“La gloria” di Giuseppe Berto: tutta la notte, in ginocchio, interrogai l’Eterno
Giuseppe Berto è Giuda.
Sto pensando a quel refuso finale.
Refuso?
“Tutta la notte, in ginocchio, interrogai l’Eterno.”
È difficile, ma non impossibile, che un credente preghi: una sua metà è emozionata e quasi felice di provarci, l’altra ne è disgustata.
Giuda è un non credente.
In 12. Giuda incontra il Rabbi.
“Mi trovai a pensare, essendo in grandissima emozione e confusione, che sarei morto per lui – ciò che poi accadde – se me l’avesse chiesto, per combattere Roma, o qualsiasi altra ragione.”
Giuda, ovunque egli sia, sta rivivendo il passato.
In 14., ricordandoLo, gli dà subito del Tu, con la T che più maiuscola non si può.
Giuda odia Roma e confida che quel Rabbi possa aiutare la disperata Resistenza a quell’assurdo potere.
Giuda cita un giudeo americano, senza pronunciarne il nome (Saul Bellow), che ha detto, disse, dirà, molti secoli lontani da quello che sta forse vivendo, che la Morte è Dio. E informa il mondo che lui e il Rabbi moriranno “press’a poco alla stessa ora.”
Di lui si parlerà sempre di sfuggita, e sempre male.
E aggiunge che “Su Te, invece, sono state scritte fin troppe cose.”
E continua: “Di Te si sono serviti – e si servono – per costituire fraternità e tirannie.”
Cita ancora scrittori del futuro: un autore francese (il Camus di La caduta), che scrisse che l’agonia che il Rabbi scelse per sé era probabilmente per espiare qualche Sua colpa, una Sua mancanza di innocenza. Egli non era affatto un candido agnello.
In 21. Giuda confessa che “Per una notte – una sola interminabile notte – io fui tentato, con disperata speranza, di credermi l’Unto, il Veniente, senza trovare conforto né dentro né fuori di me. Colpa della mia poca fede…” e del fatto che lui, di padri, ne aveva solo uno, così terribilmente umano.
In 24. dice: “Rabbi, perché non mi guardi? Gli altri li hai guardati. Io non sono da meno degli altri, e sono qui.”
Intende: io sono più degli altri e sono pronto per Te. Gesù l’osserva, senza invito o comando, lo esamina, come si fa con uno strumento che sarà un giorno utile per giungere a un fine, con sguardo “inquisitivo e vincolante.”
Giuda Gli chiede se è l’Unto.
Lui non risponde, ma si pone avanti, e Giuda sempre dietro a Lui: “potenza o vanità?”
Giuda è stato il primo a seguire il Rabbi, e ora è l’ultimo del gregge: “pur vivendo nel gruppo, stavo in disparte.”
Ma lo seguiva: “uno che possedeva tale potere, era in grado di fare molto per la causa di un popolo oppresso.”
Era un uomo duro, dal pessimo carattere, “ma di uomini come Lui avevamo bisogno, se volevamo vincere Roma.”
Povero Giuda! “M’ero offerto di morire per Te, in qualsiasi momento”, gli dice, ma ammette che lo considerava con un certo sospetto.
“Rabbi, se inevitabile era il tradimento, perché non Ti sei servito di uno di loro? Essi non credevano in Te. Nemmeno io credevo, ma Ti amavo, sempre chiedendomi perché mai fosse più facile amarTi che crederTi.”
Malinconicamente, “aggiungesti che tra noi, dodici, c’era un diavolo.”
Giuda si sente un indemoniato, “mi tenevi soggiogato, mi facevi intendere che dovevo essere pronto ad altro.”
Due destini uguali e opposti: “Tu la salvezza la concepivi come gloria, e la gloria era la realtà alla fine dei tempi, l’immensità del tutto finito, entrare in Dio, per sempre e per tutti.”
Il Rabbi dice agli altri undici che non li reputa servi, perché non nasconde loro nulla: “Voi non avete scelto me ma io ho scelto voi. – Come sempre ero tenuto fuori”.
Quando i giudei lo prendono a sassate, il Rabbi prudentemente scappa. Non è poi così eroico!
Quando la giornata non è favorevole, Lui si allontana. Non è poi così dedito alla sua causa!
Questo Rabbi è insopportabile, non risponde mai a tono, parla per enigmi ed è molto sgarbato, quando vuole!
Se la prende con un fico innocente e lo fa seccare perché fuori stagione non reca frutti!
Utilizza i prodigi per affascinare le masse, sennò perché lo farebbe?!?
Perché guarisce il lebbroso che gli capita tra le mani e, se è figlio di Dio potrebbe eccome, non estirpa la lebbra dalla faccia della terra?!
“O Signore, dammi intelletto per capire, insegnami la via, la praticherò con tutto il cuore.”
Giuda si dona completamente.
Falso come Giuda, si dice. Ma furono gli altri, i preferiti, a rinnegare il Rabbi.
Egli stesso sembra rinnegarsi, chiedendo al Padre di allontanare quel calice amaro.
Perché?
Qualche disaccordo in famiglia?
Poi, malvolentieri, Egli accetta il suo destino e mai più dubita della sua inevitabilità.
“Sacrificio o assassinio?” – entrambi, assicura l’istituzione religiosa che si fondò su quel cadavere.
E poi Giuda cita Engels, che parla delle masse che in Palestina costituirono etc etc, le solite faccende ideologiche…
Anche quella del Rabbi è una forma di ideologia?
O è un’esperienza esistenziale?
E poi tocca a Wilhelm Reich, il folle: che dice che la società ha ucciso Cristo, perché è ammalata di chissà quale accidente. Il Rabbi era un principio vitale (orgonico?) stroncato dalla peste emozionale.
L’ha ucciso il potere costituito e molto infastidito da ‘sto esserino poco elegante, che sbraita di essere il nuovo re del mondo!
Il Rabbi vuole morire, non per sé, ma per gli altri. Chi gli crederà?
Paolo (che non brilla per umiltà) dice che “fede è certezza di cose sperate, dimostrazione di cose non visibili”.
Infatti, nessuno vede ancora nulla di quanto promesso dal tuo Rabbi, caro Giuda.
Intanto “i sacerdoti risposero: ‘Non abbiamo altro re che Cesare.’”
Per loro un re vale l’altro, purché rimangano al potere. Questo vale per i delinquenti e i corrotti.
“Il mondo l’hai già vinto, ora vincerai la vita, affinché tutti siano uno con Te e con il padre Tuo.
Tutti meno me, forse.”
Il forse reca una minima speranza a questo giovane uomo che sa che la morte “è ormai vicina, il segno intorno al collo s’è fatto evidente.”
Il Rabbi muore e diventa in ogni senso il Figlio di Dio.
Ci ha messo trentatré anni, ma alla fine ce l’ha fatta!
Giuda è consapevole “di avere ancora un po’ di male in me – m’è entrato quando mi desti il boccone intinto – ma se Tu vuoi mi abbandonerà. Comunque, non la mia volontà, ma la Tua sia fatta.”
Povero Giuda, mi mancherai tanto…
Tu, Rabbi? Boh!
“La tenebra mi distrugge. Il buio mi copre il volto.”
Che illuso!, mi fai pietà, più che pena.
“O Eterno io grido a te da luoghi troppo profondi: Signore, non ascoltare la mia voce.”
Ascolta la mia, invece, disgraziato Rabbi.
Perché sei così terribile?!
Dimmi, Giuda, perché quell’ultimo pronome è rimasto così minuscolo?!
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Giuseppe Berto, La gloria, Mondadori, 1979