Intervista di Irene Gianeselli alla regista Eleonora Danco: non ci sono formule per trattare l’uomo

Eleonora Danco è regista, autrice, attrice, drammaturga e performer.  Il suo è un teatro fisico, in cui voce e corpo si fondono.

 

Eleonora Danco

I suoi testi esprimono vitalità e sofferenza, il conflitto con l’adolescenza nell’età adulta, l’alto e il basso, un linguaggio che oscilla tra la poesia e lo slang, un teatro tragicomico. Tre suoi testi sono pubblicati in Ero Purissima edito da minimumfax.  L’esordio nel 1998 è con Ragazze al muro, nel 2000 vince il Festival sulla nuova drammaturgia con Nessuno ci guarda inspirato alla pittura di Jackson Pollock. Seguono Me vojo sarva’, Ero Purissima, Sabbia, Scroscio, La Giornata Infinita, Intrattenimento Violento, Senza titolo3, Squartierati, Donna numero 4, ( testo pubblicato da Skirà e prodotto da Expo 2015). Ha scritto su commissione ed è stata prodotta dal Teatro Stabile di Roma, Parma, Torino, Napoli, per Expò 2015, e Triennale di Milano.

Tra il 2000 e il 2002 ha scritto e diretto per Radio Rai3 documentari radiofonici e monologhi. Nel 2014 il suo esordio cinematografico è con N-Capace prodotto da Rai Cinema Bibi Film e MIBACT. N-Capace è vincitore di due menzioni speciali in concorso ufficiale al 32° Film Festival di Torino, candidato David di Donatello e Nastri d’argento 2015.

Eleonora Danco dirige seminari per attori professionisti e per adolescenti, come attrice ha lavorato tra gli altri, con Nanni Moretti, Marco Bellocchio, Ettore Scola, Michele Placido, Cristina Comencini, Peter Del Monte. Il suo nuovo lavoro per il teatro dEVERSIVO debutterà al teatro India a marzo del 2017 Produzione Teatro di Roma.

 

I.G.: Ti ringrazio per la disponibilità. Quando e perché hai cominciato a fare teatro?

Eleonora Danco: A dodici anni mi sono iscritta ad un corso di teatro a Terracina, il paese dove vivevo da piccola. Ho debuttato facendo Mirandolina di Carlo Goldoni. Poi mentre frequentavo l’Istituto d’Arte continuavo a pensarci sempre. Il motivo era quel senso di libertà e follia che il teatro mi trasmetteva. Avevo una energia incontenibile. A scuola andavo malissimo. Imparavo a memoria solo cose di teatro. Nello stesso periodo ho iniziato a disegnare. In modo ossessivo. I miei genitori mi organizzavano mostre, facevano vedere  a tutti i miei disegni, dicendo che quello era il mio destino. Così me ne sono distaccata e ho smesso. Non sapevo che un giorno tutto quel mondo interiore lo avrei trasmesso nella scrittura. Ho sempre avuto bisogno di difficoltà per esprimermi. A me i No fanno più dei Sì. A diciannove anni dopo essere stata rifiutata all’Accademia d’Arte Drammatica mi sono iscritta alla scuola di Proietti. Ho studiato con tanti insegnanti bravissimi come Ingrid Thulin.

 

I.G.: Ci sono degli artisti che ti hanno incoraggiata nel tuo percorso?

Eleonora Danco - N-CAPACE

Eleonora Danco: Uno su tutti Giorgio Albertazzi,  l’ho conosciuto undici anni fa. Nel teatro mi ha dato più fiducia di tutti, facendo produrre un mio spettacolo, Ero Purissima, al Teatro India per quattro settimane. Era un istintivo e un grande uomo. Gli ho sempre dato del lei, lo chiamavo Maestro. Una delle persone più generose che ho conosciuto nel nostro ambiente. Ma anche Michele Placido mi ha prodotta e Mario Martone. E Nanni Moretti ha programmato quattro settimane il mio film nel suo cinema. Angelo Barbagallo che ha creduto in N-Capace. Ho sempre avuto sostenitori. Ora anche Antonio Calbi direttore del Teatro di Roma, mi ha proposto di realizzare un nuovo atto unico, dEVERSIVO, che debutterà a marzo al Teatro India.

 

I.G.: Tutto il tuo processo creativo si fonda su una struttura portante ben definita e lo spettatore è sempre costretto a confrontarsi con l’acidità delle cose quotidiane. Siamo tutti ossessionati dalle immagini, dagli oggetti che ci circondano. Come hai raggiunto questa precisione nella divagazione?

Eleonora Danco: La mia scrittura può sembrare istintiva ma è frutto di lavoro ossessivo.  Ho sempre messo al primo posto le idee. E questo comporta delle scelte. Anche personali.

 

I.G.: L’espiazione è un topos che ritorna spesso nella impostazione delle tue scene. Cosa significa “espiare” a teatro, nell’atto performativo?  Perché e di che cosa ci sentiamo colpevoli?

Eleonora Danco: Non ho chiaro niente quando scrivo. Lavoro su personaggi che metto in posizioni estreme. Non ci sono formule per trattare l’uomo. Mi baso sull’inconscio dei personaggi. In questo modo lo spettatore riesce a vedere la loro intimità: possono far ridere o piangere, ma si muovono dentro una tensione di cui non sono consapevoli.

 

I.G.: La dimensione fisica è molto importante nella composizione. Anche se ammaccato o irrigidito, il corpo non è mai sottoposto ad una sofferenza intima estrema, anzi, l’estremo appare proiettato fuori dal corpo quando arrivi alla scena. C’è molta violenza nel nostro tempo. Nel teatro, secondo te, come si reagisce alla violenza?

Eleonora Danco

Eleonora Danco: La violenza è sempre esistita. Mio padre da adolescente stava sotto le bombe.  La violenza c’è anche nei rapporti umani. La violenza può essere riutilizzata come forma espressiva. Il corpo è colore, tela, evocazione vivi e morti. Fantasmi e marciapiede. L’attore autentico riesce a togliere se stesso come oggetto di attenzione e allo stesso tempo riesce ad essere l’esplosivo, la cosa deflagrante. L’arte è erotica perché è in movimento . È vita. Non la copia della vita, la sintesi, l’essenza.  Quando riesce è sorprendente .

 

I.G.: Il tuo primo lungometraggio è N-Capace. Qual è stato il processo creativo?

Eleonora Danco: Ho lavorato molto, come per tutti i miei lavori. Ho avuto la fortuna e il privilegio di lavorare nella mia prima esperienza per il cinema con bravissimi collaboratori, che mi hanno permesso di ottenere il meglio da questa esperienza.  Anche Markus Acher dei Notwist, ad esempio, ha composto delle musiche stupende per il film.

 

I.G.: Possiamo definire N-Capace come la soglia più alta di tutto il teatro, tutta la scrittura, tutta la poesia che hai costruito in questi anni?

Eleonora Danco: Ho avuto un approccio selvaggio con il film. Non pensavo di fare la mia somma piuttosto di rompermi tutta, l’unico modo per divertirsi. Rischiare senza poter tornare indietro mi dà adrenalina, mi costringe a vedere. La vita è più complicata. Per ogni lavoro riparto da zero. È faticoso ma è un modo per rimanere vivi.

 

I.G.: La solitudine è un altro topos nelle tue storie. Perché siamo e ci sentiamo così soli?

Eleonora Danco: Non lo so davvero. Non mi siedo a tavolino e scrivo della solitudine. Non mi interessano gli altri come qualcosa da comprendere. Tratto dei personaggi che vagano, ma sono pieni di vitalità.

 

I.G.: In N-Capace c’è un forte attrito tra il dialetto romano, la cadenza romanesca e l’italiano. Sono immediatezze diverse, qual è il lavoro alla base di questa stratificazione linguistica?

Eleonora Danco

Eleonora Danco: La vita. Stare in mezzo alle cose, è il rapporto con il tempo che determina la sintesi, quella cosa che si chiama linguaggio è un suono.  Creare delle atmosfere dove gli altri si possano riconoscere. In modo diretto.

 

I.G.: Un aspetto interessante è nella conduzione del gioco narrativo: spesso entri ed esci dalla dimensione del dramma mentre sei in scena, succede anche in N-Capace. Lo straniamento è faticoso, ma come lo costruisci?

Eleonora Danco: Mi piace prendere a calci quello che faccio. Quando vedo che viene bene, lo rompo tutto fino a che non sento la tensione sbilanciata delle cose. Sono processi lunghi. Far uscire le cose non è semplice, ma è in quella lotta in quel conflitto che non devi mollare. Spingere il pedale con te stesso. Mantenere il  livello di scoperta costa. Devi pretendere ogni volta di più.

 

I.G.: Quali sono i progetti a cui stai lavorando?

Eleonora Danco: Un documentario per la tv a cui tengo molto, il nuovo film che sto scrivendo e il mio nuovo spettacolo in teatro dEVERSIVO.  Non dovrei uscire di casa per i prossimi tre mesi.

 

Written by Irene Gianeselli

 

 

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