“La femmina nuda” di Elena Stancanelli: anoressia e bulimia dell’anima all’ultimo Premio Strega
“La femmina nuda” di Elena Stancanelli è un romanzo edito da La nave di Teseo nel 2016, finalista all’ultimo Premio Strega.

Femmina, non Donna.
Corpo in primis, corpo tempio profanato dell’anima raminga.
Corpo spogliato e coperto.
Corpo ferito, mortificato, violato, usato, punito.
Corpo drogato, affamato, ubriacato.
Anna si specchia e si osserva: carni violacee, ossa sporgenti, pube depilato da bambina invecchiata.
Anna si immedesima in un corpo che non vuole, che non ama, che disconosce.
Corpo da uccidere, per rinascere farfalla divorando il bozzolo.
Corpo che parla e che racconta un anno di vita all’insegna dell’autoumiliazione.
Vittima di un’ossessione patologica per il suo ex fidanzato, Davide, e coinvolta in un gioco perverso di tradimenti e di caccia all’indizio, dove la preda è sempre la stessa, ossia la cacciatrice stessa, la protagonista, in una sorta di confessione senza veli, in totale nudità, appunto, ci conduce nell’incubo del “regno dell’idiozia”.
Idiozia è un termine dal sapore confidenziale per indicare una condizione morbosa di disamore, disistima, compulsiva dipendenza.
Anna si intossica di cracker, succo di frutta, xanax, grappa, whiskey, champagne, coca, sesso senza orgasmo.
Anna si abbevera di acqua di lacrime, acqua salata, acqua che non disseta, ma brucia sulle ferite aperte.
Con questo iter ciclico punisce il suo corpo, nel fallace tentativo di salvare la propria anima.
Ma l’anima diventa bulimica di amore e si sazia di veleni non meno letali: gelosia; pedinamento; persecuzione; violazione della privacy tramite internet, i social e le applicazioni del cellulare, che diventano teatri di maschere dell’orrore che sputano foto e lemmi dell’anti-comunicazione disumana. Ma, ancora una volta, vittima e carnefice si trovano congiunti, come corpo e anima.

“Il periodo peggiore è stato quello della pallina blu.
L’applicazione sul telefono gliel’avevo scaricata e installata io. […] E mentre lo facevo lui diceva ad alta voce: così potrai sapere sempre dove sono. E rideva. […]
Poi, una notte, Davide ha finalmente capito. Una di quelle notti che avrei passato sveglia, sdraiata su un letto a caso ospite di amici fingendo di leggere, la pallina blu è scomparsa. […] Quella notte, dopo moltissimo tempo, ho dormito”.
Lo stile di Elena Stancanelli è graffiante, scarno, anoressico, nudo: il verbo “scopare” ricorre come un mantra della non-meditazione in tutto il romanzo, nel quale sono partorite parole fisiche, tattili, imbrattate di vomito e di trucco sciolto.
In questo rigurgito di narrazione, tuttavia, c’è uno spiraglio di speranza e di vera rinascita, fatta di carne, sangue, ossa, capelli, umori.
Anna riesce, infine, a provare pietà per i corpi, compreso il proprio, perché in essi vede l’essenza contingente della fragile natura umana, così tenera, proprio in quanto fatta di carne da baciare, senza mordere.
Written by Emma Fenu