“Io uccido” di Giorgio Faletti: una patologia che spinge l’assassino a uccidere senza alcun motivo

“Lasciò alla sua destra e poi alle sue spalle la piazza del Casinò e percorse ad andatura moderata la discesa che pochi giorni prima le Ferrari, le Williams e le Mc Laren avevano percorso a una velocità pazzesca…”

Io uccido di Giorgio Faletti
Io uccido di Giorgio Faletti

Opera d’esordio del compianto Giorgio Faletti, Io uccido è romanzo appartenente al genere thriller. Pubblicato nel 2002 da Baldini & Castoldi editore è stato un successo editoriale di prim’ordine. Un caso letterario di cui si è parlato molto, tanto che Io uccido è stato presente sul mercato editoriale con quattro milioni di copie vendute.

“Adorava la musica e la sua mente, che si ingarbugliava nel più elementare dei ragionamenti, quando ne parlava diventava di colpo analitica e lineare…”

Nato ad Asti nel 1950, Giorgio Faletti è morto prematuramente nel 2014. Personaggio versatile e dotato di un umorismo sottile e gentile era già noto al grande pubblico per le sue apparizioni televisive in veste di attore comico.

“Pierrot era una specie di mascotte della radio. Aveva ventidue anni ma il suo cervello era quello di un bambino…”

Fra omicidi, inizialmente non risolvibili, ed eventi che intervengono a interrompere la quiete di Montecarlo, Giorgio Faletti nel suo romanzo Io uccido sviluppa una trama ricca e ben costruita, con un excursus narrativo che prevede diversi colpi di scena. Omicidi ed eventi che, apparentemente distanti fra loro, s’intrecciano, perché collegati dal filo crudele della morte.

Coloro che vengono uccisi da un insospettabile assassino sono personaggi, forse vittime innocenti, che l’omicida deve punire a causa dei vizi che abitano le loro vite.

In realtà, nella mente dell’assassino è presente una grave patologia, nata durante la fanciullezza e che si è sviluppata in un contesto familiare difficile, legato alla figura paterna dai principi rigidi e di stampo militaresco. Patologia che spinge l’assassino a uccidere senza alcun motivo.

Certamente a suo discapito, a spiegazione dei crimini commessi, ci sono i numerosi abusi ricevuti da lui e dal proprio fratello in età infantile; anche se questi episodi di certo non legittimano il male fatto da Nessuno, così come l’assassino viene definito dalla stampa.

“Gente normale. Persone che vivevano come tanti, come tutti, forse con più denaro, forse con più felicità o con l’illusione di potersela procurare più facilmente. Forse era tutta apparenza e nient’altro. Per quanto dorata, una gabbia era sempre una gabbia, e ognuno era artefice del proprio destino…”

L’ambientazione che fa da corollario all’intrigo omicida è Montecarlo e, nella fattispecie, la nota emittente radiofonica Radio Montecarlo.

Jean Loup Verdier è il conduttore di un programma musicale che ha un ampio seguito e perciò un alto indice d’ascolto. Garbato, accattivante, il DJ conduce egregiamente il programma che gli è stato affidato fino a quando, durante la trasmissione, arriva in diretta una prima telefonata, cui ne seguono altre, durante le quali si annunciano messaggi di morte da un individuo che si definisce Uno e Nessuno.

L’assassino afferma inoltre, che per curare il proprio male deve necessariamente uccidere. E la morte arriva per davvero a interrompere la tranquilla realtà monegasca, dove tutto sembra cristallino e lontano dal male che arriva ad adulterare quel mondo dalla patina dorata.

Sono due le prime vittime di Nessuno, un uomo e una donna, orribilmente uccisi e mutilati in volto.

Incaricato di indagare degli omicidi è il commissario Nicolas Hulot, che inizialmente sembra non avere alcun indizio per poter investigare. In suo soccorso, per esaminare la scena del crimine, interviene Frank Ottobre, amico del commissario e agente dell’FBI, in congedo provvisorio a Montecarlo in seguito al grave lutto che l’ha colpito.

Personaggio inserito ad hoc è Pierrot, un ragazzo problematico che ammira in maniera sviscerata il conduttore, e avrà un ruolo non secondario per identificare l’assassino.

“Mentre scendeva con l’ascensore, Frank si guardò nello specchio, alla luce innaturale delle lampade del lift. Nei suoi occhi c’era ancora il riflesso del viso di sua moglie. Non c’era posto per altri volti, per altri occhi, per altri capelli, per altri dolori. E soprattutto non poteva essere d’aiuto a nessuno, perché nessuno poteva aiutare lui”.

Ci sono poi altri personaggi che ruotano attorno a questo thriller, che si può definire sui generis, in quanto raccontato con un registro di scrittura, esclusivo dell’autore, dalla singolare forza enfatica e un po’ ridondante. Come è stato definito da alcuni suoi detrattori.

“L’uomo sorride al ricordo dei loro giochi di bambini. Nei pochi momenti in cui non c’era quell’uomo a sporcare la loro fantasia con l’unico gioco che era concesso loro fare”.

Quando, durante la trasmissione radiofonica arriva una seconda telefonata, Jean Loup è spaventato e vorrebbe abbandonare la conduzione del suo programma; ma, con una certa insistenza, Hulot e Ottobre lo convincono a rimanere.

Anche questa seconda chiamata è portatrice di nefasti presagi; perché il giorno successivo la morte arriva nuovamente, e mette in crisi gli investigatori che, pur abituati a ogni genere di brutture rimangono sbalorditi, in quanto l’omicida non si accontenta di togliere la vita alle sue vittime: le deturpa asportandone la pelle del volto; infine, con il loro sangue sottolinea parole raccapriccianti: Io uccido.

Un primo indizio viene in aiuto agli investigatori quando capiscono che, nascosta fra le parole deliranti che l’assassino ripete in ogni telefonata c’è una traccia, la quale potrebbe far prevedere l’identità della prossima vittima. Nonostante ciò, gli omicidi continuano a scalfire la realtà monegasca, e le indagini sembrano a un punto morto: quale conseguenza il commissario Hulot viene sollevato dall’incarico. Continuerà a investigare però per proprio conto, arrivando, attraverso un dettaglio apparentemente insignificante, a identificare l’assassino.

Non fa in tempo però a comunicarlo al suo amico Frank Ottobre, che da solo porterà avanti un’indagine affatto semplice. Anche perché ostacolato dal generale Parker, un americano, padre della prima vittima di Nessuno che, accompagnato da un suo guardaspalle, fa di tutto per ostacolare Ottobre: le sue intenzioni sono di fare una giustizia sommaria e di agire da solo.

Quindi, la ricerca dell’assassino pare ancora difficile, fino a quando con una serie di intuizioni, supportate da una logica ferrea, l’agente farà giustizia e l’assassino avrà la punizione che merita.

“Adesso le lacrime scorrevano di nuovo sulle gote di Céline. Frank guardò nella meravigliosa profondità di quegli occhi”.

In questo bel romanzo, da assaporare lentamente, Faletti tratteggia l’animo umano dei personaggi con profonda cognizione, offrendo al lettore un ritratto di essi molto aderente alla realtà. Anche del soggetto omicida fa un’analisi comportamentale che lo caratterizza a dovere, prestandosi a una descrizione del tutto veritiera delle motivazioni che lo spingono a uccidere.

Ma l’autore, non solo caratterizza in modo eccellente i personaggi, senza dubbio originali, anche la location dove avvengono i fatti è descritta in modo così minuzioso, tanto da portare il lettore a immergersi in quel paradiso, geograficamente parlando, che è Montecarlo. Perché nessun dettaglio è lasciato al caso.

Giorgio Faletti citazioni
Giorgio Faletti citazioni

Che dire infine del registro di scrittura di Faletti? Senza dubbio singolare, come già detto, troppo enfatico, l’hanno definito alcuni. Greve e poco scorrevole, hanno aggiunto altri. Giudizi in parte veri, ma che fanno di Faletti un grande scrittore.

Spuntato inaspettatamente nel mondo letterario, Faletti si è fatto immediatamente conoscere per questo suo talento nascosto, in quanto la tv l’ha sempre presentato come un attore comico, affidandogli ruoli che lo sottovalutavano, visto l’acume che ha messo in campo costruendo un giallo di circa settecento pagine, accattivante e pieno di intrighi, e capace di trasmettere emozioni. Così come si richiede a un giallo che si rispetti.

“Frank rilesse la breve lettera di Céline Hulot due o tre volte prima di ripiegarla e tornare a infilarla nella tasca della giacca. Mentre si districava nel traffico e infilava la strada in salita per l’autostrada, Helena girò un istante lo sguardo verso di lui”.

 

Written by Carolina Colombi

 

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