“Diario di un curato di campagna” di Georges Bernanos: la noia è la vera condizione dell’uomo

Caro Georges Bernanos, ti faccio mo’ una doverosa confessione. Ho letto il tuo romanzoDiario di un curato di campagna contemporaneamente a “In campagna è un’altra cosa” di Achille Campanile, di cui ho concluso la lettura alcuni giorni dopo aver completato quella del tuo bel romanzo. Perché?

Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos
Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos

Perché il tuo era più ossessivo e non vedevo l’ora di togliermelo dai piedi, almeno come lettura. È assai ben scritto, ma è così ossessionante! Quello di Achille l’ho sorseggiato come si fa con un buon Lambrusco, che a Reggio è sinonimo di vino. Secondo me non sarebbe dispiaciuto al tuo curato, che, al bisogno, usa sorseggiare dello stantio “Bordeaux”.

“Mi dicevo dunque che il mondo è divorato dalla noia.” – già qui il tuo basso prelato dimostra il suo incauto pessimismo. Ma, si sa, nel diario dovrebbe uscire l’anima vera, a tutti celata, che in questo caso è virtuosamente torbida. Mi spiego: il nostro, ma soprattutto il tuo eroe, è un uomo così onesto che non la manda mai a dire, preferendo piuttosto tacere, senza acconsentire. Ma è melmoso come pochi personaggi che ho avuto la (s)ventura di conoscere.

Dice che “che la noia è la vera condizione dell’uomo.” – malanno spirituale che egli paragona alla “lebbra” – e mi viene in mente quell’immagine che per decenni mi ha terrorizzato: un bimbo africano di una decina d’anni affetto dal morbo di Hansen, nella sua forma nervosa e distruttiva, ridotto a un moncherino vivente. Forse l’uomo occidentale si lamenta perché ha la pancia piena. Anche se mi pare che il tuo, e ora mio, eroe non ami gozzovigliare.

Una verità che non sarebbe piaciuta ai fisici quantistici: “Contro Dio non si gioca.” – diceva però John Stewart Bell che Quello usa barare quando lancia i dadi. Secondo me il gioco delle tre carte l’ha inventato un Dio Partenopeo.

“Una parrocchia è forzatamente sporca. Una cristianità è ancora più sporca.” – forse che la chiesa abbia la funzione di depuratore? L’importante è accendere l’impianto allora, anche se costa energia. E questo è il punto dolente del discorso.

Preciso che i ragionamenti virgolettati (gli altri sono miei) non sono del curato, ma del suo alter ego, il “curato di Torcy”, che “sembra un po’ terra terra: un figlio di ricchi contadini, che conosce il valore del denaro…” – se un contadino non fosse avido al punto giusto, fallirebbe. Forse questo vale anche per i curati. È perciò che mi sto preoccupando per te, curato mio, oltre che per il tuo autore.

E quello continua a dire:La Chiesa se ne infischia che voi siate amati, ragazzo mio. Anzitutto siate rispettati, ubbiditi.” – e io sono uscito da quella camarilla quando avevo una dozzina d’anni.

“Fare dell’ordine pensando che il disordine il giorno dopo la vincerà di nuovo, perché è proprio nell’ordine, ahimè, che la notte butta all’aria il vostro lavoro del giorno. La notte appartiene al diavolo.”attrazione vs entropia. Perché un Dio giusto consenta questo conflitto, è un mistero.

“Speravo che questo diario m’aiutasse a fissare il mio pensiero, il quale fugge sempre nei rari momenti in cui posso riflettere un poco.” – scrivere fa pensare non all’oggi, ma al poco fa, avvenuto magari dieci anni prima, ma che ancora duole dentro. A Hemingway è attribuita una frase secondo cui scrivere è semplice, basta sedersi e iniziare a far sanguinare l’anima.

“Secondo la mia idea, avrebbe dovuto essere una conversazione tra il buon Dio e me, un prolungamento della preghiera…” – io, per affetto filiale, lo chiamavo Dione, non essendo affatto un genitore, bensì un fratello maggiore in cui riponevo fiducia, perché più experienced di quanto lo fossi io. Anche per te, è all’incirca questo: “… un amico fatto a mia immagine, perché distinto da me, d’un’altra essenza…”per me doveva essere omogeneo. Altrimenti l’avrei abiurato (come feci, distrattamente, un giorno).

“Mi sforzerò perfino di scrivere senza scelta quello che mi passerà per la testa…” – così va meglio, coraggio!

Hai qualche complesso: “… discendo da una stirpe di poverissima gente, cottimisti, braccianti, serve di fattoria: ci manca il senso della proprietà…” – come quel bambino di cui dicevo? – “la quale non ha mai conosciuto la speciale gelosia e il rancore del proprietario contadino…”che secondo Cesare Pavese aveva il diritto di bestemmiare dopo una tempesta che gli aveva distrutto il raccolto.

“Tutto il male viene, non dalle dottrine, ma dall’educazione che avevamo ricevuto e che ci hanno trasmesso, non conoscendo un’altra maniera di pensare, di sentire…” – e questo lo dice il tuo “vecchio camerata” – che di certo non cerca di alleggerirti l’esistenza.

Questo invece lo dice “il canonico Durieux”, insopportabile come un dirigente statale, parlando “dell’amicizia”: “State attenti che non diventi una passione. Fra tutte è la sola di cui non si guarisce mai.” – e non credo che sia del tutto vero, né falso. Tanti amati amici ho scordato ormai. Ma mi è rimasta la passione dell’amicizia, nonostante le duemila sventure che ho patito.

Dice ancora il “curato di Torcy”: “Le verità del Vangelo non fanno mai l’occhiolino.” – forse perché non sono né verità né falsità, ma dati di fatto, da prendere per assodati. E poi: “L’abolizione della schiavitù non avrebbe soppresso lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo.” – concordo: l’avrebbe resa soltanto più ipocrita.

“… io posso scrivere qui ciò che mi piace, senza rischiare di recar danno a nessuno…” – e a me, non ci pensi mai?

Per quanto tu sia una buona persona, anzi, proprio per questo, in tanti parlano male di te, per esempio la “signora Pamyre” – che, dici, “non mi perdona di rifornirmi, come drogheria, da Camus…” – negoziante che più desta la tua umana simpatia.

“Il signor decano” ci dona una bella frase: “Dio ci scampi anche dai santi” – che un torto almeno ce l’avevano: erano troppo diversi da noi. Quel tipo supponente non ti è simpatico al punto che tu possa seguire la sua conversazione, che tende ad aver la forma di monologo: e sono solidale con te.

Tralascio un tuo pensiero sul diavolo, che manco so se esista, perché mi causa tanta tristezza.

“Non conoscevo la mia parrocchia, ed essa fingeva d’ignorarmi.” – e questo pure mi affratella a te. Ma è grazie a quell’ignoranza che decidemmo un giorno di scrivere delle nostre colpe.

“Certo, l’uomo è dappertutto il nemico di se stesso, il proprio nemico segreto e sornione.”essenziale è che si desti e si manifesti!

“Non ho paura della morte, essa m’è indifferente quanto la vita: e questa è una cosa che non si può esprimere.” – dai, forse, col tempo, ce la farai… O ti sembro ironico?

Ogni tanto strappi delle pagine. Non so se è un buon segno. Distruggere è meglio che creare dolore.

M’ero proposto di distruggere questo diario. Dopo aver riflettuto, non ne ho soppresso che una parte, giudicata inutile…” – e io, ora, come posso fare per sapere quello che tanto ti feriva?

Poco dopo, a pagina 94, strappi un’altra pagina.

“La fede non si perde. Cessa d’informare la vita, ecco tutto.” – come se fosse una bazzecola

Alcune righe le lasci, però tenti di cancellarle: “Ho scritto questo, in una grande e piena angoscia del cuore e dei sensi. Tumulto d’idee, d’immagini, di parole. L’anima tace. Dio tace, silenzio.” – e come tutto riprenderà a ciarlare domattina, come un anziano avo, mentre va scaldando il caffè.

“… Quando, certamente per colpa mia, la preghiera m’è di così debole aiuto, non ritrovo un po’ di sangue freddo che a questo tavolo, davanti a questi fogli di carta bianca.” chi scrive ha sangue caldo, che scrivendo a volte rischia di congelarsi.

“Erano settimane che non pregavo più, che non potevo più pregare…” – però scrivere ti veniva facile, eh?

Altra frase quasi amputata a pagina 124, cioé cancellata ma si riesce ancora a leggere: “Dio solo può sapere che cosa sopporto? Ma lo sa? (N.B. Quest’ultima frase, scritta in margine, è stata cancellata.)

Una cosa mi pare importante. I tuoi interlocutori maschili ti donano perle di saggezza, alcune ottime da dare ai porci. Quelli femminili, ti fanno del male, perché ti fanno reagire, sanguinare, scrivere.

Avviene l’ultimo incontro fra te e una nobildonna che, da parte tua, si conclude con un “Sia fatta la volontà di Dio.” – e meno di due paginette dopo leggo: “Le sei e mezzo. La signora contessa è morta questa notte.” – dopo averti inviato una lettera in cui ti ringrazia come si fa con un santo che ha compiuto un miracolo. E tu rischi “di venire meno.” – perché non provi a cambiare mestiere, che so, l’elettricista, o l’idraulico?

Ogni tanto deprechi questo tuo diario, anch’io ormai. Ma sento che lo debbo leggere, perché tu lo dovevi scrivere.

“Mi scalderò una tazza di vino zuccherato.”Anch’io amo il vin brulé.

Dopo di cui strappi pagine su pagine. Forse perché erano sporche di vino?

(Manca qualche riga anche nella pagina seguente.)

Dice l’immancabile curato di Torcy: “La tua preghiera dilegua in sogni.”diventando energia, che va inseguendo la propria entropia.

La smetti di scrivere per “due giorni” ma poi ti dici, anzi gli dici, al diario: “Cercherò di andare sino in fondo.

A pagina 178 leggo: “Qui dieci righe cancellate.”

Lo dai per imminente fin dall’inizio e ora forse è la volta che lo farai: “… andrò a Lilla a consultare il dottore questa settimana senza dubbio.” – io comincerei seriamente a preoccuparmi.

Intanto continui a frequentare alcune donne che ti consumano ogni energia (spirituale, è ovvio).

Georges Bernanos - Photo on Plon in 1929
Georges Bernanos – Photo on Plon in 1929

“È vergogna, non poter reggere la penna. Le mie mani tremano. Non sempre, ma attraverso crisi, brevissime d’altronde, di qualche secondo. Mi sforzo ad annotarlo.”secondo me peggio di te c’è Celine e pochi altri.

A pagina 223 il dottore tanto rimandato di dà una bella notizia: a breve potresti diventare santo.

“… io non ero già più che un morto tra i vivi.” – dai che non ce la fai proprio!

“Piangevo senza un singhiozzo e credo persino senza un sospiro.” – sei sulla strada della guarigione.

Queste parole in fin di romanzo sono: “Che cosa importa? Tutto è grazia” – che sono solo tue.

Le ultime in assoluto sono del signor Luigi Dufréty, che ipotizza: “… credo che sia morto quasi subito dopo.”

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Georges Bernanos, Diario di un curato di campagna, Edizioni San Paolo

 

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