“L’amore alla fine dell’amore”, libro di Vito Bruno – recensione di Fiorella Carcereri

Vito Bruno è nato a Taranto e vive tra Roma e la Puglia. Ha vinto il premio Cesare Pavese  con “Cirlé ed altri racconti” (Feltrinelli, 1995) ed il premio Selezione Campiello con “Mare e mare” (E/O, 2000). Ha inoltre pubblicato “Domenica ti vengo a trovare” (Marsilio, 2003), premio Melfi, e “Il ragazzo che credeva in Dio” (Fazi, 2009).

Vito Bruno ritorna con “L’amore alla fine dell’amore” pubblicato da Elliot nel 2010.

Questo romanzo è una sorta di lettera aperta dalla parte di quei padri ai quali, molto spesso e senza una ragione valida, viene negato l’affidamento dei figli. Con rabbia e incredulità l’autore è costretto a prendere atto che “per la legge in Italia esiste ancora la grande madre mediterranea, quel folkloristico ed improbabile ‘angelo del focolare’ che ormai si vede solo nei film in bianco e nero degli Anni Cinquanta”.

Il matrimonio si sgretola, la moglie se ne va. E lui le parla, nel suo dialogo immaginario: “Non mi amavi più, e cos’è l’amore coniugale se non un principio a cui uniformare tutte le cose della vita? Un criterio per dominare la frammentarietà dell’esistenza? L’amore per un marito o una moglie questo è: un atto d’imperio, la presunzione di risolvere il caos dell’esperienza quotidiana con una semplice presa di volontà”.

Pur amandola ancora profondamente, cerca di farsene una ragione: “Se a certo punto l’amore è finito, non posso rimproverarti nulla. Riprenditi la tua libertà. Basto io a custodire quello che è stato”.

Ma alla fine dell’amore c’è un altro amore, ancor più grande del primo, quello per il figlio che potrebbe non rivedere più. Ritornare in una casa vuota e silenziosa, piena di ricordi, la stessa che è stata fino all’altro ieri un’isola felice, fa male da morire.

Ho messo a fuoco l’unica fotografia rimasta al suo posto, nella libreria: quella di mio figlio che ride …E’ bellissimo… Sì, in questa casa avrebbe continuato ad abitare il mio bambino…”.

Ed è questo l’amore che il protagonista non è disposto a perdere, a nessun costo.

Lo sai che non dormo più. E’ da mesi che, per sfuggire a me stesso, con l’aiuto di una mezza pasticca mi tuffo nel sonno. Ma il sonno non mi vuole. Mi illude con un abbraccio frettoloso e poi mi risputa sulle lenzuola… E mi ritrovo punto e da capo…Già solo sfiorare il pensiero che tu possa togliermi mio figlio mi pietrifica. Immaginarlo come plausibile, anzi, realisticamente molto probabile, quasi certo, mi uccide”.

Gli avvocati gli hanno spiegato che la legge decide ed agisce con un unico obiettivo: la tutela dei minori. Ma quest’uomo che non sa e non vuole rassegnarsi si chiede, ancora una volta, con grande amarezza:

Far sparire dall’oggi al domani un uomo dal proprio orizzonte domestico per buttarlo fuori dalle sue coordinate esistenziali, lontano dall’affetto dei figli, vuol dire tutelare i figli?”.

 

 Written by Fiorella Carcereri

 

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