“L’ultimo respiro” di Luigi Martinuzzi: quando il thriller ricalca i modelli americani

“In una stanza c’è un uomo nudo e disteso supino sul suo letto. La sua pelle è ancora umida dopo un lungo bagno nell’acqua fredda. Le sue dita sono intrecciate sotto la testa e guarda il soffitto bianco, talmente bianco che sembra un immenso foglio da disegno dove poter proiettare, con la forza del ricordo e dell’immaginazione, le sequenze della propria vita.”

L’ultimo respiro

Luigi Martinuzzi è nato e vive a Portogruaro, in provincia di Venezia. Classe 1979, è al suo romanzo d’esordio. L’ultimo respiro” (Leone Editore, 2016) è un thriller ambientato in America, precisamente nella cittadina di Springfield, nella contea del Massachusetts.

Qui facciamo la conoscenza di John Bay, un agente dell’Fbi, tormentato da un passato doloroso che non è ancora riuscito a superare. La passione per il suo lavoro e la vicinanza dell’amico e collega Simon gli rendono appena sopportabile la perdita dell’amata moglie Lucy, deceduta tempo prima in un incidente stradale. John e la sua squadra si trovano ad affrontare un serial killer che sembra avere il pallino dell’acqua.

L’Annegatore, infatti, così com’è chiamato dagli “addetti ai lavori”, usa uccidere le sue vittime proprio immergendole in questo elemento, e poi le ricompone in luoghi affollati.

Tale rito di “purificazione”, porta la polizia a voler scoprire quale sia il piano diabolico, poiché trovare un filo conduttore significa anche giungere ad individuare il colpevole. La situazione si complica quando Simon muore all’improvviso, e la ragione di John Bay, già messa a dura prova, ineluttabilmente vacilla.

Detta così, il romanzo si presenta con una trama avvincente; una copertina accattivante, che induce a soffermarsi e a cercare di saperne di più. L’inizio è poi davvero ben riuscito. Tuttavia, non sarei un recensore serio se non esprimessi qualche mia perplessità.

Soprattutto, questa non vuole essere una critica sull’operato dell’autore – che ritengo coraggioso nell’aver osato una storia così ambiziosa –, bensì sento di voler dare semplicemente qualche consiglio.

Luigi Martinuzzi

È sempre rischioso ambientare un romanzo in un paese straniero e così lontano da noi, di cui sappiamo poco o nulla. Per questo ho avvertito un’ambientazione “scolastica”, alla Csi che tutti vediamo in tv, per intenderci, ma nulla che mi abbia dato l’impressione che ci fosse dietro qualcosa di più approfondito. E lo stesso vale per le procedure sia investigative che medico-legali. Il thriller, poi, è un genere difficilissimo.

A volte, si tende a raccontare vita morte e miracoli di un personaggio nell’intento di darvi spessore, e invece non si fa altro che confondere il lettore. Troppe nozioni, troppe informazioni su personaggi secondari – specie quelli che muoiono subito e si tolgono di scena – tendono a distogliere l’attenzione sull’indagine e sui fatti che accadono, che invece sono quello che c’è di più importante.

Quindi, forse io avrei compendiato di più alcune parti, e mi sarei concentrata sui personaggi principali, caratterizzandoli a dovere: non perché fornisco loro un passato, ma piuttosto per quello che dicono e come lo dicono. Intendo, dialoghi fluidi e credibili, ma soprattutto che restino memorabili. Altrimenti, il personaggio non “buca”, viene da sé.

Certo, l’idea è interessante e a tratti originale. Le capacità ci sono. Basta solo mettere a punto alcune piccole cose. Sperando vivamente in un prosieguo – mi pare che così l’autore ci abbia lasciato intendere –, ho riportato le obiezioni che potrebbe fare un qualunque semplice lettore.

 

Written by Cristina Biolcati

 

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