“Luce della notte” di Ilaria Tuti: la verità prima infrange e poi ricrea
“Canta e conta si disse la bambina per allontanare il buio.” – è l’incipit del thriller “Luce della notte” di Ilaria Tuti.
Cantare forse deriva dal sanscrito kanati, gridare, oppure da can’sati, raccontare.
Cantare, contare, raccontare, computare, conoscere: rendere conto. Questo è il compito di chi scrive, il computo di ciò che si è capito o si desidera farlo.
Ogni voce è un’onda, come lo è la luce.
Ognuno ha la sua.
Non è semplice il mestiere dell’uomo che vive (e che scrive), dell’uomo in genere, ma è l’unico che è consentito.
A tutti, o quasi, handicap permettendo. Handicap consentendo.
Io non riesco sempre a confidare nel prossimo, ma, per qualche miracolo, a volte ci riesco.
Teresa Battaglia è un personaggio che in genere mi reca fastidio. È petulante come un’anziana professoressa, abituata a fustigare un po’ i discenti. Ma non riesco a non ammirarla.
Era già stata attestata, nei due romanzi precedenti, la sua tendenza a dimenticare le cose, che le prospettava un futuro molto incerto e problematico.
Fa pena, e a volte fa rabbia, per come tratta Marini, il suo ispettore di fiducia, che eroicamente la sopporta.
“Chiara è una bambina speciale.” – affetta da un’arcana malattia, non può uscire alla luce, ma vive in un buio in cui tutta l’esistenza, compresi i sogni, pare assomigliarsi. Pare così, almeno, a noi figli della luce.
“Che gran bellezza e che paura sul viso diafano, quanto coraggio per esporsi al giudizio di estranei…” – quando si soffre di un male oscuro, gli altri sono sempre non solo diversi, ma estranei a te, diversamente completi. Sei tu in difetto, non loro, che sono giusti… così si dice in giro.
Chiara ha visto qualcosa, forse in sogno, chissà. Un bambino, forse vivo, forse no.
Sua madre chiede che s’indaghi, perché lei sente che la figlia sente qualcosa… Anche Teresa sente… Le donne sono portatrici (non sempre sane) di sentimenti, a volte fallaci, a volte no. Spesso no.
Teresa arrivò al REMS, qualsiasi cosa sia, dove c’è Andreas, che è un tipo strano, molto.
Ho usato un eufemismo: “Sei confuso e arrabbiato. Ti sei dibattuto per giorni come un animale in trappola. Ma questa trappola e può aprirsi. Non è definitiva.” – la vita è una trappola, a volte socchiusa, a volte è un ergastolo che conduce alla pena capitale. A volte ti è concessa la grazia.
“Teresa non credeva che l’assenza completa di espressione dal volto di Andreas rispecchiava un vuoto emozionale.” – uno spirto guerrier entro gli ruggeva senz’altro: “… la luce baluginava negli occhi.”
Teresa, donna come tutte le altre, diversa da ognuna: “Se suo figlio fosse sopravvissuto sarebbe stato forte come lui, ne era certa. E con quel cuore puro e selvaggio.”
L’ispettore, obtorto collo, fa la parte del figlio adottato. Teresa gli dice: “Oh, Marini, mi fai sentire vecchia se reagisci così.”
Il proteo “è un esserino cieco, che porta il nome di un dio.” A volte sa stare immobile “duemilacinquecentosessantanove giorni di fila”, e non nutrirsi per una dozzina di giorni.
“Il buio poteva allevare cuccioli dotati di percezioni potenti, solo in apparenza spaventose.”
Chiara è convinta che il suo sogno “riguardi fatti accaduti realmente”.
“I bambini nascono credenti perfetti e poi la vita pensa a trasformarli…” – in ignoranti di Dio?
Si tratta di un’accattivante teoria religiosa. Ah no, mi pareva, in realtà “lo dicono le neuroscienze.” Boh!
“Non mi piace guidare con la nebbia.” – non bastano i fari, occorre anche un po’ di coraggio.
“È la metafora della vita, dovrai abituarti.” – la vita ci concede ogni tanto d’essere ipovedenti.
“… Presentava ferite profonde agli arti superiori: anulare e mignolo di entrambi le mani erano stati…” – handicap leggero, che non invidio.
Teresa intuisce qualcosa che assomiglia a una nebulosa verità: “Cosa vuoi che ti dica, sono una rompicoglioni.” – la verità necessita sempre di una rottura di qualcosa.
“Teresa si infilò nell’ascensore, sopraffatta dalla rabbia, dal dispiacere, dalla malinconia che la storia di Ambar e Suljo aveva portato nella sua vita.”
Marini è “troppo giovane anche solo per immaginare.” – che il mondo abbia più informazioni di quanto uno possa gestire, e col tempo, col male che ti viene a poco a poco, o all’improvviso, che ti causa: “la perdita di autonomia. Di decoro, i bidoni là fuori sono pieni dell’amor proprio di un vecchio.” – un fatto che lei sa perché ormai è inciso nella sua pelle.
Vendere un bambino è come “la vendita di un capretto da latte.” – un orrendo sacrificio al Dio Denaro.
“Il vecchio aveva deciso di portarsi il segreto nella tomba, forse perché era l’unico che aveva il potere di spaventarlo”: un discorso che ci ho messo un po’ a capire.
Nella vita non mancano i segreti, alcuni inquietano, altri terrorizzano, altri lasciano indifferenti.
“Dio solo sapeva quanto dolore contenevano.” – beato Lui!
Interessante è il pensiero su cosa comporti l’elaborazione del dato della vecchiaia. Pare che sia una specie di partita doppia. O contano soltanto le perdite?
Ogni tanto Teresa mi fa incazzare, ad esempio quando “lo prese per un braccio e lo rimise al suo posto. Avrebbe voluto prenderlo a scappellotti.” – provaci, cara!
La bimba è l’eroina principale della storia: “È andata contro tutti per salvare un bambino che nemmeno sapeva esistesse.”
E poi tutto finisce ballando e bevendo vin brulè. Finalmente sbronzi, i due forse s’intenderanno. Mah, dubito… Non è tanto la differenza d’età, ma di consapevolezza.
“Lei in cosa crede?”
“Non sono abbastanza brilla per fare questi discorsi ed essere sincera.”
L’ameno siparietto conclusivo concede al mondo (e a quelle due anime) una chance.
Finché i due baccaglieranno, ci sarà speranza.
Per ultimo, Ilaria dice: “È la seconda volta nella mia vita che la scrittura mi viene incontro come una rinascita.” – sei pessimista, cara, ogni scritto umano è una forma di sopravvivenza, di decesso, e di successiva e ardua resurrezione.
E a volte il travaglio e il parto sono più dolorosi e urgenti del solito.
Ma per quanto questo essi siano gravosi, recheranno sempre un lieto evento.
Con tutte le incerte problematiche che seguiranno…
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Ilaria Tuti, Luce della notte, Longanesi