“Jude l’oscuro” di Thomas Hardy: a white or a black mirror?

Nell’Introduzione di Maria Stella leggo che l’uscita di Jude l’oscuro causò l’abbandono da parte di Thomas Hardy della “prosa per dedicarsi alla sola poesia” – a causa delle terribili “incomprensioni critiche, censure, addirittura un rogo del libro…” – tanto da avvalorare la tesi che emerge dal detto cilentano: chi rice a verità vol esse accisu.

Jude l’oscuro di Thomas Hardy
Jude l’oscuro di Thomas Hardy

E quale sarà questa verità indicibile che tanti problemi recò a un autore per bene e sincero come lo fu certamente Thomas Hardy?

Forse perché in lui “prevale un criterio di verità poetica, colta nel suo farsi e ricca di non detto”? – che inesorabilmente si tramuta in un detto troppo?

Inizio a reagire per iscritto poche ore dopo aver concluso la lettura, ergo so quel che immagino di sapere. La verità, però, chissà dove s’è rintanata…

Concordo con la metafora espressa da Maria Stella:la stessa inarticolata sofferenza accomuna Jude e Sue al coniglio straziato nella trappola, alle piante tagliate che sanguinano.”: non si comprende quanto volontari martiri, nel senso di testimoni, del dramma che scaturisce allorché i tempi cambiano, per riformarsi ogni volta chissà in che modo.

La frase in esergo è “la lettera uccide – che è una citazione tratta dalla Seconda lettera ai Corinti di San Paolo. Noi siamo persone in carne e ossa, mentre, come diceva Carlo Levi nell’omonimo libro di memorie, Le parole sono pietre: tanto in grado di erigere monumenti quanto di lapidare.

A seconda del romanzo che leggi, Il vangelo secondo Gesù Cristo di José Saramago o La gloria di Giuseppe Berto, la figura di Giuda offre una visione di sé differente. M’identifico più in lui che in chi da lui fu tradito, ma quello che vorrei sapere da Thomas Hardy, e non so quando avrò l’occasione di chiederglielo dal vivo (sarà forse un problema), è perché l’abbia chiamato Giuda e non, che so, Stefano, il Protomartire. E perché l’oscuro? Difficilmente ho incontrato, leggendo, un personaggio più chiaro e trasparente, tanto che a volte riesco a specchiarmi nel suo alveo. E se, vilmente, mi decidessi di rubare il titolo al saggio di Gian Mario Anselmi White mirror, che forse non c’entra alcunché col romanzo serve però a dare l’idea?

Fin da mocciosetto, Jude sogna di essere colà, nella città ove si leggono cose difficili, a “Christminster” – dove abita un suo pregresso maestro e dove, gli dice uno zoticone che pare la sappia ben lunga, “parlano soltanto le lingue straniere usate al tempo della Torre di Babele, quando tutti avevano lingue diverse. Essi leggono quella roba con la stessa velocità del frullo d’ali di un falco…” – come ti capisco, amico Jude, e come condivido la tua voglia di conoscere quel che ti appare così distante seppur raggiungibile! Sappi che c’è un solo tipo di libri che non ce la faccio ad amare, quelli che non riuscirò mai a leggere. Ma sorrido, e come potrei farne a meno, alla similitudine che fa quell’ignorante buon uomo:Sappi che là allevano preti come si coltivano le rape negli orti.” – anche lui, se avesse avuto i mezzi (perché la testa ce l’ha) sarebbe diventato uno molto studiato, come sogni d’essere tu. Christminster: “È una città di luce.” – “È il luogo dove…” – “È il luogo da dove…” – ma, soprattutto, “È come un castello abitato da dotti e da teologi…”ergo: “È proprio il luogo che fa per me.”

E, dopo non troppo tempo, puoi dire:Ho acquisito ormai una capacità di leggere i classici, in particolar modo quelli latini, pari alla media degli studenti.” Da noi, galli boi, unni, goti e romanacci di quart’ordine come siamo (sto parlando degli arṣân tésta quêdra, dei reggiani teste quadre) gira, svolazzando, l’espressione: la vita è la vita, ma la solita è la solita. Ed Essa, nel tuo caso la prima, si chiama ora Arabella, la quale ti cattura come si fa con un’esca infilata a un amo. Quell’astuta femmina t’ha innescato, amico mio! Detto che ho imparato in Campania: L’uomo è cacciatore e la donna è pescatrice.

A chi ha dei dubbi a proposito, propongo di leggere quest’opera da pagina 55 in poi (Capitolo Sesto della Parte Prima). La Parte Seconda si avvia quando il sodalizio (comprensivo di matrimonio) fra voi due piccioncini è andata a ramengo. Non è accaduto tutto in una volta, ma giorno dopo giorno. Inoltre, Arabella s’è imbarcata per l’Australia con la sua famiglia d’origine.

Mi vengono in mente due proverbi reggiani e, poiché la forma originale del primo è volgare rispetto alla lindura della scrittura di Thomas Hardy, li fornisco entrambi in un’asettica traduzione. Il primo è: l’amore e la dissenteria chi non li prova non li sa credere; il secondo è più tragico (e non sempre catartico): tutto ha fine. Il terzo, che conio in questo momento, ma chissà quante volte è stato detto finora con altre parole: in ogni fine si cela un nuovo inizio: E = mc2. Due particelle che vengono a contatto interdipendono fra di loro per l’intera loro durata, fenomeno che si chiama entanglement, secondo una correlazione che dura la loro minuscola eternità e che è più rapida della luce. E poiché ogni particella si correla a tante sue consorelle, prima o poi l’intero cosmo interagisce con se stesso. Dopo tali amenità relativistiche e quantistiche proseguo ora la mia disamina letteraria (si fa per dire).

Nella Parte Terza si sviluppa l’immenso amore della tua vita, mio Jude, con la tua (caduca!) Sue, che per fotografarla per quel che appare a tutti (a te per primo) bastano queste sue frasi: “‘Ho tanto freddo!’, disse, battendo i denti. ‘Posso riscaldarmi vicino al fuoco, Jude?’.”

Sue è una donna in carne e ossa, però è davvero angelica! Le mancano sia le piume remiganti che quelle timoniere, però ha quasi infinite, graziosissime, penne di contorno!

Jude, tu sei un promettente studioso, ma non di tipo speculativo, come mi pare invece sia lei. Mai si accontenta, lei, ché vuole sempre andare oltre. Tu sei capace di dire: “Senti cara, io penso che si deve pur accettare qualcosa come vero; la vita non è abbastanza lunga da poterla analizzare come ogni singolo elemento dei problemi di Euclide, prima di credere alla verità dei suoi postulati. Io accetto il Cristianesimo.”al che quella ti fa una battuta (a pagina 153), che non oso riportare.

Dopo di cui professate la fede che avete l’uno nell’altro, promettendovi un sempiterno benvolere. Lei dice: “… perché sei buono di cuore e perdoni sempre i miei errori e le mie tirannie!” – quando un tiranno ammette di esserlo significa che (a modo suo) è illuminato.

Arabella, che inevitabilmente è testé tornata da quelle remote bande australi, è una donna acqua e malizia, non cattiva ma troppo rozza per porsi ogni sorta di problema sentimentale, specie se insolubile. Donna terra terra e saggiamente furba.

L’uomo che ora sta cercando di coniugarsi con Sue è l’antico e ormai anziano tuo maestro, Phillotson, un tipo che più virtuoso di lui non è lecito essere. Come tu t’ammogliasti con quella florida pollastra, Sue si sta ora coniugando con quell’attempato docente.

“Probabilmente, nella sua enorme incoerenza…” – si sta parlando ovviamente di Sue – “… lei avrebbe continuato a infliggere tali dolori e, allo stesso tempo, addolorarsi per colui che faceva soffrire.”se si stia parlando di te o del maestro, poco importa. Lei così si comporterà con entrambi, a seconda del momento. Pur volendo bene sia a te che a lui. E più a te che a lui, stanne certo. Ma, al pari di quelle particelle quantistiche, il suo tragitto finale è indeterminabile: una Z Question, direbbe Roger Penrose, recente premio Nobel per la fisica.

Tu non sei affatto oscuro, ma trasparente, anche nei tuoi propri confronti, tanto che l’autore dice di te: “Comprese, tuttavia, con grande sconforto, che era un uomo troppo facile alle passioni…” – e su tale fatto nessuno può dir nulla – “… per diventare un buon sacerdote; poteva solo sperare che nella lotta interiore tra la carne e lo spirito, la prima non ne uscisse sempre vittoriosa.” – chi vivrà vedrà, magari l’attimo prima di spirare.

“… sebbene il bacio che aveva dato a quella creatura angelica gli fosse sembrato il momento più puro della sua vita di peccatore, finché nutriva quell’illegittimo sentimento era completamente assurdo che perseguisse l’idea di diventare il soldato e il servitore di una religione che considerava l’amore sessuale…”lo sappiamo, lo sappiamo… Che ci vuoi fa’, è tipico delle fedi inventarsi delle fandonie, al fine di giustificare delle usanze e condannarne delle altre. Poi, Panta Rhei, anche ogni sorta di religio.

Tu pensi, anche se il pensiero pare sia del tuo autore: “Strano che la sua prima aspirazione verso la carriera accademica fosse stata soffocata da una donna, e che ancora una donna ostacolasse questa seconda aspirazione verso l’apostolato.”Alexandre Dumas coniò l’espressione chercez la femme, che pare significare che all’origine di tanti fatti e misfatti c’è alla base il desiderio dell’uomo di accalappiarsi una particolare donna. Anche se poi, man mano che cresce la questione, più che la femme è l’argent, il vil metallo, e ancora di più l’or, e il petrolio, il gas metano, etc etc, che rappresentano i reali motivi per cui si propugna quel cancro che pare debba reggere il mondo, devastandolo al contempo: la guerre.

Dopo di cui, la cultura serve solo come “carta da macero”, ma più che altro da ardere.

“… la gracile e piccola moglie di un marito, la cui persona le era insopportabile, la fanciulla eterea, sensibile, nervosa, completamente negata per temperatura e per istinto alla relazione coniugale con Phillotson, e probabilmente con qualsiasi altro uomo, continuò a camminare, andando, e con gli occhi stanchi a forza di guardarsi intorno e a piangere disperatamente.”e questa è l’immagine che di Sue manterrò negli anni a venire. Ella è un essere che ama, soprattutto e forse solo, disperatamente, facendo beare e, un attimo dopo, soffrire la persona amata, e che si bea e soffre più di tutti gli altri esseri da lei teneramente ben voluti e incolpevolmente mal trattati. Per lei, e lo dice a pagina 212, da biasimare è “il mondo intero, credo; l’esistenza in generale, che è così brutta e crudele.” – anche se lei rimane consapevole di un fatto: “Sono ingiusta e malvagia, senza dubbio!” – anche la mitica Ate lo era, credo, consapevole.

Sue ora abbandona il buon Phillotson, che benignamente (e soffrendo come un cane) le concede la più ampia libertà di ferirlo pressoché a morte.

Mi domando in quanti sarebbero capaci di impedire a questo gracile portento umano di recare dolore a chi, venendo a contatto con lei, rimane, come si diceva poc’anzi, quantisticamente entangled! Forse un saggio tibetano, o un vergineo bonzo, o un porno anacoreta! Chissà!

Gillimham, amico del maestro, quando nessuno lo poté ascoltare, disse a se stesso queste sessiste parole: “Ci vorrebbe una buona dose di schiaffi, per farle mettere giudizio, ecco quel che penso.” – Credo, quasi religiosamente, che davanti a una tale Madonna o la pigli in uggia (e a calci in culo) non appena la scorgi transitare per la prima volta, oppure, se non fai in tempo, rischi di rimanerne abbagliato, anzi, è più corretto dire intrappolato, per via di quella sua vischiosa e deliziosa pania.

Ora tocca a te, Jude patire: “Mia cara, la tua felicità viene prima di qualsiasi altra cosa, anche se sembra che siamo sempre sul punto di litigare; la tua volontà è legge per me.” – il conflitto fra i due pare ora più follemente equo, ma se dovessi puntare mezzo scellino (anche perché ho ormai letto l’intero romanzo), non ho più dubbi su chi sarà il peggior perdente. Sue ha un’arma diabolica e immagino che non possa non saperlo: un suo mezzo bacetto può risolvere qualsiasi contenzioso. E lo può determinare in maniera ineluttabile.

Ora le dici: “Ma tu, Sue, sei una creatura così eterea, quasi priva di corpo, non hai – permetti che te lo dica – e un minimo di passione animale, che puoi agire secondo ragione sulla faccenda, mentre noi poveri mortali, fatti di una più grossolana sostanza, non possiamo.”se ci proviamo, rischiamo le nostre misere piume. Il problema di questa diafana donna è che non ha mai incontrato il suo corrispettivo. Il tuo, mio Jude, è che le assomigli soltanto nella prima metà, mentre l’altra sarebbe sana, ma poi diventa mortale in quanto si rivela inadeguata a quel celestiale incontro.

Sue, secondo il tuo autore “era come un’arpa che il minimo soffio di un’emozione proveniente da un altro cuore faceva vibrare immediatamente, come se quell’emozione violenta provenisse dal suo.” – era un’assoluta e miseranda solidale, nulla più.

Accenno soltanto alla presenza (che si rivela mortifera) del figlio che avesti (senza saperlo per tanti anni) da Arabella, che era partita gravida ignorando d’esserlo, e che fu dalla sua famiglia chiamato “Piccolo Padre tempo” – poiché, il poverello spiega: “Ho l’aria così vecchia, dicevano…” – ma che poi tu, Jude, vuoi battezzare col tuo stesso nome, riconoscendolo come una remota parte di te.

Il titolo di ogni singola sezione del romanzo dipende dal luogo dov’è svolta la vicenda principale: A Marygreen, A Christminster, A Melchester, A Shaston, Ad Aldbrickham e altrove, Di nuovo a Christminster: si tratta di una specie di Via Crucis e nulla più.

Ora siamo arrivati a capolinea. I birilli uno dopo l’altro rischiano d’essere investiti dalla nera boccia del destino. Vi saranno soltanto quattro morti consanguinei. Non importa che vada a indicare chi siano, ma mi limito a dire che sono i più innocenti di tutti. Anche se il più innocente in assoluto vedrà coronarsi per la seconda volta il sogno della sua vita, e di questa sua incommensurabile fortuna patirà le conseguenze fino alla morte. A chi de-cederà prima, non andrà peggio.

Jude, a pagina 304, dici: “Ma, forse non sono altro che una povera vittima di quello spirito di irrequietezza intellettuale e sociale, che rende infelici tanti uomini al giorno d’oggi.” – anche perché mentre tu sei ancora tale, l’oggi si è già tramutato in un tremendo domani.

Sei un uomo onesto come pochi, Jude, quando, coram populo, affermi, con la massima schiettezza: “Ormai non mi resta altra regola di vita che seguire le inclinazioni che non danneggino né me né gli altri, e che possano procurare gioia a coloro che amo di più.” – che è anche il mio sogno, fratello.

Una dopo l’altra, quel Piccolo Padre Tempo aveva inanellato piacevoli frasi del tipo: “Sarebbe stato meglio se non fossi nato, non è vero.” – non so che dirti, mio sfortunato nipote. Non ricordo i nomi dei due tuoi fratellastri, figli di Sue, di cui sono ugualmente zio, perché secondo me l’autore apposta non li ha comunicati, essendo il dato inutile e forse dannoso alla narrazione. Se invece li ha detti e mi sono fuggiti, chiedo scusa, ma non ce la faccio a rileggere il romanzo. Sarebbe un progetto per me quasi esiziale.

Jude, ripeti ancora una volta un concetto a cui già accennasti. Non intendo ripetere le tue parole, ma dico solo che, mentre tu sei doppio, come tutti quanti noi, riesci a far convivere le tue interne divergenze, mentre Sue no, non ce la farà mai. Mentre ne fa sopire una che devasta il cuore di un amato, reca dolore a un’altra persona a cui vuol bene. Non lo fa per cattiveria, ma perché è così, destinata a ferire a morte chi donerebbe la vita per lei.

Thomas Hardy - citazioni
Thomas Hardy – citazioni

Vorrei ricordare che Arabella (la cui figura non smette mai di tormentare né il lettore, né te, sia che scelga di andare in Australia, sia che ne torni, sia che ti riacchiappi, mio Jude, come si fa con una preda boschiva) ha una specialità di cui va tanto orgogliosa: riesce “a fare le fossette” che tanto rendono grazioso il suo paffuto viso. In fondo è l’unica persona normale di tutto il romanzo, anche se non certo la più simpatica e quella a cui il lettore affiderebbe alcunché di prezioso.

Non so dirti se ho amato il tuo modo di congedarti da me, con citazioni dal “Libro di Giobbe”, ma forse sì: te ne stai andando via da tutti questi paesini con un animo del tutto appagato e sereno.

Ora mi rivolgo al tuo autore, dicendogli che ha avuto un bel coraggio a far convolare e s-convolare varie volte a giuste e deprecabili nozze i protagonisti di una storia ambientata in una società di stampo vittoriano.

Due esseri umani, senza alcuna coercizione, decidono di convivere finché la morte del loro rapporto non li allontanerà per sempre. In caso di rottura del patto originario, può crearsi un notevole scandalo, qualora si creda che sia Dio in persona a scegliere chi far sposare chi, e non l’umano e talvolta scorretto arbitrio.

L’esperienza insegna che, seguendo la propria pur incerta natura, sono l’uomo e la donna a decidere di unirsi ed eventualmente di separarsi, opponendosi ai dettami della morale collettiva, col rischio di patirne delle conseguenze di natura sociale. L’unico connubio che pare a tutti definitivo è di colui che giunge al termine del suo percorso esistenziale.

Lo spinoso problema è che, in tal disgraziato caso, egli non può che ignorare quale siano le regole successive a quell’estremo suo, tanto sommesso, passo.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Thomas Hardy, Jude l’oscuro, Newton Compton Editore, 2016

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