“Dai buchi neri all’adroterapia” di Catalina Oana Curceanu: la gravità è un sommo mistero?

Recensione del libro “Dai buchi neri all’adroterapia” di Catalina Oana Curceanu

Dai buchi neri all’adroterapia di Catalina Oana Curceanu
Dai buchi neri all’adroterapia di Catalina Oana Curceanu

Secondo Il giovane Holden, protagonista del libro di Salinger, ci sono dei libri che ti tolgono il fiato e che “tu vorresti essere suo amico e chiamarlo al telefono ogni volta che ti gira e che gli giri la pagina”. Per Borges un libro privo di lettori resta un incompiuto. Ogni lettore, fatalmente, aggiunge qualcosa di suo. Anche la sua ignoranza, all’occorrenza.

Scrittore e lettore sono come due stelle doppie che si attraggono, gravitando l’una sull’altra, scambiandosi pezzi di materia. Nel nostro caso Catalì, anche pezzi di anima!

Da qui in poi, Catalina Oana Curceanu, scriverò una serie di commenti al tuo libro Dai buchi neri all’adroterapia.

I parte ‒ a pagina 9 affermi: “i fenomeni (naturali) possono e devono essere descritti usando un linguaggio… la matematica…” – nulla da obiettare: non abbiamo, attualmente, alcun’altra sintassi idonea a verificare la correttezza di un’affermazione scientifica.

Kurt Godel dice che anch’essa è indecidibile, ma null’altro v’è di più certo. Inoltre, Karl Popper assicura che ogni teoria, se è scientifica, è falsificabile, cioé è destinata a essere variata: così successe a Newton con Einstein.

A pagina 10 discuto le parole del mitico Galileo: Il libro della natura “è scritto in lingua matematica…”; discuto queste poche parole dell’assennatissimo discorso del grande Pisano. Il problema della rinormalizzazione della massa dell’elettrone, che tanto turbò Feynmann e Dirac, è un indizio che le cose non stanno del tutto così. La matematica è un mezzo tecnico artificiale, ed è la lingua con cui noi implumi bipedi cerchiamo di tradurlo. Vi sono perturbazioni, come indica il teorema di Haag, che rendono inconsistenti certi calcoli di campi liberi e non liberi.

Noi abbiamo l’utilissima abitudine di cercare di definire cose che esistono con grandezze che non esistono, oppure che vivono in un ambito immaginario e complesso.

Il libro della natura è scritto in una lingua tutta sua. Un po’ come il Corano, che si dice sia stato dettato in arabo da Allah in persona. Qualche anno fa lessi la sua umana traduzione in italiano.

Sarei pronto a scommettere che in natura tutto è reale e determinato, nulla è impreciso o poco accurato. Il gatto prima o poi vive o muore con una probabilità che non può che, talvolta, solo sfiorare la certezza, e questo da miliardi di anni.

L’affermazione di Galileo non è stata ancora comprovata e non lo sarà per molto tempo. Oserei quasi dire che basata su una teoria religiosa, perché improbabilmente probabile.

Un commento sulla tua grande capacità di dire le cose: usi il linguaggio di tutti i giorni e sei comprensibilissima, oltre che esauriente.

Mi sai dire perché quando un non addetto ai lavori parla di fisica con uno scienziato utilizzando il proprio linguaggio viene spesso definito wacky? Se alla fine si tratta dello stesso umano linguaggio?

A pagina 21 dici:Ci sono dunque fenomeni nei quali la luce si comporta come un’onda… e altri nei quali la luce è un corpuscolo.” – e la frase non mi pare meno assurda, ancorché basata sulla realtà, della frase: “le particelle assumono vari gradi di libertà (due, ad esempio: frequenza e lunghezza; oppure tre) a secondo del fenomeno occorso”.

Bohr afferma che la particella esiste solo nell’atto compiuto dal suo osservatore. Solo in seguito a quell’atto, essa cessa d’essere un imperscrutabile quasi nulla energetico. Se il fotone (o il protone o qualsiasi altro fermione o bosone) si comporta come onda oppure come materia, significa che può passare dallo stato all’altro, e non che sia contemporaneamente entrambi gli stati. Questo spiegherebbe l’esperimento delle due fenditure, che tu descrivi nell’ultima pagina del capitoletto.

Gli stringhisti sono pronti ad accettare che la loro teoria preveda 10/11 dimensioni, 7 delle quali zippate come unghie retrattili, ma forse nemmeno loro riescono a risolvere l’enigma: perché, nel suo volo libero. Una particella talvolta debba trasformarsi in esseri diversi di varie dimensioni, che tiri su e giù, a seconda del caso, qualche fantomatico carrello, insomma.

A pagina 243 parli di oscillazione in viaggio dei neutrini. Non è proprio la stessa cosa ma…

Il capitolo sull’antimateria è affascinante. L’unica risposta che mi viene da dire a proposito del mistero dell’enorme disuguaglianza fra materia e antimateria è che, forse, quest’ultimo nostro conato serve poco: il tutto è inevitabile. Ma quando darei per sapere la risposta! La mia vita non basterebbe!

All’incirca vale la seguente proporzione: materia sta ad anti materia = energia oscura sta a energia positiva. La proporzione forse non regge, in quanto l’antimateria è molto meno, però la questione fa meditare (a noi giovincelli studentelli under 70!).

A pagina 80 affermi: “… l’Universo aumentò le sue dimensioni in modo esponenziale, espandendosi con una velocità molto più grande di quella della luce. Ricordiamoci che non è possibile superare la velocità della luce nello spazio, la velocità di espansione dello spazio stesso, come nel caso dell’inflazione, però non ha limiti…”

Chissà cosa ne pensa il tuo collega Carlo Rovelli, che identifica lo spazio come un insieme di grumi rotanti. Orbene, essi espanderebbero la loro attività a una velocità maggiore di c, simbolo della velocità della luce nel vuoto; quindi, ‘sti grumi dervisci, secondo Einstein, andrebbero indietro nel tempo, a mo’ di tachioni (che nessuno, nemmeno il grande Giancarlo Ghirardi, insigne fisico e divulgatore, di cui ho letto, grazie ai tuoi suggerimenti, alcune opere sulle Simmetrie, mai fu in grado di rinvenire sperimentalmente).

Riprendevi il discorso da un passo precedente, a pagina 73: “… il raggio dell’Universo osservabile misurerebbe esattamente la sua età, cioè il suo orizzonte sarebbe a circa 13.8 miliardi di anni luce da noi. In realtà, la distanza effettiva di questo orizzonte è più grande, in quanto nel tempo trascorso per far sì che la luce possa arrivare fino all’osservatore, questa distanza ha continuato ad aumentare per effetto dell’espansione… per le zone molto distanti dall’osservatore l’espansione avviene a velocità più grande della luce…”

Il tuo discorso, colto in altri libri, ricorda un post che lessi su un social, in un gruppo di esperti di meccanica quantistica: “Abbiamo due bolle spazio-temporale che circondano due zone in cui sono poste particelle e fotoni. che viaggiano in direzione diametralmente opposta ad una velocità pari a 160.000 km/sec. La velocità del loro allontanamento supera quella della luce = c.”

Per cui posi la domanda: “I fotoni presenti hanno mantengono fra di loro, anche in riferimento ai fotoni dell’altra bolla, una velocità = c, oppure una velocità maggiore di c?”

La risposta fu, quella che avevo previsto: “Ma che dici?!!, la velocità di un fotone non può MAI superare il valore di c!

Chi ci capisce più niente?!

Si sa che il fotone f1 ha velocità c sia nel sistema di riferimento solidale con la sorgente di luce, sia nel sistema di riferimento con il fotone f2, sia in qualsiasi altro riferimento inerziale. Due particelle che viaggiano ognuna all’interno della propria bolla che è opposta a quella dell’altra, si allontanano tra loro ad una velocità maggiore di c. Due fotoni, ognuno all’interno della propria bolla, non possono superare la velocità c, ergo devono immediatamente uscire dalla bolla.

Nel caso che incontrino una massa che impedisce loro di passare, anziché rallentare, rimanendo, per causa di forza maggiore, all’interno della bolla, paiono così costretti a negare la loro natura di fotoni, acquisendo necessariamente (logicamente dovrei dire) una velocità di reciproco allontanamento superiore a c.

Non sto qui a dire, cara Catalina, che tu abbia descritto qualche ipotesi o alcuni fatti strampalati in Dai buchi neri all’adroterapia, ma che qualcosa del tuo ragionamento mi fa riflettere, specie quando si tocca l’argomento della velocità della luce. La maggior parte degli studiosi di fisica abbondano di spirito critico scientifico, ma sono carenti del corrispettivo filosofico, mancando di consapevolezza circa le problematiche logiche.

E c’è anche la corposa ipotesi che il sottoscritto non sia in grado di capire certe affermazioni scientifiche. Se è così, porta pazienza, sto ancora cercando di imparare l’essenziale.  Sono ripetente da decenni, ormai, ma repetita iuvant, dicono, e ne sto quasi approfittando.

Leggo con grande interesse la seconda parte.

Non dissento dalla citazione di Fichte (pagina 83): il progresso della scienza è di fatto un progresso del genere umano. Non è necessariamente un progredire verso la felicità. Pensa a cosa non sarebbe successo se non fosse stato inventato il motore a scoppio. Chi sa rispondere al quesito se ha stroncato un maggior numero di vite l’inquinamento da idrocarburi e gli incidenti stradali, o ne ha salvate di più la maggior speditezza dei soccorsi dell’autoambulanze? A sette anni, mentre andavo a catechismo, venni investito da un’auto e solo per un pelo non andai a suonare l’arpa su una nuvoletta (avendo il Paradiso assicurato, immagino). Nel 2003 mio padre fu ucciso da un’auto. Il destino beffardo è che entrambi gli incidenti sono accaduti mentre il pedone stava tranquillamente attraversando le strisce pedonali! La colpa è sempre di noi umani, però.

Ma quanti ne ha ammazzati l’invenzione di tali strisce dove il pedone confida maggiormente e spesso a torto nella clemenza di automobilisti che sono spesso distratti o poco osservanti?

Uno dei miei umani preferiti è Leonardo e ritrovare la Battaglia di Anghiari che tu descrivi a pagina 170 e seguenti sarebbe per me un’emozione incommensurabile.

Avevo letto col massimo interesse anche il capitoletto di pagina 53 sulle cure radioterapiche, a cui una mia congiunta si sta sottoponendo proprio in questi giorni.

Un particolare di pagina 176 mi agevola il lancio di una (quasi gratuita) nefandezza teorica in una sezione del libro davvero bella, nonché di inclìto carattere tecnologico.

I neutrini hanno una massa e obbediscono alla gravità, viaggiando perciò a velocità sub-luminale.

Fra tutte le stramberie più paradossali inventate dai fisici del XX secolo, la maggiore riguarda l’esistenza dei gravitoni, previsti per far quadrare i conti con i concetti di simmetria. Quattro forze, quattro bosoni vettoriali. Dopo circa un secolo i responsabili delle tre forze subatomiche sono stati ampiamente individuati e descritti. Il gravitone, presunto responsabile della forza gravitazionale no: trattasi di un super latitante. Ma c’è chi ci spera sempre: non può non esserci, per ragioni di simmetria. Ma tu, Catalina, riesci ad immaginarti i miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di neutrini, ognuno a passeggio con il suo gravitone, come un leggerissimamente greve lord inglese col suo prode ed energetico fox terrier? E ogni fox terrier con il suo minuscolo foxino terrierino? Anche i gravitoni (massicci o no?, lo vogliamo decidere finalmente?!) avrebbero diritto al loro controgravitone, oppure no? Io non ci credo, leggi: non riesco a crederci! Qui però la fede non dovrebbe entrarci troppo, ma l’unica spiegazione, se si crede in modo cieco nella simmetria, ma non nel gravitone, è immaginare che la gravitazione non sia affatto una forza, bensì una tendenza naturale, come può esserlo la gravità negativa espressa dall’energia oscura.

La massa e la sua corrispondente energia rappresentano la tendenza a cascare nella propria incurvatura dello spazio che porta colà, da dove si è giunti fin costì. E non c’è bisogno di alcuna bestiolina per capire il fenomeno. Non v’è qui la stessa necessità che ben descrivi a pagina 177, dell’esistenza del neutrino come intuì Pauli.

La gravità è un sommo mistero ancora bel lungi dall’essere risolto.

Esiste quell’altro grande mistero riguardante la materia oscura, che potrebbe racchiudere il problema della gravitazione e di eventuali altri esserini ad essa collegati. Devo ammettere di non essere ancora riuscito a capire cosa intenda Rovelli quando parla di spazio particellare, ridotto a una serie quasi infinita di grumi spaziali. La mia opinione è che lo scienziato italiano sia molto lontano dall’avere lui stesso le idee chiare su gran parte della sua teoria, ma che, fra tutte, essa sia quella che meglio si rapporta alla sua visione della realtà.

C’è qualcosa che non capisco in una frase di pagina 195:Dunque l‘effetto della relatività ristretta va al contrario di quello della relatività generale, ma non si compensano. Ne risulta un effetto globale dovuto alla relatività pari a un anticipo di 38 microsecondi al giorno per il tempo che scorre sul satellite.”

Detta così, parrebbe che le due relatività (generale e ristretta) abbiano effetti opposti: la prima prevede che “oggetti situati in campi più intensi rallentano rispetto a quelli situati in campi meno intensi, e risulta che gli orologi terrestri vanno circa 45 microsecondi al giorno più lenti rispetto a quelli posizionati sui satelliti: il tempo su un’orbita satellitare scorre a un ritmo leggermente più veloce.”

Per la relatività ristretta il tempo su un’orbita satellitare pare scorrere a un ritmo leggermente più veloce, di circa 7 microsecondi.

Se tale teoria da un lato mi giunge nuova (pazienza!), dall’altro mi lascia stupefatto. Perché? Se lo chiede con ansia un bambino quasi affetto da andropausa.

A pagina 233 e seguenti sei molto chiara nel descrivere il fenomeno collegato al meccanismo di Higgs. Ho capito che fai parte della schiera che confida nel fatto che il bosone relativo sia stato prodotto dall’LHC. Alcuni scienziati hanno espresso dubbi (vedi cosa ne dice Lisa Randall, in suo recente libro).

C’è da dire che un cosmo così pieno di rivali concorrenti come a) gravitoni b) granuli spaziali rovelliani c) bosoni di Higgs: assomiglia molto a una fiera dove non venderà semplicemente chi è in possesso del miglior prodotto, ma chi lo sa vendere meglio. È già accaduti per i videoregistratori e per i sistemi operativi. Idea: facciamo un’expo dedicato all’argomento!

Ottima la similitudine: le particelle sono come corpi che scorrono sulla neve: il fermione massivo sente l’attrito del terreno, il fotone no, mentre il bosone di Higgs è la palla che scivola. Alla fine però tutte scendono in basso. Manca però la particella oscura che è costretta a risalire il pendio.

Nel tuo bellissimo capitolo dedicato ai neutrini manca una cosa. Aveva ragione Dirac o Majorana? L’anti-neutrino è identico o simmetrico al neutrino? Riflesso nello specchio è uguale o opposto? Si tratta sicuramente di un problemino, risolto il quale si sarò fatto un balzo da pantera in avanti.

Assai ben spiegato è l’argomento sui buchi neri, tranne che in un particolare. Non risulta chiaro al lettore non specialista il motivo per cui il campo gravitazionale di un BH dovrebbe attirare la particella con energia negativa e rigettare quella con energia positiva, e non il contrario. Anche in caso contrario sarebbe rispettato il primo principio della termodinamica. La differenza sarebbe che nel mondo ci sarebbe un tot di energia negativa. Ma alla contabilità del BH cosa importerebbe? In tal modo, il BH firma la propria condanna a morte. Immagino che mi manchi un paio e più di passaggi. Non risulta però chiaro nemmeno il perché il BH non attiri entrambe le particelle e quale forza aiuterebbe la particella ad energia positiva a scappare.

Sull’energia oscura: ho sempre pensato alla massa gravitazionale in connessione col tempo, secondo la teoria relativistica.

Il suo opposto è rappresentato dall’energia oscura: che sia quest’ultima connessa col futuro? In una sorta di spazio potenziale in cui, prima o poi, o il bosone di Higgs o qualunque altra stregoneria avrà modo di esistere? Semplicemente un campo potenziale?

Sarebbe interessante saper rispondere alla domanda: la percentuale di energia oscura varia col tempo? E anch’essa sia soggetta o no all’entropia o a qualche forma di contro-entropia?

Catalina Oana Curceanu citazioni
Catalina Oana Curceanu citazioni

Particelle che venivano dal futuro facevano parte dell’equazione di Dirac sull’anti-materia, anche se il discorso pare valga soltanto nel contesto dei diagrammi di Feynman, che serve per tenere traccia di ogni pezzettino di quello che si sta dicendo, di pezzi di un conto, come ha detto qualcuno a cui rivolsi una domanda attinente a tale misteriosa soluzione. La fisica ha bisogno, per ragioni di calcolo, di puntate in terre che non esistono o non esistono ancora. E questo mi pare il mistero dei misteri. Quello più affascinante per me.

Riscontro un probabile ma non del tutto accertato (da me) refuso storico: a pagina 20 racconti l’esperimento di Eddington che provò per la prima volta la giustezza della teoria einsteniana.

Hawking, nel II capitolo de Dal big bang ai buchi neri non cita il nome di Eddington, ma l’esperimento dovrebbe essere quello da te descritto.

Secondo il cosmologo inglese, l’esperimento del 1919, fu compiuto da una spedizione britannica che, “confermò che la luce delle stelle veniva effettivamente deflessa dal Sole nel modo previsto dalla teoria”. Però, in “un posteriore esame delle fotografie eseguite nel corso di quella spedizione ha dimostrato errori dello stesso ordine di grandezza dell’effetto che si cercava di misurare. E che la misurazione si era rivelata un caso di mera fortuna, ovvero era stata influenzata dal fatto di conoscere già il risultato che si voleva ottenere, un fenomeno non inconsueto nella scienza.

Quando lessi, nel 2015, questo tuo saggio Dai buchi neri all’adroterapia, Catalina, cominciai quasi a volerti bene. La tua dolcezza nell’esporre teorie a volte astruse, l’ho colta anche nelle conferenze on line che, specie in tempo di covid, facevi quasi settimanalmente.

Ho una quasi certezza (facilmente attestabile): la mia reazione contiene un tot di fraintendimenti.

Poiché tanto affetto provo per te, ho deciso di regalarteli. Alla prossima tua opera, Prof!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Catalina Oana Curceanu, Dai buchi neri all’adroterapia, Springer, 2013

 

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