“Maria do Mar” di José Leitão de Barros: un capolavoro sconosciuto del cinema muto
Se il Portogallo non fosse l’estrema periferia occidentale dell’Europa, con una produzione artistica storicamente condannata a restare ai margini della cultura à la page per motivi geografici e, nel Novecento, anche politici – salvo essere scoperta con decenni di ritardo – probabilmente Maria do Mar sarebbe sempre citato tra i capolavori del tardo cinema muto.

Del resto cosa si conosce in Europa del cinema portoghese?
Oltre a Manoel de Oliveira (1908-2015) – anche lui, in fondo, “scoperto” in tarda età – e forse all’eccentrico e geniale autore de La Commedia di Dio João César Monteiro (1939-2003), altri nomi probabilmente dicono poco anche al cinefilo agguerrito.
Ad esempio Paulo Rocha (1935-2012), caposcuola del Novo Cinema portoghese, autore di film come Os verdes anos (1963) che, con il loro stile e le tematiche “neorealiste”, rompevano i canoni convenzionali e rassicuranti raccomandati dal regime salazarista.
Oppure João Botelho (1949), autore di Conversa acabada (1981), particolarissimo film sul rapporto tra Fernando Pessoa e Mário de Sá-Carneiro, e di altri interessanti titoli.
José Leitão de Barros (1896-1967), oltre che cineasta, fu drammaturgo, giornalista e pittore. La sua parabola politico-culturale prese le mosse dall’ambito del Modernismo portoghese (fondò e diresse, tra l’altro, la rivista O Notícias Ilustrado, cui collaborò anche Pessoa) con una successiva adesione della prim’ora al regime salazarista, di cui divenne poi una sorta di “referente culturale”.
Il suo cinema, a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, cercò dichiaratamente di coniugare il concetto di “film pittorico”, mutuato da Louis Feuillade, con le idee dei cosiddetti Formalisti russi, Ejzenštejn in primis.
Maria do Mar, realizzato nel 1930, è ambientato a Nazaré, borgo di pescatori a nord di Lisbona, dove il regista aveva già girato un documentario due anni prima, intitolato appunto Nazaré, praia de pescadores.
Prima docufiction del cinema portoghese, seconda etnofiction nella storia del cinema dopo Moana (tit. it.: L’ultimo Eden) di Robert J. Flaherty, Maria do Mar è uno spaccato della vita degli abitanti del borgo nell’arco delle diverse stagioni dell’anno.
Diviso in nove brevi capitoli, il film tocca molteplici corde, dal racconto sentimentale al melodramma all’indagine antropologico-sociale. Notevole è l’esaltazione della solarità dei corpi, audace per la visione un po’ retriva, al riguardo, del cattolicissimo Portogallo dell’epoca.
Di grande bellezza figurativa, il film presenta un montaggio serrato, con un continuo alternarsi, all’interno delle inquadrature, di concitazione e stilizzazione, che in qualche modo elevano “al quadrato” il ritmo, appassionante, del film.

Leitão de Barros è una figura di importanza capitale nella storia della cinematografia lusitana: nel 1931 girò anche il primo film sonoro portoghese, A Severa; nel 1942 vinse la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia con Ala-Arriba! (primo riconoscimento internazionale a un film lusitano, anche se le Mostre veneziane degli anni 1940-1942 furono pressoché riservate ai soli paesi vicini all’Asse Roma-Berlino); Camões del 1946, opera definita da Salazar “di interesse nazionale”, partecipò alla prima edizione del Festival di Cannes.
Il suo ultimo lungometraggio di finzione fu Vendaval maravilhoso, del 1949 (con la celebre cantante di fado Amália Rodrigues tra i protagonisti), cui seguirono solo, nei primi anni Sessanta, tre cortometraggi documentari.
Quanto a Nazaré, è diventata oggi una celebre località balneare, una mèta turistica peraltro famosa, nell’ambito del Surf, per il record mondiale dell’onda più alta mai cavalcata: 25 metri affrontati dal surfer tedesco Sebastian Steudtner l’11 febbraio 2017. I due record precedenti (24 metri nel 2013, 22 metri nel 2011) pure erano stati ottenuti – rispettivamente da un surfer brasiliano e da uno hawaiano – sulle onde di Nazaré.
Written by Sandro Naglia