“Il palazzo stregato” poesia di Edgar Allan Poe: nel regno del monarca Pensiero

Di seguito si potrà leggere la poesia intitolata “Il palazzo stregato” di Edgar Allan Poe ed una breve biografia del poeta e scrittore americano.

“Il palazzo stregato”

Edgar Allan Poe poesie Il Palazzo stregato
Edgar Allan Poe poesie Il Palazzo stregato

Nella nostra più verde vallata
Da anni buoni abitata,
Un grandioso palazzo una volta,
Un raro e radioso palazzo, ergeva la fronte.
Nel regno del monarca Pensiero,
Là s’innalzava!
Mai spiegò serafino le ali
Su dimora d’uguale bellezza!

Stendardi gialli, gloriosi, dorati,
Fluttuavano ondeggiando sul tetto
(Ma, tutto questo, nei tempi andati,
Tanto tempo fa)
E ogni brezza che scherzava leggera,
In quei giorni felici,
Lungo i bastioni impennacchiati e languidi,
Un alato profumo portava con sé.

Chi vagava per quella felice vallata,
Poteva attraverso vetrate lucenti vedere
Spiriti muoversi armoniosamente
Al suono di un liuto assai bene accordato,
Attorno a un trono dove, seduto
Porfirogenito,
Nel rango che alla sua gloria competeva
Il sire del regno era veduto.
E sfavillante di perle e rubini
Era il portale del raro palazzo,
Dove a ondate fluiva e fluiva,
Senza fine tra i luccichii,
Una compagnia d’Echi,
Col grato compito sol di cantare,
Con voci d’insuperata bellezza,
La saggezza e l’ingegno del re.

Ma spiriti maligni con abiti a lutto
L’inclita proprietà del monarca assalirono.
(Ah piangiamo! Che più nessun’alba
Sorgerà per lui, sventurato!)
E attorno alla casa la gloria
Che sfolgorava e fioriva
Non è che un’oscura memoria
Di un tempo ormai morto e sepolto.

E chi, ora, passa per quella vallata,
Per le rossastre vetrate intravede
Immense forme muoversi irreali
Al ritmo d’una dissonante melodia
Mentre, lugubre rapido fiume,
Per sempre dirompe dal cereo portale
Un orrida folla che ride,
Ma non sorride mai più.

 

“Mi hanno chiamato pazzo; ma nessuno ancora ha potuto stabilire se la pazzia sia o non sia la più elevata forma d’intelligenza, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non derivi da una malattia del pensiero, da umori esaltati della mente a spese dell’intelletto generale.” – dal racconto “Eleonora” 

 

Edgar Allan Poe nacque a Boston il 19 gennaio 1809 e morì a Baltimora il 7 ottobre 1849. Fu poeta, critico, giornalista, saggista ed editore. È uno degli scrittori più influenti del suolo americano arrivato in Europa grazie alle traduzioni del poeta francese Charles Baudelaire e da allora è stato considerato come l’iniziatore della letteratura dell’orrore, del giallo psicologico e del racconto poliziesco. Edgar Allan Poe ha scritto anche mirabili poesie come ad esempio “Per Annie” anticipando il simbolismo e quell’aria da maledetto che poi sarà celebre dopo la metà dell’800 in Francia ed in Inghilterra.

Ha vissuto la maggior parte della sua vita con problemi finanziari, ha abusato di alcol e di droghe, da alienato è stato incompreso dall’America dell’epoca. Si comprende facilmente il fascino che ha esercitato su Baudelaire. La vita di Poe è circondata da lutti inusuali, tutto muore accanto a lui, ed è anche questo suo vivere la morte che lo portò a scrivere sulla morte, vera compagna di vita.

Ed anche la sua morte è avvolta dal mistero, infatti scomparve letteralmente per qualche giorno a Baltimora e fu ritrovato in uno stato allucinatorio con deliri, tremori. Si pensò ad intossicazione da alcol oppure astinenza dallo stesso. I resoconti in ospedale indicano una probabile rabbia.

Nel 1996 il cardiologo R. Michael Benitez scrive: «Non si può dire con certezza che la rabbia fu causa della sua morte dal momento che non fu effettuata un’autopsia, tuttavia questa è l’ipotesi da considerare più veritiera in quanto deliri, tremori, allucinazioni e stati confusionali, sintomi tipici della rabbia, non possono essere spiegati con l’abuso di alcol poiché Poe smise di assumere queste sostanze sei mesi prima del ricovero in ospedale».

Il “soggiorno” di Poe in ospedale durò solo quattro giorni, dopo il risveglio dal coma ebbe qualche ora di calma e lucidità per poi ripiombare nel delirio. Benitez scrive: «è insolito per pazienti che soffrono di astinenza da alcol ammalarsi gravemente, rimettersi per poco tempo e poi peggiorare e morire» e l’astinenza dagli oppiacei non produce tutti quei sintomi, con lucidità alternata a stati di incoscienza. Il medico di Poe scrisse anche che Poe rifiutò l’alcol che gli fu offerto (per curare l’astinenza presunta) e bevve solo acqua, ma con gran difficoltà; questo pare essere un sintomo dell’idrofobia rabbica (causata dal fatto che la deglutizione di liquidi provoca un laringospasmo molto doloroso, che poi si estende, a causa dell’ipersalivazione e dell’effetto psicologico, al solo suggerimento di bere); in concomitanza con altri sintomi, è un classico e inequivocabile segno di rabbia. Benitez conclude che Poe venne, forse, morso da un animale portatore, ad esempio uno dei suoi gatti, un cane o un pipistrello, e contrasse la malattia senza quasi accorgersene.»

 

– Altre opere di Edgar Allan Poe presenti in Oubliette:

Annabel Lee

Per Annie

Il verme conquistatore

 

 

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