Daniele Carletti: la consuetudine diventa un atto estetico straordinario
Daniele Carletti nasce nel 1952 a Porotto, nel Ferrarese. Dopo la scuola dell’obbligo, l’innata passione per le arti visive lo spinge ad iscriversi a Bologna, diplomandosi, brillantemente, in pittura, nel 1975, sotto la guida del Maestro Walter Lazzaro. Addiviene, quindi, all’abilitazione all’insegnamento, esercitando a Ferrara e nei territori limitrofi.
Dopo una stagione di intensa produttività, tra il 1974 e il 1977, l’artista affronta un periodo di silenzio artistico, durante il quale lavora, alacremente, su se stesso. Riprende, poi, i pennelli in mano, in seguito, con ancor più grinta e un rinnovato senso estetico.
Molte sono le pregevoli location che vedono, come protagoniste, le sue esposizioni personali, e numerose le opere, vendute ad amatori e collezionisti.
Tra le varie sedi espositive, si distinguono: Salsomaggiore Terme, il Jacob Javits Center di New York (Artexpo 1994), Sala Zanini, a Ferrara, Sala Marta, a Ivrea, Sala Celio, a Rovigo, la Galleria Oreste Marchesi, a Copparo (Fe), Saturnia, il Comune di Manciano (Gr), Torre Matilde, a Viareggio, Pesaro, Chieti, Torino, Pienza, Varese, La Spezia, Villa Bottini, a Lucca, Milano, il Palazzo dei Rolli Gio Saluzzo, a Genova, Nyons, in Francia… venti delle sue tele, nel 1996, hanno partecipato al Pavarotti International…
È un pregevole percorso, quello del Maestro, che lo vede brillare nel panorama artistico internazionale.
“A un peperone/ Aggiungete le ali:/ una libellula rossa.” – Basho
L’haiku di Basho ben rispecchia il viaggio, compiuto da Daniele Carletti: egli sperimenta, da sempre, rendendo la consuetudine un atto estetico straordinario. Le sue opere seducono l’osservatore, avvincendolo in sconosciute terre, cognitive e non: ivi, si coniugano “la linea e il nulla”.
Egli, infatti, custodisce, nelle proprie “rivelazioni”, un cangiante susseguirsi di stati d’animo sospesi tra curiosità, dissenso, “assurdità” del sogno… umori, questi, allignati agli spazi cari, che approdano, rivisti dalla sua capace mano e da un ciglio lungimirante, alla condizione dell’inconcepibile reale.
Daniele Carletti sembra prendere le palme dell’astante, coinvolgendolo, ogni volta, in un dominio unico…
Il Maestro scocca, dal proprio arco esperienziale, frecce, che fendono la tela e la rendno pregna di una gamma di situazioni inusuali; il pubblico, quindi, vive appieno un pensiero, espresso attraverso un linguaggio polisemantico, le cui parole sono costituite da peculiari combinazioni materiche, cromatiche e riflessive.
Le opere testimoniano un approfondito cammino pregresso, compiuto, centellinando i particolari, e concretatosi, indi, in millesimate sfumature interpretative; esse abbracciano risvolti personali e universali, indovati nella sensatezza del quotidiano e altresì del non senso.
Lo studiato pentagramma tonale sposa soggetti comuni, sradicandoli dall’abitudinarietà, e lumeggiandone la verità, allora, nel contesto di una condizione metafisica; allo stesso modo, la materia trova una propria significanza, apparendo, dapprima, sul piano, come tale, ma risolvendosi, in seguito, attraverso una mirata casualità, che la solleva dalla propria veste natìa.
Una scelta mutevolezza diventa, in tal senso, cifra distintiva delle disquisizioni artistiche, del Maestro Ferrarese. Questa prima, lunga fase sperimentativa, caratterizzata da spessori e combinazioni importanti, ad un certo punto, sembra liquefarsi e lasciare il posto al secondo momento artistico, in cui la levità dell’acquerello amplifica la vibrazione tonale, disegnando un ennesimo orizzonte, per l’autore.
Daniele Carletti, negli ultimi anni, goccia, quindi, sonore euritmie estetiche, su veli cartacei. Intinge il proprio pennello addentro un liquoroso, pieno nulla, e dimora, poi, le setole, tra righi compositivi, esaustivi di un cromatismo apolide e anticonformista.
Crea, così, l’architettura di motivi sonori liberi, che, sposando l’acqua, si propagano, come i cerchi, nati dopo aver lanciato un sasso, in un liquido suolo.
“Così il pennello sta alle mie dita come l’archetto al violino, e assolutamente per mio piacere.” – Vincent Van Gogh
Daniele Carletti vivifica, con questi acquerelli, l’inesauribile volontà e diletto, che lo legano al desiderio di evolvere, stupirsi e stupire.
Written by Maria Marchese