“Voce di Donna” poesia di Antonia Pozzi: la fiducia che dai alle cose
Di seguito si potrà leggere la poesia intitolata “Voce di Donna” della poetessa Antonia Pozzi ed una breve biografia.
“Voce di Donna”

Io nacqui sposa di te soldato.
So che a marce e a guerre
lunghe stagioni ti divelgon da me.
Curva sul focolare aduno bragi,
sopra il tuo letto ho disteso un vessillo,
ma se ti penso all’addiaccio
piove sul mio corpo autunnale
come su un bosco tagliato.
Quando balena il cielo di settembre
e pare un’arma gigantesca sui monti,
salvie rosse mi sbocciano sul cuore.
Che tu mi chiami,
che tu mi usi
con la fiducia che dai alle cose,
come acqua che versi sulle mani
o lana che ti avvolgi intorno al petto.
Sono la scarna siepe del tuo orto
che sta muta a fiorire sotto convogli di zingare stelle.

Antonia Pozzi nasce a Milano il 13 febbraio del 1912 ivi muore il 3 dicembre del 1938.
Nel 1930 Antonia Pozzi si iscrive alla facoltà di filologia dell’Università statale di Milano, nel 1935 si laurea con una tesi sul poeta Gustave Flaubert.
È assidua nello scrivere nel suo diario, e mantiene contatti con altri intelttuali con l’invio di lettere. Antonia Pozzi coltiva anche la fotografia, si cimenta con lunghe escursioni in bicicletta, progetta un romanzo storico sulla Lombardia, studia il tedesco, il francese e l’inglese.
Ama viaggiare anche se per brevi periodi oltre che in Italia, in Francia, Austria, Germania ed Inghilterra. Il luogo che più ama è la villa settecentesca di famiglia, a Pasturo, ai piedi delle Grigne, nella provincia di Lecco, dove si trova la sua biblioteca e dove studia, scrive e cerca sollievo nel contatto con la natura solitaria e severa della montagna. Di questi luoghi si trovano descrizioni, sfondi ed echi espliciti nelle sue poesie; mai invece descrizioni degli eleganti ambienti milanesi, che pure conosceva bene.
Di seguito alcuni estratti della biografia di Antonia Pozzi appartenenti al testo che si potrà leggere nel sito a lei dedicato (clicca QUI) oppure nel libro da cui è stata tratta intitolato Antonia Pozzi. Nelle immagini l’anima: antologia fotografica a cura di Ludovica Pellegatta e Onorina Dino.
“[…] bionda, minuta, delicatissima, tanto da rischiare di non farcela a durare sulla scena del mondo; ma la vita ha le sue rivincite e […]
[…] Antonia cresce: è una bella bambina, come la ritraggono molte fotografie, dalle quali sembra trasudare tutto l’amore e la gioia dei genitori, l’avvocato Roberto Pozzi, originario di Laveno, e la contessa Lina, figlia del conte Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana e di Maria Gramignola, proprietari di una vasta tenuta terriera, detta La Zelata, a, Bereguardo. […]
Gli anni del liceo segnano per sempre la vita di Antonia: in questi anni stringe intense e profonde relazioni amicali con Lucia Bozzi ed Elvira Gandini, le sorelle elettive, già in terza liceo quando lei si affaccia alla prima; incomincia a dedicarsi con assiduità alla poesia, ma, soprattutto, fa l’esperienza esaltante e al tempo stesso dolorosa dell’amore.
È il 1927: Antonia frequenta la prima liceo ed è subito affascinata dal professore di greco e latino, Antonio Maria Cervi; non dal suo aspetto fisico, ché nulla ha di appariscente, ma dalla cultura eccezionale, dalla passione con cui insegna, dalla moralità che traspare dalle sue parole e dai suoi atti, dalla dedizione con cui segue i suoi allievi, per i quali non risparmia tempo ed ai quali elargisce libri perché possano ampliare e approfondire la loro cultura. […]
La mancanza di una fede, rispetto alla quale Antonia, pur avendo uno spirito profondamente religioso, rimase sempre sulla soglia, contribuisce all’epilogo: è il 3 dicembre del 1938.”
Questi pochi estratti sono stati inseriti per far comprendere al lettore la complessità di questa donna poetessa, non solo con i rapporti con le altre persone ma anche con se stessa e con il dramma della fede. Volendo fare una breve comparazione con un filosofo danese Søren Kierkegaard: il dramma della mancanza di fede è finemente nel suo “La malattia mortale”: l’io che sa di essere un io, successivamente al contatto con l’eterno, non ha voluto per debolezza essere se stesso e si è rinchiuso in quell’atteggiamento che Kierkegaard chiama “taciturnità” e che si manifesta con la ricerca di solitudine ai fini di nascondere agli altri questo dramma, questa disperazione che può portare al suicidio.
“Questa disperazione è di una qualità più profonda di quella precedente e appartiene alla forma di disperazione che si vede più di rado nel mondo. Quella porta finta di cui si parlava più sopra, dietro la quale non c’era niente, è qui una porta reale, ma accuratamente chiusa, e dietro ad essa, per così dire, siede l’io badando a se stesso, impiegando il tempo a non voler essere se stesso, eppure abbastanza io per amare se stesso. Questo atteggiamento si chiama ‘taciturnità’.” – Søren Kierkegaard
Bibliografia
Ludovica Pellegatta e Onorina Dino, Antonia Pozzi. Nelle immagini l’anima: antologia fotografica, Àncora Editrice, 2007
Søren Kierkegaard, La malattia mortale, Newton Compton Editori, 1976
Altre poesie di Antonia Pozzi su Oubliette:
Leggerò “Voce di donna” il 18 Novembre a Cremona, con il Coro CAI presso l’Auditorium del Museo del violino.Ma ancora mi è oscuro il passo che dice:-che tu mi chiami-che tu mi usi-.Vorrei averne maggior comprensione allo scopo di leggere con la certezza di essere capito o quasi.Antonia Pozzi è parte integrante della mia esistenza da tempo e il sottoscritto è un umile messaggero della sua grandezza.Chi può,mi aiuti…grazie.
Ciao Giorgio, ti auguro ogni bene per il 18 e ti ringrazio per il lavoro che fai di trasmissione di questa grande poetessa.
Premetto che non conosco tutta l’opera di Antonia Pozzi.
Però posso darti la mia umile interpretazione: i due versi che citi “Che tu mi chiami/ che tu mi usi” li collego al verso iniziale, quel “soldato” di cui nacque sposa. Interpreto il soldato come il Cristo se ci rivolgiamo all’Occidente. Antonia dunque nacque sposa del Cristo, che la chiama a sé.
Una chiamata che sente con fervore, e quell’essere usata nel riportare le sue parole.
Non so se ti sono stata d’aiuto.