che vi presenteremo nei prossimi giorni sarà Animazione per cui erano in concorso “Golden Shot” di Gokalp Gonen, “Fulfilament” di Rhiannon Evans, “La ballata dei senzatetto” di Monica Manganelli, “My Grandfather was a cherry tree” di Olga Poliektova e Tatiana Poliektova,  “Ci furono santi” di Pietro Elisei,“The beach boy” di Hannes Rall.

 

Written by Irene Gianeselli

 

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