Le métier de la critique: Lorenzo de’ Medici, mecenate e ago della bilancia della politica italiana tra Umanesimo e Rinascimento

“Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto sia: di doman non v’è certezza. Dica pur chi mal dir vuole, noi faremo e voi direte”. da i Canti carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico

Presunto ritratto di Lorenzo de' Medici da giovane - Painting by Benozzo Gozzoli
Presunto ritratto di Lorenzo de’ Medici da giovane – Painting by Benozzo Gozzoli

Il giorno in cui Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, vede la luce in Firenze è il 1° gennaio 1449 e lascia le sue spoglie mortali l’8 aprile del 1492.

Un giorno che dà il via a un nuovo anno da potersi interpretare come un auspicio per i giorni a venire. Ma i giorni a venire saranno sì pieni di gloria per Lorenzo, ma anche funestati da eventi terribili causati da diatribe politiche e contrasti che ne intralciano il percorso.

Figura emblematica del Rinascimento, è proprio in questo periodo che si inseriscono le vicende politiche e culturali che lo vedono protagonista, e Firenze è la città in cui si consuma l’esercizio del potere messo in atto dalla sua famiglia di appartenenza: i Medici.

Una famiglia potente, dedita ad intrighi politici, ma anche attenta all’arte e alla cultura.

Ma, per illustrare al meglio la figura di Lorenzo il magnifico, in relazione allo spazio limitato di questo scritto e alla conoscenza non approfonditamente storicistica dell’autrice, anche se in qualità di scrittrice ama la letteratura contestualizzata in un preciso momento storico, è d’obbligo avere una visione d’insieme della situazione politica dell’Italia del Quattrocento, e di Firenze nello specifico. Città che vede i Medici occupare un posto di primo piano nella vita pubblica dell’epoca.

È fin dal Trecento, se non prima, che Firenze conosce un notevole sviluppo diventando un importante centro economico e finanziario. Sviluppo che, purtroppo, viene a interrompersi a causa della peste e di una crisi che raggiunge il suo momento peggiore nel 1378 con il tumulto dei ciompi, il quale vede i salariati del settore laniero insorgere contro lo sfruttamento dei maestri di bottega. Soffocata la protesta, la repressione fa da apripista a un regime oligarchico retto da potenti famiglie patrizie pronte a farsi detentrici del potere della città.

Nel corso del Quattrocento le signorie si trasformano in veri e propri Stati regionali; da qui, ecco scaturire una maggiore frammentazione del paese e di conseguenza una complessa situazione politica.

Tra i più influenti Stati regionali figurano il Ducato di Milano, la Repubblica di Firenze, lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli, in conflitto tra loro a causa di interessi economici e politici. Che li spingono a essere egemoni l’uno sull’altro, anche se nessuna di queste potenze ha la forza di imporsi sulle altre. Inevitabilmente si genera un periodo di tranquillità sancito nel 1454 dalla pace di Lodi, che determina circa quarant’anni di tregua.

Definita la ‘politica dell’equilibrio’, fortemente voluta dai Medici, la soluzione politica adottata appare come l’unica soluzione possibile in un’Italia divisa e incapace di darsi un unico Stato.

Quella stipulata dal trattato è però una pace inquieta, fondata su di una falsa simmetria di forze rivali tra loro, piuttosto che su una vera comunione di intenti.

“Datemi un popolano qualunque e io, con pochi metri di drappo rosso, ne faccio un gentiluomo”. – Cosimo de’ Medici

Ma, tornando alla Firenze dei Medici, occorre ricordare che, a capo della famiglia, nei primi decenni del Quattrocento c’è Cosimo il Vecchio.

Villa medicea di Careggi, sede dell'accademia neoplatonica fondata da Marsilio Ficino
Villa medicea di Careggi, sede dell’accademia neoplatonica fondata da Marsilio Ficino

È il 1433 quando i suoi nemici lo allontanano dalla città a causa della sua popolarità, la quale rappresenta una viva minaccia fra i suoi rivali; ma, approfittando del malcontento che serpeggia fra il popolo, ritorna trionfalmente in Firenze l’anno successivo.

Un malcontento indirizzato contro la famiglia Albizi che detiene il potere, a cui Cosimo, la cui tempra di dominatore è nota, sottrae il governo della città, grazie anche alla forza che gli dà il suo grande impero economico. Da non dimenticare che il banco de i Medici è fra i più importanti d’Europa.

Cosimo non apporta alcuna modifica istituzionale: conosce bene il legame della città con la tradizione repubblicana. E neppure occupa alcuna carica, soltanto si ‘accontenta’ di controllare la vita politica attraverso l’elezione di persone a lui fedeli.

Con il passaggio del governo nelle mani dei Medici, Firenze diventa una delle città più floride d’Europa, in virtù del potere economico che viene dalle banche, dalla nascente industria, così come dall’artigianato.

In questa ‘età dell’oro’ non sono pochi i momenti di grave difficoltà umana e istituzionale che attraversano la città di Firenze.

La congiura dei Pazzi del 1478, per esempio. Dal nome della famiglia che ordisce un attentato contro la vita dei giovani Medici. A essere vittima della rivolta, animata da un così ampio odio, sarà Giuliano, che muore per mano di un appartenente alla famiglia Pazzi, che a sua volta sarà impiccato. Mentre Lorenzo riesce a salvarsi.

“Dalla più alta stella

Disceso è in terra un divino splendore,

Gloriosa Regina,

Vergine e sposa, madre del Signore:

O luce mattutina,

Felice chi s’inchina

A questa santa madre onesta e pia” – Lorenzo de’ Medici

In un’Italia politicamente debole e frammentata, tra il XIV e XVI secolo, alla fragilità istituzionale e militare si contrappone una straordinaria fioritura artistica e culturale, accolta con fervore dai signori dell’epoca, che presso le loro corti si cimentano in una ‘gara’ di mecenatismo.

L’arte e la cultura diventano adesso un modo per attestare un’autorevolezza che non trova rispondenza sul piano politico e militare, e si esplicita nel movimento di pensiero dell’Umanesimo, strettamente connesso alla storia della famiglia Medici.

“Io mi riprenderò la vita che Dio ti ha dato”. – Giovanni de’ Medici

Il termine umanesimo trova la sua radice in humanista, il quale indica l’uomo di cultura che pratica le humanae litterae (grammatica, retorica, poesia, storia e filosofia).

Ampio processo di rinnovamento culturale fondato sulla riscoperta degli autori latini e greci, l’Umanesimo sorge tra il XIV e XV secolo e, sviluppando una concezione antropocentrica della realtà, che vede l’uomo occupare un ruolo centrale nel cosmo e nella storia, rivaluta il patrimonio letterario dell’antichità. È questa un’idea in antitesi a quella medievale, che subordinava l’essere umano, detentore di una natura inferiore, a un più ampio disegno di origine divina, per la quale l’esistenza terrena era una tappa provvisoria in prospettiva della vita eterna.

Il ritorno ai classici è sostenuto da motivazioni che vanno oltre la dimensione letteraria, e investono una concezione del mondo e della vita diversa dalla precedente età di mezzo: un humanitas ‘laica’ basata su valori che si emancipano da quelli del cristianesimo medievale.

La letteratura umanistica è aliena da ogni discorso che offra un punto di vista superiore, e il suo approccio tipico è critico. Di fronte alle fragilità e alle contraddizioni umane non c’è un giudizio di condanna: per quanto importante sia la cultura per gli umanisti, essa non viene interpretata come un modello assoluto.

Condannato dagli umanisti perché decodificato come un millennio oscuro che ha interrotto lo sviluppo della civiltà, il Medioevo è un modello storiografico che nell’immaginario collettivo è visto come un’epoca buia, anche perché contraddistinta da un grave declino economico e culturale.

Oggi, però, gli storici ne hanno ridimensionato la portata negativa, sottolineando la continuità tra la cultura medievale e quella umanistico rinascimentale.

Pur celebrando l’humanitas e la dignità dell’uomo, la cultura umanistica è una cultura d’élite, in quanto appannaggio delle classi abbienti da cui è escluso il popolo minuto.

La scelta stessa del latino classico, quale veicolo di comunicazione intellettuale, e il rifiuto dell’italiano volgare rivelano l’esclusione al sapere delle classi non agiate.

A protezione di artisti e studiosi intervengono i principi, per mezzo del cosiddetto mecenatismo. Manifestazione celebrata per la difesa dell’immagine e della credibilità delle loro famiglie, più che per l’amore verso la cultura e l’arte, le quali acquistano un maggior prestigio durante il Rinascimento.

“Non pecco per malvagità, ma per una mia naturale inclinazione al piacere…” – Lorenzo il Magnifico

Anche il Rinascimento è un movimento di pensiero che contempla l’arte e la cultura come modello di vita, e che affonda le sue radici proprio nell’Umanesimo.

Ritratto di Lorenzo de' Medici - Painting by Agnolo Bronzino
Ritratto di Lorenzo de’ Medici – Painting by Agnolo Bronzino

Affermatosi intorno alla metà del ‘500 con un’espressività d’intelletto che si sviluppa in Italia e poi in Europa, così come l’Umanesimo anche il Rinascimento scompagina gli esempi culturali del Medioevo, idea che si identifica in un forte e totale contrasto dei valori dell’età di mezzo.

Nella pittura vengono proposti temi mitologici lontani dalla religiosità medioevale.

Il ritratto è un genere pittorico fortemente ampliato, mezzo con il quale il pittore raffigura l’individuo qual è nel suo contesto reale. Esempio ne è La gioconda di Leonardo.

Il metodo prospettico teorizzato da Brunelleschi e dall’Alberti permette ai pittori di rappresentare lo spazio come è percepito dall’occhio umano; le figure del Padre Eterno e degli angeli vengono ridimensionate, mentre il primo piano è occupato dalla realtà naturale e da quella umana. Ne sono prova le rappresentazioni prospettiche di Piero della Francesca, tra cui il celebre dipinto Flagellazione di Cristo.

Anche nella scultura ci si ispira alla classicità, mentre nell’architettura ci si allontana dal gotico cercando nell’arte classica greca e romana un’assoluta essenzialità di linee.

Un collegamento tra arte e scienza lo si trova in Leonardo, il quale concepisce l’arte, oltre che come mezzo di espressione artistica, un tramite per studiare la natura.

Durante il Rinascimento, inoltre, vengono prospettate nuove teorie cosmologiche; ne è esempio il polacco Nicolò Copernico che riprende speculazioni elaborate dagli antichi proponendo un modello astronomico nel quale è la Terra che ruota intorno al Sole e non viceversa, come sostenuto dalla Chiesa ed elaborato da Tolomeo nel II secolo d. C.

Teoria questa che suscita grande sdegno, e racconta del nuovo ruolo di centralità occupato nell’universo dall’uomo.

Da non dimenticare che la rivoluzione copernicana avrà un’influenza enorme sullo sviluppo della scienza moderna. Così come le innovazioni tecniche attribuite al Rinascimento: la diffusione dell’orologio, la polvere da sparo e la stampa, tra questi.

Secondo il filosofo Bacon la polvere da sparo e la bussola sono le invenzioni che hanno rivoluzionato il mondo e hanno contribuito alla nascita della civiltà moderna.

Il pensiero rinascimentale, inoltre, è strettamente connesso a un’esigenza di rinnovamento politico. Una trasformazione dell’individualità che considera l’uomo nella sua essenza, ma anche nella sua vita associativa.

Firenze è uno dei luoghi dove si affermano i principi del Rinascimento con più ampia risonanza. E Lorenzo il magnifico è la figura più in auge che evince da tale contesto culturale.

Successore di suo padre Piero, il quale a sua volta ha ereditato da Cosimo il governo della città, a soli vent’anni, nel 1469, è signore di Firenze. Ed è nello stesso anno che sposa la nobile Clarice Orsini.

Da abile diplomatico, quale fin da giovanissimo mostra di essere, occupa un ruolo di rilievo nel panorama rinascimentale e ciò, grazie anche alla sua formazione umanistica.

È fin dalla più tenera età che Lorenzo respira un’atmosfera pregna sì di intrighi politici e di commerci, ma anche di arte e cultura grazie agli insegnamenti di Marsilio Ficino che lo inizia alla filosofia neoplatonica. Firenze diventa perciò il centro più importante della vita culturale del Quattrocento.

Zaccaria nel Tempio - in dettaglio Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Agnolo Poliziano e Gentile de' Becchi - Painting by Domenico Ghirlandaio
Zaccaria nel Tempio – in dettaglio Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Agnolo Poliziano e Gentile de’ Becchi – Painting by Domenico Ghirlandaio

Educato agli studi classici, il Rinascimento permette a Lorenzo di dare voce alla sua passione per la poesia e la cultura in genere, e non soltanto l’occasione per mostrarsi come un politico votato all’arte della diplomazia. Prerogativa questa, che alla giovane età di 16 anni lo porta a Napoli, a Roma e a Venezia per dirimere cause e conflitti con le varie potenze italiane dell’epoca.

L’approccio politico di Lorenzo è caratterizzato dal ricorso alle soluzioni diplomatiche: sono numerose le alleanze strette in quegli anni con realtà minori o maggiori dello scacchiere italiano.

Definito come ‘arbitro’ degli equilibri, esercita il potere mostrando di essere anche un capace statista: trasforma l’ordinamento interno dello Stato fiorentino, ottenendo un potere più saldo, ma conservando al contempo il favore popolare. Motivo per cui, il governo guidato da lui si distingue per stabilità politica, nonostante la sua gestione sia percorsa da tensioni e contraddizioni interne destinate a esplodere dopo la sua morte.

Personalità eclettica, intelligente e accorta che lo porta a riunire attorno a sé figure di intellettuali e scrittori del peso di Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Angelo Poliziano, solo per citare alcuni nomi fra i più colti dell’epoca, la valenza letteraria di Lorenzo è di levatura notevole, forse anche maggiore della sua abilità di governante.

Amante di tutte le arti si occupa anche di filosofia e di collezionismo.

Lorenzo è autore di una spinta propulsiva anche nel campo artistico; alla sua corte, infatti, si aggiungono due grandi nomi della pittura, i giovani Leonardo e Michelangelo che concorrono a consolidare l’immagine di Firenze. Grazie a lui la Cappella Sistina viene affrescata da Michelangelo, il quale diventa un divulgatore verso Roma di novità proprie del Rinascimento fiorentino.

Un perfetto mecenate, lo definì la storiografia artistica da Vasari in poi, periodo durante il quale   Firenze è paragonata ad Atene.

Prima di Lorenzo fu Cosimo a ricoprire il ruolo di mecenate, offrendo al suo casato prestigio e fama, e restituire un’immagine che non fosse legata soltanto a questioni squisitamente politiche, ma una legittimazione culturale del potere, che fosse alieno dalle origini commerciali ed economiche.

Il mecenatismo, però, comporta anche un vincolo alla libertà d’espressione. Infatti, le rappresentazioni rinascimentali spesso sono un omaggio ai signori dell’epoca, e i soggetti di molte opere pittoriche sono destinate ai vari principi che le commissionano. Ne è un esempio La camera degli sposi del Mantegna presso il Palazzo ducale di Mantova, che raffigura per intero la famiglia Gonzaga.

È stata una stagione breve quella di Lorenzo, che termina nel 1492 con la sua morte: da quel momento Firenze è una città in crisi, preda di ambizioni straniere che ne cambiano l’assetto politico e culturale.

“Chi vince, per dolcezza si gavazza,

dileggia e ghigna, e tutto si diguazza

credere alla Fortuna è cosa pazza: aspetta pur che poi

si pigli e chini” – Canti carnascialeschi Lorenzo il Magnifico

 

Written by Carolina Colombi

 

 

 

 

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