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“Donne senza fede”, di Daniela Montanari: l’educazione che ha condotto la donna a cercare un marito e la fede

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Donne senza fede“. Daniela Montanari, scrittrice, recensioni sta e attrice, predilige una scrittura tutta al femminile, ponendo al centro del suo testo la psicologia di donne che, come sappiamo, è di gran lunga più complessa di quella maschile, perché vive contemporaneamente entro più dimensioni emotive e temporali, sicché si viene a creare un flusso di coscienza che mette le protagoniste dell’agile ma profondo testo di fronte allo specchio della loro  identità dispersa e ritrovata.

Il titolo gioca sul doppio senso, “fede” intesa come anello nuziale e “fede” come proprio credo su questa terra. Proprio l’educazione impartita  conduce poi la donna a cercare un marito che le metta la fede;  essa è la responsabile di molte vite fallimentari, che perdono di autenticità e sacrificano sull’altare del matrimonio il palpito profondo dell’essere donna.

Una scrittura al femminile, ma non “rosa” per fortuna, genere che aborro, benché trovi che ci sia un’insistenza eccessiva sul tema dell’amore nel primo dei quattro racconti che compongono il testo. Quattro racconti ben dosati e coerentemente articolati il cui centro è la donna con il suo ancestrale bisogno di mettere radici.

Sicché nel primo racconto “Lettere tra le mani” il sentimento viene affidato a pagine di diario tenuto da un ragazzo appena diciottenne, con tutto il portato di indecisione della sua giovane età. Che cosa succede se in un’età bella ma critica come la sua, scartabellando tra le carte del padre, trova le lettere della sua amante?

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Attraversa una rosa di sentimenti conflittuali e dall’iniziale odio passa alla curiosità e poi al desiderio di incontrare l’amante del padre, così innamorata anche di lui che pur non conosce. Sì, perché i sentimenti di una donna si proiettato a tutto tondo coinvolgendo e abbracciando il suo amore nell’interezza della persona e delle cose e degli affetti che gli ruotano attorno.

L’uomo calcola, divide, seziona, ragiona, la donna ama incondizionatamente e non innalza palizzate di intelletto o sovrastrutture a difesa di sé, ma si getta interamente nell’amore fino a soffrirne terribilmente e a farsi male. A volte consegue l’oggetto concupito e si identifica con esso nella piena del sentimento e con questo oggetto parla apertis verbis senza nulla nascondere in un totale cedimento di fronte alla prepotenza della passione amorosa.

Il racconto in forma epistolare sviscera la psicologia femminile, che scrivendo chiarisce se stessa, il suo Sé, i suoi sentimenti più reconditi in un disvelamento costante e proficuo della sua dimensione più autentica. Quando l’amore consegue simili vertici si fa vertigine del pensiero e piega l’altro fino a fargli percepire l’aspetto totalizzante di un sentimento vissuto fino in fondo.

Apprezzo molto il genere epistolare e trovo che sia una tecnica efficace per esprimere l’ineffabile dell’amore; in questo riconosco alla Montanari una dote non comune di capacità comunicativa, anche se avrei evitato qualche tono melenso di troppo.

Comunque l’autrice si dimostra senza dubbio abile nel tenere le fila di quattro racconti che trovano nella psicologia femminile il filo rosso di una narrazione sempre controllata, senza perdere mai di vista l’obiettivo propostosi: la consapevolezza che solo l’amore e la chiarezza interiore curano le malattie dell’anima e del corpo, in una visione olistica che ampiamente condivido.

Nel secondo racconto infatti “ Un nuovo rosso” abbiamo Anna a confronto con un letto di ospedale, un cancro, l’asportazione dell’alveo della sua fertilità. Si inserisce la figura di Ilenia, la psicologa brava e intuita che la invita a rivedere la sua vita per risalire alla scaturigine del male, perché il corpo ammala quando dentro di noi si rompe un equilibrio psichico. Su Anna infatti pesa il suo rapporto interrotto col marito e col figlio, militante di un movimento di destra; questo no! È troppo per lei, di sinistra per tradizione familiare.

Ad un’agenda affida il compito di parlare col figlio e di riallacciare il filo del discorso spezzato, compiendo il faticoso travaglio che la fa transitare dalla dimensione di figlia a quella di madre:Francesco, non va bene niente nella mia vita, non mi è andato bene il matrimonio, non va bene la salute, non mi vai bene neanche tu. Scusami, volevo dire che non mi va bene il modo in cui ti amo, che non riesce a farci avere un rapporto sereno. Le tue manie di diventare un giustiziere della notte, di rivoluzionare il sistema politico, di mettere a soqquadro sanità e scuola, non riesco a prenderle come necessità di sentirti adulto. Lo sai, ormai, un po’ per vizio, prendo tutto come un affronto. Ti devo parlare Francesco, ti devo raccontare perché mi sono ammalata. Perché a un certo punto non ho retto. Perché non riusciamo più ad avere un dialogo. Perché ci siamo perduti. Perché non sono più sposata con tuo padre. Perché non ti ho mai raccontato di tuo nonno.

L’autrice abbraccia così la tesi condivisibilissima che quando ammala l’anima il corpo non può che andarle dietro e che solo ricostruendo il ponte che lega il passato al presente si possano suturare le ferite e accedere ad una condizione di benessere psicofisico. Il nuovo rosso è il colore della vita che ritorna, della passione che rinasce dei rapporti affettivi che si riconsolidano.

Nel terzo racconto “Sensitiva”protagonista è Elisa, una donna poco consapevole di sé tant’è che ricorre ad una maga di tarocchi per riportare a sé l’amore perso. Pregevole la descrizione di Roma e di Piazza Navona. Non senza elementi di ironia, come nell’excipit, la maga rivela alla protagonista i suoi limiti: ella rincorre amori impossibili per mancanza di autocoscienza. Mi sembra che il “conosci te stesso” di derivazione greca giochi un ruolo fondamentale in tutti i racconti del testo.

Il Quarto racconto “ La lucciola” è una rimembranza dei luoghi dell’Appennino Tosco-Emiliano in cui la protagonista ha trascorso la sua infanzia nella “casina”. Paesaggi, profumi,amici, parenti, familiari si affollano nel suo ricordo di donna che tutto trattiene come un tesoro di inestimabile valore, come di valore è il racconto, il migliore, a mio avviso della raccolta.

Tutto è sinfonia di suoni, colori, immagini soffuse seguendo un ritmo naturale e spontaneo che è quello del ricordo, la dimensione a cui una donna rimane radicalmente attaccata, perché la donna è per me sostanzialmente ricordo.

Da donna non posso che compiacermi per l’opera di Daniela Montanari che, pur trattando un tema abusato, quale la psicologia femminile, riesce a creare un’opera dai tratti di non comune originalità.

 

Written by Giovanna Albi

 

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