“Flora Tristan” di Cristina Cassina: la donna che anticipò la lotta operaia

«Voglio essere me stessa»[1] scrive nel 1835 Flora Tristan a un sansimoniano. È una frase che, nella sua essenzialità, trasmette immediatamente la personalità della protagonista di questo breve saggio che costituisce la quarta uscita della serie dedicata a “Donne e Pensiero Politico”, un progetto promosso dalla Fondazione di studi storici Gaetano Salvemini di Torino.

Flora Tristan di Cristina Cassina
Flora Tristan di Cristina Cassina

Cristina Cassina, che è l’autrice di questo volume incentrato sulla figura di Flora Tristan (7 aprile 1803 – 14 novembre 1844), è docente di Storia del pensiero politico all’Università di Pisa.

Se è vero che gli scritti teorici delle donne selezionate nella serie della Carocci, impegnate nell’ambito politico-culturale, è quasi sempre intrecciato con le loro biografie, nel caso di Flora Tristan, ciò è ancor più vero.

Il suo pensiero teorico non è certamente separabile dalla sua vita, ovvero, dalle dure esperienze che si è trovata ad affrontare. Ciò, nel libro, emerge in modo molto chiaro.

Il titolo di ognuno dei sette capitoli attraverso i quali si sviluppa il saggio in argomento, è costituito da frasi riprese dagli scritti della stessa Tristan. La successione di detti capitoli ci fornisce il filo, anche biografico, da seguire, per comprendere nella sua interezza questa figura poliedrica, intellettualmente stimolante, a lungo trascurata dalla ricerca storica e filosofica.

Flora Tristan nasce a Parigi il 7 aprile 1803 da don Mariano de Tristan y Moscoso, colonnello dei dragoni al servizio del re di Spagna, facente parte di una ricca e potente famiglia aristocratica del Perù, e dalla francese Anne-Pierre Laisnay, proveniente da una famiglia borghese di orientamento monarchico.

Purtroppo per Flora, alla morte prematura del padre, per varie ragioni, la sventura si abbatte su questa famiglia e dopo varie peripezie madre e figlia si trovano a vivere in un piccolo appartamento di un quartiere povero di Parigi. Flora inizia a lavorare come operaia presso l’atelier del pittore e litografo Andrè Francois Chazal, che poi sposa nel 1821.

All’inizio del matrimonio Flora prova un’intensa passione per quest’uomo, tanto da farle scrivere: «voglio diventare una moglie perfetta»[2], la frase che dà il titolo al primo capitolo del volume. In realtà, scrive Cassina: «sarà il grande errore della sua vita. Incapace di gestire gli affari, con i creditori sempre alle calcagna, il marito non tarda a rivelarsi un uomo possessivo, oltremodo geloso e persino violento» [p.16]. Di conseguenza, Tristan decide di separarsi dal marito, proprio mentre è incinta per la terza volta. Ciò segna in modo drammatico la sua vita successiva, dato che a quei tempi una donna che abbandona il marito viene esclusa dalla società ed esposta alla pubblica riprovazione.

Scrive ancora Cassina: «In una società schiacciata da mille pregiudizi, la donna separata è esposta alle maldicenze e alle calunnie più infami» [p.21].

Ma veniamo alla produzione letteraria di Tristan, che Cassina riporta nel secondo capitolo.

Venuta a contatto con esponenti del socialismo, dell’aristocrazia operaia e del movimento umanitario dell’epoca, Flora Tristan inizia a scrivere articoli su riviste di area, a partire dal seguente: Necessità di offrire una buona accoglienza alle donne straniere. Nel 1838 pubblica anche, forse il suo testo più famoso: Peregrinazioni di una paria, dove descrive la doppia discriminazione che subiscono le donne nella società, in quanto donne e in quanto lavoratrici, paragonando questa condizione a quella dei paria. A seguire, il suo unico romanzo: Méphis, ou le prolétaire.

Nel 1840 esce poi Passeggiate londinesi, un suo importante libro sulla condizione del proletariato dopo la rivoluzione industriale, e non solo in fabbrica, anticipando di qualche anno la pubblicazione del più famoso saggio: La situazione della classe operaia in Inghilterra di Friedrich Engels, che affronterà a grandi linee lo stesso tema.

Nel 1843 esce quello che è considerato il suo manifesto politico: Unione operaia, anche questo anticipatore, sempre a grandi linee, del famosissimo Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels.

Tristan possiede istintivamente una forte inclinazione, si potrebbe dire ante litteram, alla ricerca di tipo antropologico e sociologico, come si può evincere dal grande libro, pubblicato postumo sotto il titolo: Le Tour de France, un diario del suo ultimo viaggio in Francia alla scoperta della condizione morale, intellettuale e materiale della classe operaia francese.

Non vanno poi dimenticate le lettre in quanto rivelatrici di aspetti fondamentali della vita e del pensiero di Flora Tristan rimasti in ombra e perciò particolarmente di valore. Come, ad esempio, il suo essere femminista ante litteram, aspetto che, a ben vedere, attraversa tutta la sua opera.

Nella movimentata vita di Tristan riveste un ruolo particolarmente importante il suo lungo e tortuoso viaggio in Perù, patria della sua famiglia d’origine da parte paterna.  Sarà un viaggio assai avventuroso, oltretutto compiuto da una donna sola. Ricordo che siamo nella prima metà del XIX secolo e viaggiare soli, per una donna, non è cosa da poco. Cassina paragona ripetutamente il viaggio di Tristan, anche se fatto per ragioni diverse, al famoso viaggio di Alexis De Tocqueville e Gustave de Beaumont in America, dal quale scaturì il celeberrimo De la Democratie en Amèrique.

In Peregrinazioni di una paria, il libro che riporta le esperienze e le relative riflessioni di Tristan riguardo il suo viaggio, s’intrecciano sempre considerazioni personali, come la sua condizione di inferiorità presunta e prevista per legge in quanto donna, con ulteriori che coinvolgono altri soggetti, come la condizione degli schiavi delle isole di Capo Verde, i meticci di Arequipa, le suore di clausura e infine gli sfortunati addetti di uno zuccherificio. Non a caso il titolo del terzo capitolo recita: «Nel nuovo mondo ero ancora paria come nell’altro».[3]

Un altro aspetto da sottolineare in Tristan deriva da una sua affermazione, per la quale occorre raccontare le cose come sono, ma anche non celare il proprio pensiero rispetto a ciò che si è visto e si è voluto descrivere.

Nel quarto capitolo dal titolo “Non su me personalmente ho voluto attirare l’attenzione” [p.39], Cassina spiega bene come il polisemico termine paria faccia da apripista ad un insieme di problematiche di ordine collettivo dove comunque l’oppressione è il dato comune. Tristan, nel suo manifesto politico Perché menziono le donne [p.46], ripete ancora una volta in che modo la donna sia trattata «come una vera paria, fuori dalla chiesa, fuori dalla legge, fuori dalla società» [p.47].

Nel quinto capitolo Cassina chiama in causa un altro aspetto di Tristan, quello della studiosa della società, possiamo dire della proto-sociologa.

Con Passeggiate londinesi, del 1840, Tristan non descrive le bellezze e le amenità della capitale britannica, ma al contrario, le sue brutture, ovvero la vita reale che in essa si svolge, anticipando di quasi cinque anni, come già accennato, il famoso saggio di Friedrich Engels: La situazione della classe operaia in Inghilterra. Sorge il dubbio che Engels si sia rifatto proprio a lei per elaborare la sua opera. D’altra parte il legame tra il viaggio, l’osservazione e la scrittura in Tristan erano già emerse con i suoi precedenti saggi: Necessità di offrire una buona accoglienza alle donne straniere e Peregrinazioni di una paria (1835).

«Agli occhi dei benpensanti continua tuttavia ad apparire come un soggetto pericoloso, una potenziale sovversiva, anzi una sorta di monstre femelle» scrive Cassina al sesto capitolo [p.72], riguardo la figura di Tristan. La sua ribellione in quanto moglie, madre e intellettuale è infatti vissuta dai borghesi dell’epoca come un attentato alla società intera.

Addirittura dopo che il marito cerca di ucciderla, nel processo che seguirà, si cerca di far ricadere la colpa su di lei, la vittima, del tentativo di femminicidio.

Flora Tristan citazioni paria
Flora Tristan citazioni paria

Il titolo del sesto capitolo: «Qui passo per una rivoluzionaria, una giacobina, una sanguinaria» è quanto scrive alla sua amica Olympe Chodzko mentre si trova a Londra nell’estate del 1839 [p.71].

E tuttavia, Flora Tristan non è ascrivibile a nessun partito o movimento sociale, come lei stessa scrive nelle Passeggiate londinesi: «non sono sansimoniana, né fourierista, né oweniana».[4]  Anche se nel 1843 ormai malata scrive l’ultima sua opera, innovativa e originale per quell’epoca: Unione Operaia, che come ho riportato sopra anche questa opera è in anticipo di cinque anni rispetto al celeberrimo Manifesto del Partito Comunista (1848) di Marx ed Engel.

In quest’ultima sua opera Tristan lancia la proposta di associare tutti gli operai e le operaie facenti parte della classe operaia in un’unione compatta, solida e indissolubile.

Il settimo capitolo, dal titolo A voi, lavoratori, a tutti e tutte, conclude infine il volume di Cristina Cassina ricordando il fondamentale anelito di Tristan per l’emancipazione femminile, senza la quale non potrà mai esserci una vera giustizia sociale.

Auspico di avere fornito un resoconto del saggio sufficiente per stimolare l’interesse di chi legge ad approfondire la conoscenza di questa poliedrica figura a lungo trascurata dalla ricerca storica, ma davvero anticipatrice nella storia dei movimenti politici e del femminismo.

 

Written by Algo Ferrari

 

Note

[1] Tristan, Lettres, 1980, p.60

[2] Tristan, Lettres, 1980, p.43

[3] Tristan, 1838, Peregrinazioni di una paria, vol. 1, p.160.

[4] Tristan, 1840, Passeggiate londinesi, p.354.

 

Bibliografia

Cristina Cassina, Flora Tristan, Carocci editore, 2025

 

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