“Zosimo di Panopoli – Visioni e risvegli” curato da Angelo Tonelli: l’entrata, l’uscita e la trasmutazione
“Quando Zosimo impugnava lo stilo per tracciare le prime righe della sua opera, Plotino era già morto e la speculazione della scuola neoplatonica andava concentrandosi intorno ai nodi della problematica religiosa.” ‒ dall’introduzione di “Visioni e risvegli”

Il firmatario della corposa introduzione del volume “Visioni e risvegli” edito da Meltemi nel 2024 è il poeta e storico della filosofia Angelo Tonelli, allievo ed amico di Giorgio Colli al quale è dedicato il volume. La prima pubblicazione del saggio risale al 1988 con la casa editrice Coliseum, infatti nella prefazione l’autore ci racconta dell’inusuale decisione di dedicarsi agli scritti del grande alchimista egiziano Zosimo di Panopoli, subito dopo la “dipartita per l’Oltre” del suo maestro di Filosofia Greca Antica.
“Sognai che Giorgio Colli mi indicava un punto preciso di uno scaffale della Biblioteca dell’Istituto di Filologia Greca. Al risveglio, andai nel punto indicato dal sogno e estrassi un volume dallo scaffale. Era la Collection des anciens alchimistes grecs, […] Lo aprii a caso e mi imbattei in questo frammento: ‘È questo il mistero divino e supremo, l’oggetto delle ricerche. Questo è il Tutto. Da esso viene il Tutto e per mezzo di esso il Tutto è. Due nature, una sola essenza: l’una trascina l’altra e l’una domina l’altra. Questa è l’acqua d’argento, la maschio-femmina che sempre sfugge, attratta verso ciò che è proprio. È l’acqua divina che tutti hanno ignorato. Non è facile contemplare la sua natura. Non è metallo, né acqua che sempre scorre, né è un oggetto corporeo: non può essere dominata. È il Tutto in tutte le cose. Ha vita e spirito ed è distruggitrice. Chi intende queste parole, possiede l’oro […]’ Ne fui subliminalmente folgorato, e mi accinsi all’opera, nell’inverno del 1979.”
Come si sarà compreso, il frammento trovato per caso (o per bibliomanzia, quell’antico metodo di divinazione in cui si formulava una domanda, si apriva un libro (sacro, profetico od ispirato) e si interpretava la frase letta come possibile risposta) apparteneva a Zosimo di Panopoli. Angelo Tonelli accolse subito quel richiamo e si accinse a studiarne l’opera approfondendo dall’alchimia delle origini sino a Carl Gustav Jung, il quale nei suoi libri dedicò ampio spazio all’opera di Zosimo.
“E vedo un omuncolo canuto, un barbiere che mi dice: «Che cosa stai guardando?». Gli risposi che mi meravigliavo del ribollimento delle acque e degli uomini che venivano cotti e continuavano a vivere. E mi rispose dicendo: «Lo spettacolo che vedi è l’entrata, l’uscita e la trasmutazione».[1] «Quale trasmutazione?» gli domandai nuovamente. «È il luogo dell’ascesi detta imbalsamazione. Gli uomini che vogliono raggiungere la virtù entrano qui dentro e diventano spiriti, fuggendo la natura corporea».” ‒ “Sulla virtù” (Περί ἀρετῆς)
Zosimo nacque a Panopoli (città dell’Egitto conosciuta anche con il nome di Chemmis ed attualmente chiamata Akhimim) nella fine del III secolo e visse sino al IV secolo (si invita il lettore a leggere l’interessante nota presente sul libro riguardante la datazione). È il primo autore che usò il proprio nome per trattare di alchimia emergendo da una lunga lista pseudonimi quali Iside, Hermete, Agatodemone, Chémes, et cetera. La sua fu un’epoca difficile che ha visto sia l’imperatore Diocleziano intervenire con le armi per sedare rivolte sia il trionfo del Cristianesimo sulle religioni politeiste. A Panopoli, così come ad Alessandria, si poteva ancora respirare l’aria della cultura ellenica ed orientale.
Il corpus dell’opera di Zosimo contava in origine 28 libri (Chemeutikà, ogni libro era individuato con una lettera dell’alfabeto, 24 per le lettere greche più 4 dell’alfabeto copto; il corpus non ci è stato tramandato per intero) ed era dedicato alla sorella Teosebia, soggetto oscuro del quale ancora oggi ci si chiede se sia stata sua sorella di sangue o una discepola (od entrambe) oppure la soror mystica (sorella mistica, l’Anima).
“In Zosimo, più che un sognare vero e proprio, si tratta di una condizione di trance o semitrance che conduce a un’esperienza allucinatoria da lui stesso definita come ἐμφαντάζεσται:[2] in questo stato, accanto alla libera circolazione di immagini, simile a quella che si verifica nel sogno, permane una labile traccia della coscienza, così da consentire risvegli e riflessioni intermittenti e tempestivi che non spezzano però il filo della ὀπτασία.”[3] ‒ dall’introduzione

Ed, infatti, ne “Sulla virtù” l’io narrante procede con lo stratagemma del sogno non riuscendo quasi ad affrontare una visione così fuori dal comune: l’addormentarsi diventa un’espediente per assorbire dall’inconscio la comprensione di ciò che non può essere rinchiuso nei limiti, una sorta di infinito (in-finitum, senza limite) che si addentra all’interno del soggetto.
“[…] Così dicendo mi addormentai. E in alto vidi un sacrificante ergersi davanti a un altare a forma di coppa. Quindici gradini portavano all’altare, e lì stava il sacerdote. […] E lo vidi davanti ai miei occhi, omuncolo[4] privo di una parte di se stesso. E con i suoi stessi denti si masticava, e si esauriva in sé.[5] E spaventato mi destai e riflettevo: ‘Non è forse così che si compongono le acque?’.[6] Pensai di aver inteso bene. E nuovamente fui colto dal sonno. […]” ‒ “Sulla virtù”
Non ci si può addentrare oltre né citare qualche brano degli altri tre trattati di alchimia di Zosimo di Panopoli presentati nel volume ed opportunamente commentati[7] da Angelo Tonelli perché ogni pagina meriterebbe menzione: il consiglio è di fare esperienza diretta con la lettura de “Visioni e risvegli” così da potersi soffermare sulle parti più affini alla propria inclinazione, al proprio daimon.
“Ma non rivelare a nessuno con chiarezza una tale virtù. Bada piuttosto di non procurarti la rovina, parlandone. Il silenzio insegna la virtù.” ‒ “Sulla virtù”
Written by Alessia Mocci
Note
[1] Nigredo, Albedo, Rubedo.
[2] ἐμφαντάζεσται con il significato di “immaginazione”.
[3] ὀπτασία con il significato di “visione”.
[4] L’homunculus, ἄνθρωπάριον, è una figura di cui aveva già parlato il teologo e occultista egizio di epoca romana Simon Mago (I secolo), ed è connesso all’Ouroboros.
[5] Smembramento, σπαραγμός.
[6] Solve.
[7] Commentario alla lettera Omega, Il primo libro de Il computo finale, L’electrum e lo specchio.