“Naven” di Gregory Bateson: un rituale di travestimento in Nuova Guinea
“Scrivere questo libro è stato per me un esperimento o meglio una serie di esperimenti sui metodi di riflessione sui dati antropologici. Resta ora da parlare del modo in cui sono arrivato a realizzarli, a valutare le tecniche che ho elaborato, a sottolineare quelli che ritengo i miei risultati più importanti.” – Gregory Bateson nell’Epilogo 1936

“Naven”, edito da Raffaello Cortina Editore nel 2022 nella collana Culture e Società fondata da Ugo Fabietti, è stato pubblicato per la prima volta nel 1936 in Inghilterra ed è stato accolto con il silenzio e con qualche recensione negativa. Lo studio, come tesi di dottorato, avrebbe dovuto celebrare il promettente antropologo, figlio del famoso genetista William Bateson, ma così non fu anche a causa della struttura del volume che non si presentava come una monografia etnografica.
Gregory Bateson (1904-1980) successivamente al rifiuto del ristretto circolo inglese ed anche a causa della guerra nel 1939 si trasferì in America creando nuove vie di interpretazione rispetto alla psicoanalisi tradizionale occupandosi di nevrosi, psicosi, disturbi della personalità, schizofrenia.
Dopo il fallimento in Nuova Bretagna presso le popolazioni dei Sulka e dei Baining, è con gli Iatmul della Nuova Guinea che Bateson riesce a trovare sintonia per un possibile lavoro etnografico. Un lungo soggiorno durante il quale incontrò la sua futura moglie, l’antropologa statunitense Margaret Mead (1901-1978), ed è con lei che si confrontò riguardo ad ipotesi ma soprattutto dubbi sui comportamenti convenzionali del rito esaminato, il Naven, come risultato dei processi di socializzazione che avvengono in un popolo con il passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Il Naven, così come lo propone Bateson, è un rito di iniziazione degli Iatmul organizzato sia per i maschi sia per le femmine (anche se più raramente rispetto ai maschi). Qualsiasi evento ritenuto importante per quella società poteva dar origine ad un Naven che non si riduceva ad una festa di famiglia ma a qualcosa di più esteso ed a cui prendeva parte chiunque fosse in un certo qual modo parente. Visto come un rituale di travestimento era caratterizzato dallo scambio dei generi, il maschio si vestiva da donna ed impersonificava la donna con movenze e caratteri standardizzati legati al genere e la donna faceva in egual modo vestendosi da uomo e comportandosi da uomo con un fare tra lo scanzonato e l’esagerato. La sessualità stava alla base del rituale, il protagonista del rito non era propriamente il “festeggiato” ma lo zio materno (wau) che dopo essersi travestito recitava una parodia dell’essere femmineo cercando il nipote (laua) tra la folla per poi avvicinarsi con fare ammiccante e, che con movenze sessuale, fingeva un finto parto e/o un falso coito chiudendo con l’esclamazione: “Sei tu, mio marito!”.
Questa breve spiegazione è riduttiva perché il Naven, così come Bateson ha ampiamente documentato, era ricco di sfaccettature e carico di simbolismo, anche se nel secondo epilogo al libro, nel 1958, lo stesso antropologo ci tiene a dichiarare: “Naven fu scritto quasi senza usare Freud. […] A quel tempo avevo una scarsa inclinazione per la psichiatria e una scarsa capacità di giudizio in questo campo e probabilmente se mi fossi tenuto più strettamente a contatto con le idee freudiane sarei solo arrivato a usarla male o a fraintenderle. Mi sarei lasciato andare a un’orgia di simboli interpretativi e questo mi avrebbe distratto dai problemi più importanti riguardanti il processo interpersonale e di gruppo.”

Nella società Iatmul maschi e femmine hanno ruoli prettamente diversi nei quali sono i maschi che dominano le donne, che sin dalla tenera età sono invitate a mostrarsi docili. Nel rito del Naven, invece, c’è un ribaltamento dei ruoli che porta le donne travestite da uomini a poter indossare i migliori abiti e copricapi del clan familiare ed ad usare le armi esercitando non solo un linguaggio sprezzante nei confronti degli altri protagonisti del rito (maschi vestiti da femmine) ma anche azioni di una certa violenza.
La famiglia degli Iatmul seppur classificata come patriarcale mette in rilievo lo zio materno che oltre a dare al nipote il nome del suo clan riceve la difesa anche contro gli stessi genitori. Lo sfregamento delle natiche da parte dello zio nelle gambe del nipote è la finzione di una subordinazione esagerata che mette i due in una connessione simmetrica. Il sentimento di vergogna è sentito in modo molto forte dal nipote per il gesto dello zio tanto da dovergli presentare in dono delle conchiglie.
Il Naven è una esperienza collettiva del disordine, grottesco, allegro in cui si danza e si recita, dal riso sfrenato si passa al pianto, la mente è in una forma di alterazione che da essere umano si diventa animale od antenato, si passa da un’immagine all’altra in un percorso indefinito.
Le occasioni in cui vengono eseguite le cerimonie Naven si differenziano per importanza e vengono articolate quando il nipote compie per la prima volta qualcosa nella vita. Come già anticipato i motivi per un Naven sono svariati e leggendo il saggio di Bateson si resterà un poco sfiniti dalle minuziose descrizioni, ma per chiudere questo breve cenno sul libro si citano le tipologie di azioni di grande rilievo e di minor rilievo direttamente dalle parole dell’antropologo (Capitolo 2, Le cerimonie Naven).
“1. Azioni di grande rilievo che la prima volta vengono salutate da un naven più complesso e che poi sono accolte da manifestazioni di condotta naven ogni volta che hanno luogo; di queste la più importante è l’omicidio. Quando un ragazzo uccide per la prima volta un nemico, uno straniero o una vittima comprata, si procede al naven più completo, che coinvolge un numero molto grande di parenti e di eventi rituali. Se poi l’impresa viene ripetuta più avanti nel corso della vita il wau esegue nuovamente una forma di naven, in genere tralasciando la maggior parte degli eventi rituali. L’onore maggiore, dopo l’omicidio, va alle azioni che aiutano a realizzarlo. Per esempio, l’uomo che nella canoa da guerra sta sulla prua non è armato di propulsore ma porta una leggerissima pagaia fissata a un lungo manico di bambù con la quale respinge i dardi dei nemici: per ogni uccisione compiuta dagli uomini della sua canoa si può fare un naven in suo onore. Un altro modo degno di onori di contribuire all’omicidio è attirare gli stranieri nel villaggio per permettere ad altri di ucciderli. L’uccisione di un grande coccodrillo o di un maiale selvatico, la cattura con l’arpione di un’anguilla gigante e così via sono imprese di importanza molto minore ma ancora abbastanza rilevanti perché ogni volta che si verificano il wau sia spinto quantomeno a salutarle ritualmente, o a gettare addosso al laua una nuvola di calce.

2. Azioni culturali di minore importanza che si celebrano solo la prima volta. In realtà forse sarebbe meglio dire che la prima esecuzione di ogni atto culturale può essere pretesto per un naven. Al lungo elenco che me ne ha fatto un informatore del villaggio di Mindimbit, ne ho aggiunti un paio di cui ero a conoscenza. Anche se certamente non si tratta di un elenco completo, penso sia il caso di riportarlo per dare un’idea del tipo di atti a cui il wau presta attenzione. Vi troviamo: uccidere uccelli, pesci, anguille, tartarughe, volpi volanti; piantare igname, tabacco, taro, cocco, noce di areca, betel, sago, canna da zucchero; scovare un opossum nella selva; abbattere una palma da sago, spaccarla e pestare il sago; usare un propulsore; servirsi di un bastone da lancio per uccidere un uccello; usare un’ascia di pietra (oppure, oggi, un coltello o un’ascia di ferro); affilare un arpione; intagliare una pagaia; costruire una canoa; fare un bastone da scavo; fabbricare un propulsore; incidere disegni su una zucca da calce; intrecciare un bracciale; confezionare una cintura di conchiglie; suonare il tamburo a mano; suonare il tamburo a fessura; suonare una tromba; suonare il flauto; battere il wagan, il tamburo a fessura segreto; andare in un altro villaggio e tornare; procurarsi beni in conchiglie; comprare un’ascia, un coltello, uno specchio ecc; comprare noci di areca; uccidere un maiale e dare una festa.”
Written by Alessia Mocci