La vera storia di Gavino Ledda, liberato da Mozart
Gavino Ledda, è uno scrittore italiano, il cui percorso di conoscenza, è stato particolarmente impervio, tanto da ispirare i fratelli Taviani che lo hanno appunto evocato nel film “Padre padrone”, (1977) .
Gavino, figlio di un pastore sardo, sembra avere un destino segnato da secoli di consuetudine, che lo vorrebbero avvinghiato ai valori di una società retriva, misantropa nel senso che ripudia l’ammodernamento e ogni tipo di miglioria tecnologica e al cui vertice pone dispoticamente l’ennesimo padre-padrone.
Ma Gavino profuma di futuro, un futuro per cui lotterà sin da piccolo per abbandonare quella isola semi-deserta, un angolo di mondo che sì, va tutelato e sconfitto al contempo, negli aspetti che condannano o perlomeno circoscrivono la libertà di ciascuno.
I Taviani, musicofili fino all’inverosimile, decidono perciò di narrare la sua emacipazione attraverso la naturalezza del linguaggio musicale che in questo specifico caso non diviene semplice personaggio (una radio che trasmette il secondo movimento del concerto per clarimetto di Mozart), ma incarna tutte le possibilità di riscatto di un giovane che osa disobbedire a chi gli imponeva di spegnere l’apparecchio.
E sconfiggono così, pacificamente, il silenzio dentro cui era stato rinchiuso Gavino, “una cosa forte, che suona come una campana a morto“, una gabbia ancor più stretta se si pensa che gli era stata imposta sin dall’età di 7 anni, quando aveva cercato di imprigionarlo nella sua stessa ignoranza, impedendogli di frequentare assiduamente la scuola.
Il futuro scrittore, un giorno, ascolta il “Valzer del Pipistrello” da dei passati e, come Giulietta Masina ne La Strada di Fellini, si risveglia, capisce cosa c’è attorno a lui: la Vita, aldilà di quel “tutto”, che deve essere coltivata, a qualsiasi costo.
Ed interiorizza quel motivo come parte di un sogno da afferrare, nella coscienza di un domani non più così lontano ed incarnato in effetti dalla chiamata alle armi a cui Gavino assolve a Pisa, in cui , impara, cresce, si accultura e, una volta tornato a casa, avrà persino la forza di ribellarsi al suo “patriarca”: questo, apparentemente perdente, torna a rifugiarsi tra la sua terra per rincasare solo a pranzo, sulle note del concerto prima menzionato che anticipano il resto della storia.
Gavino, infatti, si rifiuterà di spegnere la radio, anzi, ne alzerà il volume, facendo precipitare gli eventi; ne segue una colluttazione: il padre affoga addirittura la radio nll’acqua.
Per tutta risposta, Gavino, inizia a fischiare dal punto in cui la melodia si era interrotta e canta al mondo intero, non solo aquell’agolo, la sua ribellione.
Di lì, alla nuova partenza per il Continente ed il conseguimento della laurea in Glottologia, il passo è breve: ed è davvero libero, solo chi ha imparato a volare.
Fonte:
http://www.ilcorrieredabruzzo.it/cultura/20109-la-cultura-rende-liberi.html
Tesi di Federica Ferretti in Analisi del Linguaggio Politico: “La metafora del Linguaggio Musicale nella produzione cinematografica dal 1950 ad oggi”, UniTe, 2006.
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