“La caduta della casa degli Usher” di Mike Flanagan: miglior serie tv horror?

Breve recensione senza spoiler de “La caduta della casa degli Usher”

La caduta della casa degli Usher di Mike Flanagan
La caduta della casa degli Usher di Mike Flanagan

In un’epoca in cui l’horror nelle sale cinematografiche non sembra soddisfare a pieni voti gli appetiti degli amanti del genere, la serie tv “La caduta della casa degli Usher” è piombata su Netflix con un’originalità narrativa e uno stile estetico convincenti, rivelandosi un’opera di spessore artistico e culturale.

Ispirato dalle visioni macabre e dalla penna affilata di Edgar Allan Poe (il titolo stesso è un richiamo all’opera del celebre autore, pubblicata nel 1839), la serie trascina lo spettatore in una spirale di oscurità, intrigo e orrore, con un racconto profondamente coinvolgente.

Il regista e sceneggiatore Mike Flanagan, noto per le sue precedenti opere, soprattutto “The Haunting of Hill House” e “Midnight Mass”, con “La caduta della casa degli Usher” non soltanto si conferma una garanzia in ambito serie horror contemporanee, ma va ben oltre, complicando trame e personaggi, e portando riflessioni e simboli destinati a lasciare un segno indelebile nella mente dello spettatore.

La serie naviga con magistrale destrezza tra presente e passato, moderno e antico, realtà e allucinazione, svelando gradualmente i segreti più oscuri della famiglia Usher e le tragiche circostanze che hanno portato al loro declino inesorabile.

La prima puntata si apre, non a caso, con il celebre brano “The wall” dei Pink Floyd su schermo nero. La musica procede mentre scorre una rapida sequenza di immagini simboliche per essere rimpiazzata dalle parole di un prete durante un funerale che riportano i versi di Edgar Allan Poe di “Gli spiriti dei morti”.

È soltanto l’inizio di una narrazione magnetica, destinata attraverso otto episodi, a realizzare un ricco ed abile intreccio di riferimenti, sia evidenti che sottili, ad una vasta gamma di romanzi, racconti e poesie di Poe.

Ogni episodio, oltre a portare nel titolo un esplicito omaggio a una delle opere dell’autore, è un calderone di rimandi e citazioni magistralmente collegati tra loro.

Il filo conduttore di questa intricata rete di riferimenti è il racconto-confessione di Roderick Usher, un tormentato miliardario che, seduto davanti a un camino, in perfetto stile narrativo gotico, svela le proprie colpe e i misteri che avvolgono la sua famiglia.

Attraverso i suoi occhi, lo spettatore è guidato in un viaggio allucinante nel cuore dell’oscurità, dove il confine tra vittima e carnefice si sfuma, e il peso delle scelte passate si manifesta con tutta la sua crudezza.

Nel corso della storia, numerose sono le tematiche messe in scena dal regista. Tutti i componenti della famiglia Usher sono afflitti da una qualche forma di psicosi, nonostante siano circondati da ricchezza e sfarzo, e nonostante la società del padre sia uno dei più grossi produttori di farmaci di tutto il pianeta.

Invece di avere una figura paterna che li guidasse, hanno avuto un mentore che ha alimentato la competizione e l’ostilità tra di loro, creando una dinamica familiare tossica e malsana (metafora della società attuale). Ognuno di loro, inoltre, ha un rapporto complesso con la sfera sentimentale e spesso problematico con la sessualità.

Oltre alla tematica dell’instabilità familiare, c’è quella già anticipata della salute, con la quale il regista lancia una riflessione sull’invasione dei farmaci nella società moderna: benefici a breve termine in cambio di danni a lungo termine.

Mediante dialoghi di straordinaria efficacia e potenza, Flanagan ci offre uno spaccato estremamente chiaro della società odierna, dominata dal capitalismo e da un consumismo sfrenato, dove gli stessi consumatori, sempre più esigenti di benessere immediato, hanno un ruolo determinante nella proliferazione di prodotti farmaceutici sul mercato.

Interessante anche il braccio di ferro tra il potere pulsante e spesso brutale del maschio, contrapposto al potere intellettivo ed efficacemente persuasivo della femmina.

La figura della donna, nella serie, porta le vesti della sapienza.

La caduta della casa degli Usher - citazioni
La caduta della casa degli Usher – citazioni

Ne è un emblema il personaggio di Verna, anagramma di “raven” (corvo), figura femminile onnipresente, senza spazio e senza tempo, interpretabile come “sapienza divina” in alchimia. E leggibile come metafora ai giorni nostri della natura che presenta il conto agli esseri umani per i propri errori, commessi in nome di un potere e una ricchezza (solo materiale) smisurati, e mostra come questi ultimi, a loro volta, scelgano di scaricarlo sulle generazioni successive.

“La caduta della casa degli Usher” è una serie tv destinata a lunga vita nelle memorie del genere horror. La recensione si ferma qui per non condizionare la visione di chi ancora non lo avesse visto. A costoro, se ne suggerisce la visione quanto prima.

 

Written by Michele Russo

 

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