“Der Rosenkavalier” opera di Richard Strauss: il Maestro Mehta ritorna al Teatro alla Scala a Milano
Continuano gli appuntamenti di Zubin Metha nella città lombarda, impegnato a dirigere, dal 4 giugno al 2 luglio al Teatro alla Scala, il capolavoro di Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, con il regista Harry Kupfer e lo scenografo Hans Schavernoch. L’opera che racconta il passato, proiettata nel futuro, è sempre attuale e piena di spunti riconducibili al presente.

Assistere all’arrivo sul podio di Zubin Mehta, due giorni fa, è stato emozionante per due ragioni. La prima è legata, comprensibilmente, alla grandezza del Maestro e alla sua carriera straordinaria.
C’è stato però qualcosa, in quei pochi secondi del suo incedere sicuro e cauto, che ha reso più interessante il concetto di tempo dell’opera che avrebbe diretto.
Presentata per la prima volta nel 1904, Der Rosenkavalier è un’opera lirica in tre atti che mette in scena la fine della Vienna Imperiale, il tramonto di un’epoca e il tempo che passa.
La passione tra la matura Marschallin, figura nobile inizialmente forte e sensuale, e lo spensierato Octavian, verrà insidiata dalla giovanissima Sophie, che il padre Faninal, in cerca di titolo nobiliare, ha promesso in sposa al Barone Ochs, uomo grossolano e totalmente privo di scrupoli.

L’opera in sé è un omaggio alla capitale austriaca, al suo passato glorioso, alla cultura che nei secoli l’ha avvolta, all’eleganza che da sempre la contraddistingue. Il tempo, dicevamo, è una delle ragioni principali per cui l’opera risulta molto originale: pensata e ideata poco più di un secolo fa, è ambientata nel Settecento ma è largamente proiettata nel secolo successivo, al periodo di transizione che anticipa la fine di un’epoca per Vienna.
Non si spiegherebbe diversamente l’uso massiccio che Strauss fa del valzer: la danza più celebre, infatti, riconducibile alla capitale austriaca, si imporrà alla cultura viennese soltanto il secolo successivo.
La scelta dei luoghi in cui si susseguono le vicende dell’opera, inoltre, avvalora l’importanza dell’aspetto spazio-temporale. Con le immagini proiettate sul palcoscenico – la vista della reggia imperiale dalla dimora della Marschallin nel primo Atto, la casa dei “nuovi ricchi” di Vienna nel secondo, e il Prater, il parco principale della città nel terzo, vengono immortalate in sequenza le istantanee di una storia che evolve inesorabile.

Dal tipico luogo di un mondo aristocratico destinato presto a perdere le rigidità e gli sfarzi al momento ancora in voga, si passa al mondo della borghesia arrivista, che compra titoli nobiliari e si insedia, di diritto, nell’apparenza effimera tanto agognata. Per sancire, infine, la conclusione delle peripezie a cui i protagonisti vanno incontro, in un luogo neutro ed “esterno” rispetto ai primi due. Esterno perché si svolge all’aria aperta, oltre che per l’abissale distanza con cui il finale decreta il passaggio al mondo nuovo.
La figura chiave che sancisce l’inizio di nuovo capitolo, nel finale, è tutta nel personaggio della Marschallin, nella dignità di una donna che ha il coraggio di prevedere, non senza una profonda tristezza e malinconia, l’inizio di un amore che potrà vivere il suo tempo, lontano anni luce dagli orpelli del passato. Impressionante la forza della modernità che si gioca nell’austerità di un automobile che accompagna l’uscita dalle scene dei suoi rappresentanti ormai superati.
Gli applausi e il calore del pubblico per il Maestro Mehta hanno riconosciuto la precisione di un’esecuzione risultata particolarmente emozionante ad ogni passaggio al valzer, spensierato e maestoso nel raccontare l’incedere implacabile del tempo che avanza.
Written by Irma Silletti