“La società dell’emergenza” di Francesco Fantuzzi: quale futuro ci attende?

Scopro, leggendo nella quarta di copertina di La società dell’emergenza di Francesco Fantuzzi, che l’autore “Ha una grande passione per l’ambiente, i beni comuni, la partecipazione attiva alla cosa pubblica, la propria bicicletta.” – mi viene da dire: ce ne fossero di tipi così positivi!

La società dell’emergenza di Francesco Fantuzzi
La società dell’emergenza di Francesco Fantuzzi

Io mi differenzio abbastanza da lui. Ho simili interessi ma non provo che mezza oncia della sua passione. Amo il dialogo, l’onestà intellettuale, evito comportamenti scorretti nei confronti dei luoghi in cui vivo e delle persone che ci abitano. Tento d’essere una persona onesta. Francesco Fantuzzi, in più, si mette in gioco e si esibisce nel farlo. Non sono certo che ami farlo. Lo fa.

Ho assistito a una sua presentazione del libro La società dell’emergenza che, a tratti, è sfociata in qualcos’altro, anche in un litigio fra un paio di spettatori. Era il 17 maggio del 2024 ed eravamo ospiti della Biblioteca Rosta Nuova di Reggio Emilia. La pandemia era finita da un pezzo ma non l’annesso livore fra le parti. Una donna, protetta da una mascherina, ha pesantemente attaccato un uomo che, tra l’altro, non ha potuto fare da meno di ironizzare l’eccesso di prudenza da parte di chi temeva ancora d’essere infettato (così credo d’aver capito, però le urla hanno reso il tutto poco comprensibile). L’uomo, tra le altre cose, ha definito fascista una sinistra che in quei loschi tempi aveva assunto, a suo dire, degli atteggiamenti inqualificabili. Ho probabilmente semplificato in modo eccessivo il suo discorso o frainteso qualcosa, stante anche il caos verbale che era esploso.

A un certo punto l’addetto alla biblioteca che stava presentando il saggio La società dell’emergenza di Francesco Fantuzzi, ha cercato di far cessare l’alterco, urlando (né poteva fare diversamente) che l’incontro non doveva trasformarsi in un dialogo serrato fra due persone, bensì con l’autore. Il quale ha cercato di porre rimedio a quella baraonda che stava sempre più degenerando, adducendo le sue ragioni e cercando di far tornare la calma. A completare il quadro, migliorandolo decisamente, ogni tanto c’era il salvifico intervento di un musicista che, col suo flauto traverso, ha suonato diverse arie di Bach e di altri inclìti autori, riuscendo a rasserenare gli animi. Il tutto è stato un vero e proprio show, che m’ha scosso un po’, non essendo abituato a tanto bailamme. Mi sono poi messo in fila per avere una copia con dedica dell’autore, a cui ho fatto i miei complimenti per la sua capacità attoriale. La mia non è stata una presa in giro, ma una sorta di leggermente ironica pre-reazione all’opera che ho iniziato a leggere il giorno seguente.

La prosa di Francesco Fantuzzi m’è parsa subito assai chiara, espressiva e dotata talvolta di un sano humour, esattamente come lo è stata la sua performance durante la presentazione.

Non so se l’autore sia a conoscenza del saggio Elogio della banalità di Salvatore Patriarca. Molte delle cose che sono state descritte nel saggio sono banali, e perciò meritevoli d’essere annunciate con tono forte dal bando-scrittore. La maggior parte della gente ne è già a conoscenza, ma i più tendono a evitare di pensarci. Questa è la funzione della suddetta banalità: far tornare l’attenzione su quello che ci capita quotidianamente, e che, mentre passa, è da noi appena intravisto.

L’autore m’informa su fatti e concetti che ignoravo, per cui ringrazio davvero lo scrittore, il quale ha contribuito ad aprirmi la mente.

Nell’esergo de La società dell’emergenza si parla di “Parole chiave per cercare di comprendere e connettere un mondo complesso e non essere costretti a schierarsi di qua o di là e a individuare un nemico.”questo fin troppo conosciuto che talvolta viene biecamente frainteso (nonché dileggiato).

Il saggio La società dell’emergenza comprende un’Introduzione, quindici densi capitoli e una necessaria Conclusione, a cui fa seguito la Postfazione di Franco Motta, già coautore, insieme a Francesco Fantuzzi, di Dentro la zona rossa, edito dalla medesima Casa Editrice nel 2020.

Ognuno degli argomenti trattati meriterebbe un’ampia discussione, ma questa non è la sede. Qualsiasi altro luogo lo potrebbe essere, purché si attinga direttamente alla fonte, leggendo il saggio. Il mio vuol essere un invito a farlo, nonché un desiderio di comunicare all’autore e ai suoi prossimi lettori alcune mie considerazioni.

Come sa bene il sociologo Algo Ferrari, che era presente alla presentazione, io non recensisco, né conferisco voti, bensì reagisco con dei pensieri miei che non sarebbero sorti qualora non lo avessi letto. Banale, vero? La mia è una volontà di correlazione con l’Altro, che in questo caso si chiama Francesco Fantuzzi. Quando leggo penso sempre al rimbaudiano Je est una autre… nonché alla complementare canzone Gli altri siamo noi di Raf e Umberto Tozzi.

Un esempio di icasticità fantuzziana: “Un capitalismo le cui sembianze sono quelle di una bestia affamata, perciò assai temibile.” – il che mi fa venir in mente l’affresco del Diavolo che martirizza Maometto, che è all’interno del Duomo di Bologna e che di tante polemiche è ancora causa.

Francesco Fantuzzi auspica “la Decrescita come stella polare di un nuovo stile di vita più rispettoso del genere umano…” – la questione è posta come interrogativa di tipo retorico ma è, di fatto, affermativa.

“… l’emergenza nasce come un atto di natura amministrativa caratterizzato dalla possibilità di derogare alle disposizioni di legge viventi…” – questo è il punto su cui val la pena di discutere.

Un esempio pratico e attuale può fornire l’idea. Il parlamento promulga una legge sulla liquidazione ai dipendenti pubblici (TFS), trattenendola per alcuni anni; la quale legge sarà dichiarata anticostituzionale dalla Corte, che inviterà lo Stato a risolvere la questione in tempi brevi. L’emergenza economica impedirà allo Stato di adempiere al suo dovere. Si tratta della sentenza n. 130 del 23 giugno 2023. A quanto pare non si prevedono soluzioni a breve termine del busillis.

Ergo: l’emergenza economica può impedire (o ritardare) la corretta legislazione.

A pagina 19 de La società dell’emergenza l’autore ricorda l’esistenza di una “Emergenza permanente come prassi, prodromo di una stagione di incertezza altrettanto duratura e angosciante cui non si può che guardare con altrettanta preoccupazione.”

Facendo riferimento all’opera di Thomas Hobbes, Francesco Fantuzzi scrive, a pagina 31: “Il Leviatano contemporaneo ha ritrovato nello stato di eccezione, che eccezione tuttavia non è più, una sfera di legittimità nella quale non conosce rivali.” – lo stato è un granitico Lui; noi siamo i suoi minuscoli elementi, e questo valiamo: poco più che niente. È questo il messaggio? Oppure ho frainteso?

Rimango turbato dalla mia interpretazione, che sento trascinarsi goccia a goccia sulla mia pelle di cittadino. Interessante è quanto leggo tra pagina 40 e 41: “quasi il 70%” della gente ha fiducia soprattutto nei Vigili del Fuoco”; mentre, all’ultimo posto, stanno “i partiti politici.” Chissà perché?!

Una parola mi turba: “governance”, che gradualmente sta sostituendo ogni altra definizione del potere esecutivo; la quale governance sceglie di adottare “l’ossimoro dei nostri tempi, ovvero lo stato di eccezione come via permanente”.

Un accenno ora alla “parola ‘divisivo’ che, in pochi mesi, si è diffusa con la stessa rapidità del virus.” – e che tanto drammaticamente parve separare quei due contendenti verbali durante la presentazione.

Francesco Fantuzzi, a pagina 140, si chiede:Perché allora schierarsi, nella logica buono-cattivo? Cosa significa schierarsi oggi, come per le precedenti emergenze? E soprattutto, è possibile non schierarsi?” – forse urge saper individuare la modalità civile necessaria per farlo in maniera corretta.

Durante l’incontro, mi son chiesto se l’autore abbia o no in mente delle soluzioni, ché individuare i colpevoli è così facile che rischia di diventare ozioso. E qui sento di poter utilizzare uno spietato vocabolo inventato dall’autore: il “palcosceni(c)o” su cui tutti noi, anche col silenzio, ci si stava esibendo era tale che non sono stato in grado di carpire le eventuali risposte.

La nostra, scrive Francesco Fantuzzi a pagina 158, è “Paura della solitudine, che il caos placa senza dare risposta e soprattutto senza fare domande.” – facendo precipitare la nostra esistenza, in cui riusciamo però a scorgere “il dilagare di un modello consumistico di massa affrancato da ogni controllo sognato da tutti, ma a disposizione di una fascia sempre più ristretta di persone cui guardare con ammirazione e invidia.”

Caro Francesco Fantuzzi, io invito il lettore del tuo lettore, a cercare, come da tua indicazione, il significato originale del termine “lockdown” – che più doloroso non poteva essere.

“La Decrescita offre pertanto anche una via d’uscita ai rischi del Disumanesimo.” – una cosa del genere la diceva, in tempi precedenti alla pandemia, Aurélien Barrau, astrofisico specializzato in relatività generale, nonché autore del saggio ecologico Ora. La più grande sfida della storia dell’umanità, che mi vergogno di consigliarti la lettura, ché sicuramente lo conosci. Egli suggeriva, fra l’altro, d’evitare inquinanti viaggi in aereo per raggiungere esotiche destinazioni, proponendo al lettore di visitare, possibilmente a piedi, il proprio territorio. La cosa allora non mi garbò molto, ma alcuni mesi dopo dovetti ammettere che, grazie alla disgraziata pandemia (ossimoro orribile!), vi fu un abbassamento del livello dell’inquinamento nonché il restringersi del buco dell’ozono, fatto che parve quasi miracoloso. Da parte mia ho sempre amato viaggiare su e giù per la nostra penisola, utilizzando per lo più l’auto E questo non è stato sicuramente un’azione ecologica, anche se il carburante da me usato era meno inquinante della benzina.

“Ma, se non se ne occuperà la politica, dato che chi detiene le leve reali del potere certamente non lo farà, dovremo essere noi cittadine e cittadini a cercare responsabilmente nuove strade per migliorare le nostre esistenze.” – sono d’accordo. Ma come dice un caro amalfitano, ‘a teoria ‘a saccio ma è ‘a pratica che mi esce difficile.

Il concetto di emergenza permanente mi ricorda, per antitesi, la trotskiana rivoluzione permanente. Mi vien in mente anche la celebre frase pronunciata da un personaggio del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: “tutto cambia perché nulla cambi.”

Le bugie non solo hanno le gambe corte, ma mutano continuamente l’abbigliamento. Chi era (ferocemente) contrario al governo tecnico di pochi anni fa, oggi ne va seguendo le orme.

Francesco Fantuzzi citazioni
Francesco Fantuzzi citazioni

Dopo aver letto, nella tua Conclusione, ciò che scrivi a proposito del “Wasteocene” – di cui non indicherò né il significato né l’etimo, che sono e rimangono in fondo al tuo saggio per chi fosse interessato, m’accingo ora a digerire la Postfazione di Franco Motta, che mi pare solidale al tuo pensiero nel denunciare le colpe di questa “società dell’emergenza” – la quale tende a offuscare tante cose ma soprattutto “una speranza del futuro”.

Francesco, il tuo saggio La società dell’emergenza ha sviluppato alcune teorie che già covavo dentro di me. Tu mi sei servito da enzima catalizzatore. Questo, se ci pensi, è la funzione di ogni valido scrittore.

Il problema principale dell’orrore in cui viviamo consiste nel fatto che chi decide le sorti del mondo è covato nell’alveo dell’1% della popolazione mondiale, che detiene oltre il 50% delle risorse economiche. Il tutto è cinicamente gestito dalla finanza internazionale.

Chi desidera la guerra non è tanto spinto dal mito di Marte ma da quello di Creso. E non si sa se e quando è destinato a far la fine di quel re. Il commercio delle armi è un business sine qua non si può lucrare pure sulla concessione appaltata della morte e dello sterminio su base planetaria. La quale espressione mi fa ribrezzo ma serve a dare l’idea. L’umano che muore di fame in certe zone del mondo è funzionale al crescere del lusso ad altre latitudini e longitudini.

Vuoi sapere quale è la pagina che più mi ha fatto rabbrividire? È quando, a pagina 164, estrapoli un riporto tratto da I signori dell’immortalità di Enrica Perucchietti, che narra dell’intento di uno stra-riccone di investire una parte delle sue stratosferiche finanze al fine di garantirsi una serena vecchiaia, la quale dovrà non meno di “120 anni” – alla faccia dei bimbetti che, nel sud del mondo, muoiono di fame nella primissima infanzia.

Il patriottismo portato all’eccesso mira in modo spasmodico a proteggere i suoi confini, per cui ogni atto che si pone tale obiettivo è giustificato: reso assurdamente giusto. I confini dovrebbero sempre di più allargarsi, per cui io vado sognando un singolo stato europeo, dal Portogallo alla Norvegia alla Russia, in cui tutti i cittadini possano votare il partito in cui credono, confidando in un esecutivo onesto e rispettoso delle necessità di ognuno e capace di unificare, per esempio, i regimi fiscali. Nel nord d’Europa le tasse sono di certo più alte, ma anche i servizi resi al cittadino.

Una volta, all’interno di un pullman stipato oltre ogni immaginazione, rivolsi una folle domanda a una coppia del Queensland. Chiesi loro se i politici dalle loro parti erano onesti. La loro immediata risposta mi spiazzò: of course!

Il fatto che poco fa ho usato la parola sogno, potrebbe dar ragione a chi mi dice che si tratta di mere illusioni, almeno per la nostra generazione, e forse anche per quelle immediatamente successive. Ma se quel sogno diventasse realtà? Non sarebbe fantastico? Purtroppo ho di nuovo scelto l’aggettivo sbagliato!

È necessario un ritorno alla politica. È il motivo per cui il mio primo invito è che si vada a votare. Il mettersi in prima fila nelle discussioni che hanno al centro un discorso ecologico della comunità non è da tutti. Votare sì, se si ha l’età e la chance esistenziale di farlo. La prima o c’è o non c’è, la seconda dev’esser risvegliata. Di tutto questo, mi auguro, ne parleremo ancora, e per anni. Per ora, ti dico solo grazie, Francesco Fantuzzi!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Francesco Fantuzzi, La società dell’emergenza, Edizioni Sensibili alle foglie, 2024

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *