“La nave delle anime perdute” di Alberto Cavanna: l’ultima nave negriera selezionata al Premio Bancarella 2016

“La nave aveva infine completato la sua metamorfosi e, come una larva enorme genera un insetto immondo e repellente, aveva infine assunto il suo vero aspetto, orribile e annichilente, di un qualcosa che in ogni lingua veniva chiamato in modo sinistro: barco negrero, navire négrier, Guineaman, slave ship, Sklavenschiff… Tutti nomi che si riconducevano a una sola, abominevole realtà da incubo: una nave negriera.”

La nave delle anime perdute

Si è aggiudicato il Premio Selezione Bancarella 2016 il romanzo “La nave delle anime perdute(Cairo Editore, 2016) dello scrittore e saggista Alberto Cavanna. È infatti nella sestina che si è distinta fra le 1200 segnalazioni dei 200 librai indipendenti, coinvolti nel prestigioso riconoscimento letterario.

Ispirata all’ultimo viaggio documentato di una nave negriera – che deportò dall’Africa alle Americhe, per ridurli in schiavitù, milioni di uomini, donne e bambini –, l’opera ci ricorda un olocausto. Perché ci sono state tante tragedie che hanno cambiato la storia dell’umanità. Alcune forse meno note, ma non per questo meno aberranti.

Il romanzo è un insieme di fatti storici e personaggi realmente esistiti, così come di situazioni frutto di fantasia. In particolare, viene evocato il caso della nave Amistad, di cui ricordiamo il film diretto da Steven Spielberg nel 1997.

Documentati e reali, come l’autore ci tiene a precisare, sono sicuramente i maltrattamenti subiti dagli africani durante le deportazioni. Abituati a vivere nei loro villaggi e non avendo mai viaggiato, essi credevano che le navi portassero via l’anima – un po’ come le macchine fotografiche per gli aborigeni.

Legati ed incatenati come bestie nelle stive; ammassati l’uno sull’altro senza potersi muovere, essi avevano diritto ad un’unica uscita giornaliera sul ponte, per essere lavati. Immobili per traversate che duravano anche dei mesi, perdevano del tutto il tono muscolare; picchiati e seviziati ad ogni minimo accenno di “vitalità”.

Nonostante questo sia un giusto tributo alla memoria, affinché nessuno dimentichi, lo stesso autore dichiara di avere omesso alcuni particolari, perché troppo cruenti, e di come, di fronte a certi argomenti, sia impossibile rimanere insensibili.

Una prosa lucida, scarna di virgole, rende il tutto più evocativo e ci catapulta nella vicenda.

Alberto Cavanna

Il protagonista è Giovanbattista Parodi, erede di una famiglia della borghesia armatoriale genovese, medico di bordo della Regia Marina. Disertore dopo il disastro della battaglia di Lissa (20 luglio 1866), viene costretto dal padre ad andare per mare, onde evitare il disonore e di incappare in sanzioni legali. Il giovane, in realtà, nasconde il trauma di un evento doloroso che si svelerà nel corso della storia.

A Marsiglia, gli viene offerta l’opportunità di imbarcarsi sul Neptuno, un veliero comandato dallo spagnolo Blanco. Al giovane medico, prima di prenderlo con sé e la sua ciurma, l’ambiguo capitano dichiara di commerciale in armi e avorio.

La destinazione dovrebbe essere Cuba, ma allora perché – si chiede il protagonista, ad un certo punto – la nave rimane a costeggiare per giorni le rive a sud dell’Africa?

Il clima d’inquietudine genera tensione, fino a quando tutto diventa chiaro. In realtà, si commerciano schiavi, che vengono imbarcati con la forza, per essere venduti in America. Il medico ormai non può più abbandonare la nave e, sebbene non approvi, non può far altro che assistere quella povera gente, cercando di alleviare le loro sofferenze.

Fino a quando conosce Nyatà, la donna che farà la differenza. Lei, con la sua estrema dignità, gli insegnerà che si può essere liberi anche in catene.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

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