“Vedo vivere, non vivo – Pensieri sull’arte” di Felix Vallotton: come le emozioni possono scandire un’esistenza
“Quale spiegazione offrire? Nessuna. Osservare a lungo, e lasciar accadere. Non indugiare nella ricerca di qualità che vengano giudicate secondo il metro comune. Riempirsi gli occhi, il cervello, il cuore, e passare ad altro. Una volta raggiunta la calma, la vanità di qualsivoglia giudizio diventa palese. E si tace.”

Libretto di pregiata fattura, edito in sole duemila copie singolarmente numerate, da Via del Vento Edizioni (Testi inediti e rari del Novecento), novembre 2015, “Vedo vivere, non vivo, Pensieri sull’arte”, a cura (e traduzione) di Marco Alessandrini, è una raccolta di testi inediti del poliedrico artista svizzero Felix Vallotton. Pittore, xilografo, scultore, scrittore, Vallotton nasce a Losanna nel 1865; vive a Parigi e lì ha l’occasione di frequentare i luoghi più importanti per l’arte e la cultura di quegli anni.
Ecco che incontra alcuni tra gli artisti più influenti e discussi, sono gli anni degli impressionisti, dei puntinisti, dei futuristi, dei Nabis, gruppo di artisti parigini dell’avanguardia post-impressionista, attivi nell’ultimo decennio del diciannovesimo secolo. Sono anni di grandi cambiamenti ed innovazioni: questi i principali avvenimenti protagonisti degli scritti di Valloton il quale si rende conto che l’arte si trova in una fase molto particolare, tanto da poter contestare chi ancora presentava opere troppo ‘artefatte’, troppo pensate e non espressione dei sentimenti come avrebbe preferito. Vediamo quindi esaltato l’olandese Rembrandt, una sorta di punto di riferimento, e Holbein, colui che raffigurava la realtà come la osservava nel profondo, non lasciandosi ingannare dal primo sguardo ma andando oltre.
Significanti poi le lettere al fratello Paul, titolare di una galleria d’arte nella città d’origine, al quale scriveva con la speranza di ricevere in ricambio parole amiche, rassicuranti, in particolare in seguito alla confessione dell’affetto provato per l’operaia aiutata dalla sua famiglia e alla perdita improvvisa di questa.
Non mancano poi le polemiche riguardo le modalità di insegnamento (e in particolare facendo riferimento alla religione come disciplina) che secondo Vallotton non erano sufficientemente incisive per la vita degli studenti che si sarebbero fatti uomini.
Tra le riflessioni troviamo poi nominato quel Cezanne che tanto faceva discutere gli intellettuali i primi anni del Novecento. Un artista enigmatico, di non semplice comprensione, mai scontato ma non per questo meno degno di lode. Ecco quindi parole di elogio per gli impressionisti, per la loro arte rivoluzionaria. E collegato a questo discorso le considerazioni sugli amatori dell’arte e le loro condotte rivolte alla passione, più o meno forte, per l’arte.

“In effetti, questo è uno dei punti curiosi della questione: l’Amatore è il frutto di una germinazione spontanea. Un tizio che ha fabbricato bretelle per trent’anni, e che nella sua vita non aveva mai veduto un dipinto, si risveglia bruscamente, scoprendosi Amatore. La cosa accade in genere intorno alla cinquantina, come il conferimento della Legion d’onore a coloro che non abbiano alcun merito particolare.”
Vediamo scaturire nella parole di Vallotton una sorta di pessimismo insito nell’anima, la pittura, l’arte, sono per lui ragione di vita e forza motrice di un’esistenza che, negli ultimi testi del volumetto, mostrano la sua consapevolezza di essere giunto a maturità piena, con alcuni rimpianti ma sempre appassionato e legato a quelle emozioni che, per quanto troppo spesse negative (guidate da periodiche crisi depressive), lo condussero a quella unicità che lo ha reso immortale tra gli immortali.
Ancora una volta la Via del Vento Edizioni propone pagine preziose, piccole opere d’arte a sé stanti, per conoscere meglio un artista, le impressioni e l’importanza di un’intera epoca.
Written by Rebecca Mais
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