Suggestioni contemporanee al Quadraro: “Nuova Gestione” – Intervista di Antonio Mazzuca a Fabrizio Manzari
Il Quadraro. All’interno di un quartiere periferico di Roma si è svolta una esposizione d’arte contemporanea, patrocinata dall’UNESCO, Roma Capitale e Camera di Commercio di Roma, che ha avuto il merito di spolverare la storia di un quartiere dalla contemporanea difficile integrazione, alveare di storie e ricordi del recente passato antifascista.
Con la mostra “Nuova Gestione” chiusasi domenica 19 febbraio, l’Associazione Sguardo Contemporaneo ha deciso di riscoprire e rileggere la storia del quartiere, allestendo in alcuni negozi sfitti di via dei Quintili a Roma, alcune opere di arte contemporanea che avrebbero dovuto rispettare la storia del luogo, contribuendo alla riqualificazione della zona e stimolando la gente del quartiere e di Roma tutta ad una rilettura del proprio passato antifascista.
Ne parliamo con uno dei coordinatori della mostra, Fabrizio Manzari che lavora presso l’Associazione, e che ci accompagna in questo insolito viaggio da una suggestione all’altra, spiegandoci le ragioni dell’iniziativa.
La lunga memoria del Quadraro
A.M.: Fabrizio, spiegaci le ragioni di questa esposizione proprio al Quadraro.
Fabrizio Manzari: Il Quadraro è stato oggetto di un pesante rastrellamento fascista nel 1944 ed ha nascosto a lungo numerose persone, negli anfratti e nelle grotte accessibili dalle private abitazioni di questa strada. Abbiamo quindi chiesto ai proprietari dei locali sfitti di via dei Quintili e di altre vie vicine, di concederci l’uso degli spazi, ed abbiamo spinto 6 artisti – tutti giovani, tra i 30 e 40 anni e solo 2 romani, precisa- di allestire un’opera d’arte contemporanea rispecchiante la storia del quartiere.
A.M.: Cosa distingue la vostra iniziativa dagli interventi site specific realizzati dall’associazione No Longer Empty di New York?
Fabrizio Manzari: A differenza di No Longer Empty, che promuove l’arte in locali sfitti al fine di trasformarli in gallerie d’arte, la nostra iniziativa punta alla riqualificazione urbana del quartiere in un’ottica di rispetto e riscoperta della storia del locale e del quartiere che lo ospita.
Quando l’Arte svela i segreti della Storia
Con queste premesse cominciamo il viaggio nella riscoperta del passato di un quartiere dai mille segreti. La prima tappa è un locale presso via Filippo Re,6: una stanza spoglia, bianca, ospita un tavolo nero con alcune sedie dalla seduta rotta. Sul tavolo alcune carte con una lettera dell’alfabeto, sono poste in cerchio in ordine alfabetico e una moneta (azionata da un congegno elettrico) si muove fra l’una e l’altra con moto perpetuo e le fa comporre la parola “VedoVedove”.
A.M.: Fabrizio cosa significa quest’opera?
Fabrizio Manzari: Il riferimento è alle vedove dei deportati: l’autore ha immaginato una seduta spiritica immaginaria dove le vedove chiedono allo spirito dei defunti mariti di rivelarsi, e questi lo fa attraverso la moneta. A metà fra l’ironico e il simbolista, l’autore Marco Bernardi interpreta il senso di solitudine del periodo dei rastrellamenti, l’ansia delle donne rimaste sole nel quartiere, ed il loro bisogno di comunicare con la figura maschile assente.
Superato il primo negozio, Fabrizio ci rivela che il Quadraro è stato dominato da una forte presenza femminile negli anni del dopoguerra. Questa presenza è stata interpretata nel secondo locale, attraverso l’opera di Luana Perilli, esperta di insetti, che con una video installazione ha riprodotto sulle alte pareti del nuovo locale, le pagine tratte da alcuni manuali sulla storia delle vespe, ed ha poi realizzato alcune tavolette con altri estratti degli stessi libri.
A.M.: Fabrizio, perché proprio le vespe?
Fabrizio Manzari: Le vespe, organizzano una struttura eusociale dominata dalle figure femminili: essendo prive di maschi, organizzano la vita familiare, affidando i piccoli alle cure delle più vecchie. L’artista ha tentato un’analogia fra le vespe e le figure femminili del quartiere che, rimaste sole nel dopoguerra hanno riorganizzato la vita della zona, sfruttando il forte sodalizio femminile durante gli anni duri della Liberazione.
Ci muoviamo velocemente verso il terzo locale, dove troviamo un laboratorio, con un grande tavolo pieno di matite e disegni delle scolaresche, accorse nei giorni della mostra a condividere la Storia raccontata nei locali di Via dei Quintili. L’artista Elisa Strinna ha raccolto i disegni delle scolaresche e le storie degli abitanti di oggi, che provengono dai più lontani angoli del mondo ed ha appeso le loro testimonianze sulle pareti della stanza. Fabrizio ed i suoi collaboratori mi spiegano che raccontare le storie attuali, mescolandole alle testimonianze di quelli che hanno vissuto il periodo della Seconda Guerra Mondiale contribuisce a costituire un legame storico fra passato e presente, che confluirà in un libro-raccolta della stessa artista sull’integrazione fra società diverse e fra passato e presente del quartiere.
Ci avventuriamo quindi nel quarto locale, poco più avanti, sempre su via dei Quintili: il locale ospita due diverse opere e si presenta come un deposito vuoto. Senza saperlo ci addentriamo in una vera e propria testimonianza della storia del Quadraro. Il locale, adibito in precedenza a ristorante, e prima ancora a negozio di giocattoli e magazzino, ci spiega Fabrizio, è stato completamente riallestito. L’artista Margherita Moscardini ha realizzato una struttura cuneiforme di legno, che attraversa tutta la stanza e nella quale sono stati inseriti tutti gli oggetti del locale.
A.M.: Che cosa simboleggia la struttura?
Fabrizio Manzari: La struttura, in analogia con le scatole dei giocattoli di un tempo, è voluminosa e volutamente tenuta sospesa sul pavimento per indicare la sospensione nel tempo e nello spazio dei ricordi che affollavano non solo il negozio, ma anche l’intero quartiere. L’allestimento non è stato facile, ma l’opera, di grande suggestione, indica la volontà dell’archiviazione dei ricordi, un’archiviazione documentata in un succinto libro incassato nella struttura. Una particolarità è che la forma dell’opera ricorda da vicino la forma di un isola pedonale posta lungo via dei Quintili- un particolare di cui l’artista si è accorta solo dopo aver studiato la zona- confessa Fabrizio.
Sempre nello stesso locale, aprendo una pesante porta dal suono spettrale, ci addentriamo in quello che è un vero anfratto naturale. Fabrizio ci spiega che sotto il locale ci sono cunicoli sotterranei, scavati nella roccia, come un alveare (ed ecco che il legame con le vespe del secondo locale prende forma) dove si nascondevano le persone del quartiere, a rischio di deportazione.
In un angolo della stanza è stato recuperato un’enorme lampadario perennemente in movimento, in cui l’artista Angela Zurlo ha appeso dei fogli di carta in cui sono state riprodotte, con del filo, delle immagini di bambini.
A.M.: Ancora una volta una struttura mobile. Cosa differenzia quest’opera da quella della moneta?
Fabrizio Manzari: L’opera richiama il passato del locale che è stato anche un negozio di lampadari e il continuo girare su se stesso dell’opera in un anfratto buio del locale, illuminato da uno spettrale luce wood, è un richiamo al carillon dell’infanzia, un simbolo dell’infanzia negata ai bambini degli anni 40-50 privati dei loro padri e qui rappresentati in immagini stilizzate di neonati. Poco più in là c’è una fessura nel muro da cui si accede agli stretti cunicoli in cui uomini, donne e bambini si nascondevano al passaggio dei fascisti. L’opera è quindi un forte richiamo alla figura genitoriale maschile perduta e alla difficile crescita dei bambini del tempo, dominati dalla figura femminile già apertamente descritta nel locale della Perilli.
Il nostro viaggio con Fabrizio giunge al termine con l’ultima installazione di Lino Strangis, una videoinstallazione, posta sulla vetrina di un negozio, che proietta il video Odissey in the sense, realizzato dallo stesso artista: nel video un astronauta 3d viaggia allegoricamente attraverso delle pareti bidimensionali colorate senza trovare collocazione, una metafora del viaggiatore moderno sia l’immigrato che in un quartiere multietnico trova una difficile integrazione, sia ogni uomo, alla ricerca di se stesso in un mondo in cui tenta di relazionarsi continuamente cercando il vero senso si sé attraverso la conoscenza del nuovo mondo in cui si trova a viaggiare.
Progetti futuri
A.M.: Fabrizio, l’esperienza di Nuova Gestione sarà replicata?
Fabrizio Manzari: Nuova Gestione è un’esperienza realizzabile in contesti sociali ristretti e dalla forte connotazione col proprio passato, ed è per questo difficilmente replicabile in una città vasta e stratificata come Roma, ma non è escluso che se riuscissimo a trovare una zona della città dalle caratteristiche analoghe non si possano fare esperimenti analoghi. Non è escluso una sperimentazione in altre città d’Italia, vedremo.
A.M.: Quali sono i prossimi progetti futuri di Sguardo Contemporaneo?
Fabrizio Manzari: Stiamo per curare l’allestimento di una mostra alla Galleria Whitecubealpigneto, con cui abbiamo già collaborato nell’allestimento della programmazione espositiva 2010-2011, un progetto diverso da Nuova Gestione che è stato interamente concepito e realizzato da Noi.
Ringraziamo Fabrizio per averci permesso questo viaggio nella memoria sperando che l’iniziativa possa essere d’ispirazione per artisti e semplici cittadini e spingerli alla ricerca della storia dello spazio che ospita quotidianamente le vostre vite, a volte schiacciate dal consumismo e dalla dilagante integrazione che rischia di cancellare ogni ricordo delle proprie origini. La speranza è che attraverso progetti come quelli di Nuova Gestione si permetta di rispolverare attraverso l’Arte quel prezioso tesoro contenuto negli alveari nascosti della propria città, quel tesoro chiamato Memoria, che ci racconta chi siamo.
Per conoscere l’attività di Sguardo Contemporaneo
Written by Antonio Mazzuca
http://youtu.be/H08y2ig9ErQ
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