“Scrivere non uccide abbastanza” di Maria Lidia Petrulli: tra il giallo ed il fantasy
“Scrivere non uccide abbastanza” è il titolo, ma quando entri dentro la storia diventa una domanda, una domanda ricorrente che ti piega su te stesso perché ti porta a ragionarci su.

Scrivere non uccide abbastanza; è un titolo, originale, fuori dei soliti schemi, che nelle prime pagine parte da un altrove tra sogni che forse non si può, e vita che rinuncia alle speranze. Partenza insolita, e accattivante, forse spiazzante. Davvero luoghi insoliti, scovati dentro la fantasia, quella fantasia così lontana che ti lega alla realtà. Quasi un ossimoro, dove la rappresentazione della realtà scorre su un binario narrativo fantastico.
Inizi il libro, e Oceania, la protagonista, ti fa salire sull’ottovolante. Sparato in alto in un Fantasy che è la camera degli specchi della realtà. Dove personaggi fantastici lottano per la sopravvivenza in un mondo distopico, lontano, futuribile. Ma con tutti gli spigoli delle cose più umane e interiori. È uno specchio deformante? Oppure è una vista a raggi X che mostra angoli, paure e tormenti umani chiamando in causa umanoidi?
Ma il libro non è qui. Il tessuto narrativo principale è concreto, vola basso (come altitudine, non certo concettualmente), e vola sui marciapiedi di Parigi che costeggiamo la Senna e si inoltrano nei viali. Già Parigi… Un’altra storia dentro le stesse pagine. Parigi nascosta dentro la poesia della nebbia, oppure che esplode nella poesia della primavera. Ecco, Parigi per l’autrice è poesia. Le pagine dedicate alla capitale dell’amore sarebbero da incorniciare: città-personaggio di umore mutevole, capricciosa e splendida; viva e parlante.
Allora, facciamo il punto per non perderci tra gli ingredienti di Scrivere non uccide abbastanza: abbiamo la storia portante, con Oceania; le pennellate di Parigi; l’intersecarsi con una sottotrama Fantasy, che si sviluppa in un libro che affascina la protagonista. Un libro dentro un libro, come un film nel film, dove sapientemente l’autrice dirige gli stacchi della telecamera da un’ambientazione calata sulle strade di tutti i giorni, alle immagini oniriche di una distopia che forse abbiamo dentro.
Ma non basta. Perché altri personaggi “minori”, ma principali nel loro evolversi, sviluppano la loro storia. E il bello è che è sempre una storia di formazione.
È tutto racchiuso nel libro che sta leggendo Oceania, è lì la forza vitale che ti eleva. E l’autrice riesce a dare una spinta emotiva a tutti i teatranti del romanzo. In particolare all’autore del Fantasy, che sembra finito nella sabbie mobili dei suoi tormenti, e che non riesce a estrarre la sua spada dalla roccia.
Ci riuscirà? L’ascesa promessa dei personaggi ci sarà? Per tutti?
L’autrice, Maria Lidia Petrrulli, gioca un po’ con gli espedienti del giallo per tenerci con il fiato sospeso, a farci trepidare per i destini di tutta la compagnia teatrale, insieme e singolarmente. Perché anche in questo si viaggia su piani paralleli, come nella vita reale, tra collettività e singolarità.
Ma veniamo a Oceania, la vera primadonna del romanzo, ma che non vuole fare la primadonna, e che il suo mantra è essere trasparente. Viaggiare in solitaria nella vita senza che nessuno se ne accorga. Stare dentro quella caverna protettiva del “non essere notata”. Lì, consola la sua esistenza nel rifugio dei trentasette metri quadri dentro Parigi. Un piccolo rifugio in un oceano di dispersione; anche qui punti distanti che l’autrice fa combaciare.
Oceania è la giovane segretaria di un importante studio legale, controlla le mail e vede passare la vita oltre la sua vetrata. Ma in questo ha i suoi traguardi, traguardi minimi che le danno un incrollabile equilibrio: contatti al minimo con la gente, ma in profondità con le sue tazze da colazione: cosa rappresentano?
Poi inciampa nel romanzo Fantasy di cui abbiamo detto e le rotelline dell’orologio della sua anima iniziano a girare a un tempo nuovo. Cambiano gli scenari, cambiano gli umori di Parigi e degli altri personaggi. La ricerca di se stessi si fa all’interno, oppure dentro la nebbia, oppure all’aperto?
L’autrice Maria Lidia Petrulli è una psichiatra e psicologa, e non dà ricette salvifiche. Lei porta a scoprire le pieghe, e quando scrive lo fa con una penna particolarmente felice per entrare nella psicologia dei personaggi. I suoi libri hanno sempre una storia accattivante che si sovrappone, si interseca con una pari narrazione interiore, mentale e discorsiva. Gestisce con straordinaria lucidità, quasi con naturalezza, lo sviluppo narrativo sul piano degli accadimenti e insieme su quello interiore, dei pensieri, delle movenze introspettive.
In Scrivere non uccide abbastanza l’autrice si lancia con il cuore oltre la storia; anche più in là dei suoi precedenti libri, facendoti viaggiare su diversi livelli. E questo è davvero un, nuovo, bel viaggio.
Written by Pier Bruno Cosso