“Mete”, secondo album della band Niente: un’autobiografia musicale carica di pàthos
Spesso durante le mie recensioni mi trovo a descrivere le emozioni che una band o un cantautore sono in grado di trasmettere attraverso la loro musica ogni artista è di per sé una sorta di predicatore, un narratore d’anime, un giullare di corte pronto a intrattenere i commensali attraverso i suoi racconti, le sue parole in rima, i suoni che emanano.

Oggi parlo di te, amico mio, romagnolo d.o.c, di te che ti definisci niente, di te che ti fai chiamare Niente e parlo di questo tuo secondo album Mete, uscito a febbraio di quest’anno. Ti scrivo come se la mia non fosse una recensione bensì una lettera aperta al destinatario, nella quale non posso fare altro che elogiare il lavoro, il suo essere così maledettamente malinconico e al tempo stesso così british rock.
Mirko Paggetti (chitarra voce), Mauro Casadei (batteria), Federico Valgiusti (chitarra) e Nicolas Nanni (basso): tutti figli di un mondo underground in cui sono le vostre esperienze di vita a creare gli artisti che siete oggi.
Mete si presenta nell’immediato come un’autobiografia musicale, come se stessimo scrivendo un diario personale su pentagramma; il vostro karma non è cambiato e la strada che avete intrapreso è ancora identica.
Ascoltando le vostre prime composizioni tratte da E pensare che tutto scorre (2014), mi ritrovo piacevolmente colpito dal constatare che siete esattamente gli stessi protagonisti di allora, con la medesima voglia di fare e raccontare la vita che ci circonda.
Testi scarni ma carichi di pàthos, parole semplici per un linguaggio lineare che sfugge a banalità ed eccessiva sofisticatezza per toccare tematiche profonde in grado di arrivare dritte al cuore, inaspettatamente.

Sonorità prettamente britanniche a ricordarmi nomi celeberrimi del calibro di Coldplay, Verve e Oasis; semplici paragoni i miei ma per certo posso parlare di unicità, di lavoro di gruppo, di amicizia. Solo un altro artista emergente (e lo ha fatto su di un palco d’eccezion, quello di Sanremo) mi ha colpito come avete saputo fare voi: Moltheni. Un augurio per il futuro? Spero proprio di sì..
Unicità dicevamo, trasmessa anche dalla sonorità dei brani, mai noiosi o invadenti bensì paragonabili a quei medicinali a rilascio lento. Diresti che non hanno effetto e invece, poco dopo..
Mete, omonimo singolo tratto dall’album, è rappresentazione perfetta di ciò che significa lasciarsi cadere giù per poi sorprendersi a volare, grazie ad un riff timido che va in crescendo e che, attraverso chitarra ossessiva e batteria non greve, mi accompagna per mano in un viaggio introspettivo.

Album potente, scorrevolissimo, quasi ipnotico nelle tonalità vocali medio-alte usate da Mirko, energico e dirompente in brani come Il dopo o Resistere a luglio, in cui si parte con un basso a cullare per arrivare a chitarre distorte simili a colpi di frusta, a ricordare che qui non ci si annoia, qui si parla sempre e comunque di rock ‘n’ roll.
Il vostro nome d’arte, Niente, può far sorridere, può indurre a pensare ad un lavoro scarno e privo di idee, ad un’interpretazione nichilista e arrendevole dell’esistenza. È il contrario, esprimendo appieno il concetto di assoluto, di universale, ciò che siamo in una più ampia visione, ovvero niente e tutto nello stesso momento.
Pàthos, la capacità che un’opera d’arte, anche musicale o figurativa ha di suscitare, con la potenza drammatica in essa contenuta, intensa emozione affettiva e commozione estetica.
“Ma le fiamme che mi consumano non basteranno a bruciarmi quando sarò cenere…“, “saprò rinascere e ricominciare…”
Written by Giuseppe a.k.a. Dj4Enemy
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