Premio Oubliette per la Sezione Cortometraggi della Biennale MArteLive 2014: vince “Margerita” di Alessandro Grande

La Biennale MArteLive si è conclusa con successo lo scorso 28 settembre 2014. L’evento, nei sei giorni della sua durata, ha registrato oltre trentamila presenze nelle quarantadue locations degli otto comuni del Lazio che hanno aderito al progetto.

Oubliette Magazine come mediapartner di MArteLive ha promosso l’evento con recensioni ed interviste ad alcuni degli oltre novecento artisti coinvolti. Inoltre è stato istituito un premio speciale per la sezione “Cortometraggi” che prevede una critica del cortometraggio.

Ecco i corti finalisti: “Non è successo niente” di Chantal Toesca, “SenzAria” di Massimo Loi e Gianluca Mangiasciutti, “America” di Alessandro Stevanon, “Shame and glasses” di Alessandro Riconda, “Enfasi mistica di un amore oscuro” di Gianluca Morini, “L’impresa” di Davide Labanti, “Try and see” di Giacomo Pecci, “Margerita” di Alessandro Grande, “Amir” di Jerry d’Avino, “Chewing gum” di Adriano Giotti, “37°4S” di Adriano Valerio, “Cusutu n’ coddu” di Giovanni La Parola, “George” di Luisa Galdo,”Dreaming Apecar” di Dario Samuele Leon, “Io vedo i mostri” di Federico Alotto.

Non è stato semplice assegnare il premio al Miglior Cortometraggio  in quanto tutte le opere finaliste erano di ottima fattura. La giuria Oubliette ha decretato “Margerita” di Alessandro Grande vincitore della sezione, una menzione speciale è andata a Giovanni La Parola per “Cusutu n’coddu” ed a Dario Samuele Leon per “Dreaming Apecar”.

Alessandro Grande scrive e dirige con sensibilità la storia di Efrem, un giovane Rom – interpretato da un espressivo Ionut Constantin – che sopravvive borseggiando frettolosi pendolari sullo sfondo di una città distratta e lontana.

Sono gli occhi scuri insondabili del giovane protagonista ad accompagnarci in quello che è un “viaggio di formazione” molto originale: Efrem non può sfuggire a quello che diventa un suo dovere, il primo furto in appartamento della sua carriera di ladro, potrà invece conoscere se stesso proprio “studiando” la sua vittima. Così attraverso quell’osservare, quell’aspettare, quello studiare la vita della violinista (Francesca Valtorta) il protagonista finirà per scoprire il proprio desiderio di condivisione.

Il percorso di Efrem verso la ricerca della gioia di vivere e di conoscere è guidato, per così dire, da una figura che nella favola classica identificheremmo con il personaggio dell’aiutante: Moni Ovadia è il maestro di Efrem, un uomo di Teatro che insegna e lavora con i Rom.

La narrazione affida a dettagli fortemente simbolici il compito di esprimere una tensione che si scioglie disvelando le intenzioni del regista solo nel finale e scorre senza inciampi colpendo lo spettatore con un messaggio coraggioso, lontano dalla retorica: sarà proprio la musica del violino ad abbattere il pregiudizio razziale e l’incomunicabilità, ad avvicinare due culture, due persone completamente differenti per vissuto e formazione, quali appunto sono Efrem e la violinista.

La fotografia di Francesco Di Pierro con i suoi toni neutri rende l’atmosfera incerta e sospesa. Le musiche originali di Gianluca Sibaldi, fortemente evocative e coinvolgenti, sono il fulcro attorno al quale ruota la storia: in un momento in cui l’arte è considerata marginale o di nicchia, riscoprire in soli quindici minuti come il cinema, il teatro e la musica siano il mezzo per incontrarsi, superare pregiudizi e costruire insieme anche solo un piccolo momento di poesia è assolutamente importante.

 

Written by Irene Gianeselli

 

 

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Premi Biennale MArteLive 2014  

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