“La ragazza di Bube”, romanzo di Carlo Cassola – recensione di Nino Fazio
Nel 1960 Carlo Cassola è il vincitore del premio Strega con “La ragazza di Bube”. Uno scorcio dell’Italia post-fascista, appena liberata, e di una generazione che, avendo ereditato soltanto macerie, ha tribolato nella ricostruzione, scontando le colpe dei padri. È in questa cornice che i due protagonisti si innamorano e, affrontando varie peripezie, crescono.
Mara Castellucci è una ragazza come tante, civettuola e spensierata come solo a sedici anni si può essere. Figlia di un comunista militante della provincia toscana, perse il fratello maggiore, arruolatosi come partigiano. Bube, al secolo Arturo Cappellini, si reca a Monteguidi per conoscere la famiglia del compagno partigiano morto. Ritornando sempre più spesso, si innamora di Mara, la quale finge di contraccambiare, interessata per lo più a fare sfoggio del nuovo fidanzato e dei regali ricevuti.
Il Comitato di Liberazione Nazionale lotta per la sopravvivenza in un contesto ancora ostile e opera per un regolamento dei conti definitivo con i sostenitori del regime, che ha calpestato per troppo tempo le libertà individuali e la giustizia sociale. L’indole ribelle di Bube sarà la causa di tanti problemi con la giustizia. Travolto dagli eventi, finisce per commettere un omicidio ed è costretto a darsi alla macchia. Mara, che lo ha in un primo momento accompagnato nella latitanza, sente per la prima volta di amarlo, dopo una notte di amore e struggimento.
Un romanzo di formazione nel quale la vicenda si dipana parallelamente alla crescita dei due protagonisti e vi contribuisce. Mara, in seguito all’inattesa piega degli eventi, si sente per la prima volta capace di amare, perdendo ogni cattiveria.
“È cattiva la gente che non ha provato il dolore. […] Perché quando si prova il dolore, non si può più voler male a nessuno.”
Ma il filo che li lega è ancora troppo sottile per resistere alla prolungata lontananza, inframmezzata solo da qualche lettera. A Poggibonsi, dove si reca a prestar servizio presso una famiglia, Mara incontra Stefano, un giovane sensibile e garbato per il quale prova una forte attrazione.
La ragazza è dibattuta tra il primo amore, lontano e sempre più sbiadito ricordo, e la voglia di felicità, da cogliere e assaporare fugacemente, senza pensare al domani.
“- Mara, dobbiamo prendere una decisione.
– Stefano, perché mi tormenti? Si sta tanto bene così…
– Ma dobbiamo pensare all’avvenire.
– Perché? È così bello il presente… Facciamo come in quel film che abbiamo visto… Amami senza domani… Godiamoci l’ora presente, e non pensiamo al futuro.”
Lo stile, semplice al pari della realtà raccontata, è privo di orpelli. Le frasi brevi, spesso intramezzate da dialoghi, favoriscono la resa del repentino susseguirsi degli avvenimenti e degli stati d’animo.
Sebbene la trama sia fortemente incentrata sui turbinii intimi, soprattutto della ragazza, la cornice storica permette all’autore di mostrare il suo rammarico per una Resistenza considerata fallimentare: il comunismo, sebbene movimento di difesa dei più deboli, è infatti quasi più inviso che lo stesso fascismo. L’amnistia Togliatti che riabilita parecchi fascisti viene vista come un vero e proprio tradimento.
Bube, che nel frattempo è stato arrestato, non può godere del condono e viene condannato a quattordici anni di carcere.
Con Bube viene condannata un’intera generazione, rea di aver mandato al macello i ragazzi più avventati e arditi, conservando la propria irreprensibile verginità morale.
“- Bube ne ha colpa fino a un certo punto…Oh, non dico mica per difenderlo. Ma ci sono tanti più colpevoli di lui… che ora sono liberi e non devono preoccuparsi di niente […] Bube c’è stato spinto. Io ero un ragazzo, ma me ne ricordo di queste cose. Quando tornò dalla macchia, siccome aveva fama di essere stato coraggioso… la gente lo metteva su, gli diceva: Vai a picchiare quello. Vai a picchiare quell’altro. Dicevano così perché loro non volevano esporsi. E Bube si sentiva quasi in obbligo, per essere pari al nome che aveva…”.
Si apre così per Mara un bivio: amare Stefano ed essere felice o rischiare l’infelicità rimanendo “la ragazza di Bube”, per il quale ormai rappresenta l’unica ragione di vita?
Written by Nino Fazio
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