Intervista di Pietro De Bonis all’attrice e cantante Chiara Trabolotti

Chiara Trabolotti è nata ad Avezzano (AQ) il 9 agosto 1984, ma vive a Roma. Laureata in “Letteratura, Musica, Spettacolo” presso La Sapienza, si sta specializzando in “Forme e tecniche dello spettacolo”.

Seguiti numerosi stage, “Percorsi d’attore” con Giulio Scarpati, Nora Venturini, Silvia Luzzi, lezioni individuali di canto con Anais Lee, Workshop di sceneggiatura cinematografica con Daniela Ceselli, di doppiaggio con Cesare Barbetti (voce ufficiale di Robert Redford). Annovera interpretazioni in numerosi spettacoli teatrali, “Sogno di una notte di mezza estate” di W. Shakespeare, “Cavalleria Rusticana” di G. Verga, “La tesi di Laura” di M. Testa, e non ultimo “Senza più stagioni” sempre di Massimo Testa. Vanta presenze anche nella TV, attrice/indossatrice nel programma “Casa Rai Uno” con Massimo Giletti, protagonista di diverse puntate del programma “Al posto tuo” (Rai 2) con Lorena Bianchetti, e del programma “Verdetto finale” (Rai 1) con Veronica Maya. Ha ottenuto piccoli ruoli anche nel cinema, nel film “Viva Franconi” di Luca Verdone con Massimo Ranieri. Conduttrice e cabarettista nella trasmissione “Ridere ridere ridere dal Teatro Persio Flacco di Volterra (Rai 3) con Niki Giustini e Graziano Salvadori, di recente ha presentato  “Festival pontino del cortometraggio” VII edizione, “Etruria eco festival 5” con Alex Britti. Attualmente in preparazione le serate romane estive con Paolo Gatti, come cabarettista.

Motivo di vanto è stato imbattermi tempo fa in Chiara. Mi è saltata subito all’occhio oltre il suo fare zampettante mai un istante fermo, la sua voce possente, unita ad un corpo minuto, ma preciso. Avete presente la cantante Giorgia? Beh uguale, una  loquela distribuita a bacchetta sugli accenti, calca d’ardore, senza stonature. Una ragazza che sprizza voglia di fare, la osservo, mi trasmette qualcosa di vero e irrinunciabile, obliato: la sacralità della passione, il rendersi forti e utili tramite quella, ponendo questioni, combattendo paure, ghermendo occasioni di inconcludenza per buttarle nel cesso. Fare quindi del bene.

 

P.D.B.: Ciao Chiara! Una prima domanda semplice semplice, cosa rappresenta il “teatro” nella tua vita?

Chiara Trabolotti: Sicuramente il mio punto di partenza. Una passione nata da quando ero bambina. A sei anni imitavo i personaggi televisivi e poi a scuola il primo vero incontro con il teatro a dodici anni e non l’ho più mollato… Il teatro mi ha aiutato tantissimo a superare le mie insicurezze, a vincere la timidezza, le paure, sì perché il teatro è in grado di fare tutto questo!
Quando sono su un palcoscenico dimentico tutto, vivo il personaggio, sento l’adrenalina a mille e non vorrei trovarmi in nessun’altro posto al mondo.
Non potrei vivere senza.

 

P.D.B.: Però, un amore viscerale! E in quali ruoli ti senti più avvezza? Charlie Chaplin diceva che tutta la sua comicità si basava sul conflitto con se stesso nella sua vita, anche per te quindi è stato così?

Chiara Trabolotti: Amo i personaggi scritti bene… Per me non esiste un ruolo migliore dell’altro, mi piacciono i personaggi caratterizzati da una forte introspezione psicologica, soprattutto quelli distanti anni luce dalla mia indole. Per quanto riguarda il genere, non mi piace fossilizzarmi soltanto sul drammatico o solo sul comico-brillante. Ogni attore dovrebbe saper spaziare da un genere a un altro.

 

P.D.B.: Qual è la prima cosa che ti fa accettare un ruolo piuttosto che un altro? Il messaggio che divulga un personaggio incide sulla scelta? Ci tieni a passare insegnamenti? Avendo appunto la possibilità di parlare con una sola sera a centinaia di persone.

Chiara Trabolotti: Guarda faccio subito riferimento a uno dei testi teatrali che più ho amato e l’ultimo da me portato in scena, mi riferisco a “Senza più stagioni”, atto unico di Massimo Testa. Ho amato da subito il testo e il mio personaggio, quello della madre, dalla forte carica emotiva. Una donna delusa e frustrata dalla vita, con dei tratti di squilibrio mentale. Non ho avuto dubbi nell’accettare, anche se non ho sottovalutato mai la difficoltà nell’interpretare il personaggio di Giorgia.
Per me deve nascere da subito una forte empatia con il copione. Deve essere un “colpo di fulmine”, devo innamorarmi del testo dalla prima lettura.
E’ importante che lo spettatore dopo aver fruito di un’ora-due di spettacolo, deve uscire dalla sala portandosi dietro un messaggio, più che un insegnamento. Solo in questo modo il regista, l’autore e l’attore avranno raggiunto il loro obiettivo, che è quello innanzitutto di emozionare il pubblico e poi di trasmettere appunto dei messaggi.

 

P.D.B.: C’è un passo di “Senza più stagioni” che vuoi regalare al pubblico di Oubliette? Sono previste repliche di questo spettacolo?

Chiara Trabolotti: Ad oggi non so ancora se siano previste repliche di “Senza più stagioni”. L’abbiamo portato in scena una settimana al teatro Petrolini di Roma dal 6 all’11 marzo.
Un testo come dicevo molto forte e intenso, anche nel linguaggio. Questi i passi che preferisco:

“…L’omologazione fa la forza?…No, l’omologazione fa stronzi! Sì, perché è una debolissima forza che proviene dal nulla, priva di cause d’esercizio d’ogni specie, del tipo, l’introspezione, l’esercizio più banale che sia rimasto a chi ancora ha uno straccio di pensiero sotto forma d’assillo, ma più che altro qualcosa che si sviluppi senza un rotto in culo processo di razionalità. 
Non sarebbero in grado neppure di defecare senza poi non specchiarvisi dentro…se ci riuscissero, verrebbero mortificati persino dalla loro stessa merda. Lo chiamerebbero…un puro is-tin-to e in quanto is-tin-to c’è la loro concettualità ragionata. Insomma brave persone del cazzo e basta…”

 

P.D.B.: Wow! Beh, bel passo! Molto vero! Sulla scia del testo, ti senti una brava persona del cazzo e basta?

Chiara Trabolotti: mmmh…sarei un’ipocrita se ti rispondessi di no…voglio dire, nolente o volente siamo tutti in qualche modo omologati al sistema, anche inconsapevolmente, purtroppo e quindi “brave persone del cazzo” (cit.). Credo però di essere dotata di senso critico e di “introspezione” e questo è già qualcosa. Non mi sento migliore di tante persone, sbaglio e anche tanto, ma da brava persona del cazzo che sbaglia con la sua testa…

 

P.D.B.: Hai provato oltre il teatro? Il cinema ti affascina?

Chiara Trabolotti: Ho avuto piccole esperienze nel cinema e nella televisione. Un piccolo ruolo con Luca Verdone e tanta conduzione, anche per la rai. Certo è un mondo che mi attrae anche se il vero amore è il teatro. L’emozione è sicuramente diversa. Trovarsi di fronte a un pubblico in carne ed ossa e percepire il grado di attenzione, di partecipazione dello spettatore è qualcosa che può darti soltanto il teatro, per non parlare poi dell’adrenalina su quelle tavole di legno…
Il cinema è qualcosa di più “tecnico”, non so come dire. é bello pensare che rimarrai lì impressa su quella “pellicola” per sempre e che potranno guardarti tantissime persone, ma il fatto è che è una preparazione totalmente diversa, uno stato d’animo diverso davanti le telecamere. Se ad esempio dimentichi una battuta puoi rifarla, in teatro non è ammesso, puoi ovviare solo con l’improvvisazione perché the show must go on…

 

Chiara è non è come vi avevo detto?

“Quando un’intervista vista l’ora è appena finita, una nuova intervista è appena iniziata. Un’intervista per amare, per sognare, per vivere…”

Written by Pietro De Bonis, in Marzullo

http://pietrodebonis.blogspot.it/

 

 

 

 

 

 

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