“Luce degli addii” di Eliano Cau: nel cuore impervio di una desolata Sardegna del diciottesimo secolo

“Ciprianna era soggiogata dal suo aspetto. E se da una parte sentiva di potersi affidare a lui come ministro sacro, dall’altra avvertiva nel Padre la forza di un desiderio profano e immorale. Dunque anche lei, tacitando la propria coscienza, si metteva nelle mani di Benedetto acconsentendo al gioco dell’amore, senza placare però la propria angoscia.”

Luce degli addii
Luce degli addii

Luce degli addii (Condaghes 2019), di Eliano Cau, ovvero, quando l’amore più importante della vita, forse l’unico, è quello sbagliato.

L’amore che non si può accettare, l’amore che fa soffrire, lo trovi già in questo passaggio nelle prime pagine del romanzo. È chiaro fin dall’inizio che quella tra una giovane donna dell’alta borghesia e un Padre gesuita sarà una storia impossibile. Il lettore lo fiuta subito, come si fiuta l’aria di tempesta, e spera quasi che non si compia.

Siamo nel cuore impervio di una desolata Sardegna del diciottesimo secolo, dove i due amanti clandestini si buttano senza regole nel loro amore profano e immorale, cedendo e resistendo. Cedendo alla passione, e resistendo ai rigidi canoni delle apparenze incorruttibili; cedendo a incontri clandestini infuocati, e resistendo a stento alle durissime conseguenze del loro amore, che alla fine presenterà il conto. Non sveliamo come per non sciupare la tensione narrativa, ma sarà un momento molto duro, eppure poetico, del libro.

Libro che è cesellato come un romanzo storico, oltreché un romanzo d’amore.

O forse un romanzo storico, e un romanzo d’amore, miscelati insieme. Eliano Cau, nel suo Luce degli addii, è molto bravo a tessere una trama traversale tra i due generi, giocando abilmente nei parametri di entrambi i canoni.

Sicuramente è un corposo romanzo d’amore, perché sentimenti e passioni nascono, sbocciano, fioriscono e, anticipiamo senza svelare di più, si complicano… Quindi c’è la struttura del romanzo d’amore che appassiona il lettore fin da subito, e riesce a tenerlo dentro le pagine per tutto il libro.

Ma è un romanzo storico, perché in ogni paragrafo è evidentissimo un enorme lavoro di ricerca, di studio e di ricostruzione del settecento.

Nel risvolto di copertina si legge che, nel cuore della Sardegna remota, si consumano le drammatiche vicende dei due amanti sullo sfondo del diciottesimo secolo. Non è vero. Il diciottesimo secolo non è un semplice fondale appiccicato sullo sfondo della scena, ma è un grande mosaico maestoso che ci restituisce, appunto, una ricostruzione autentica e minuziosa dell’epoca.

Eliano Cau è abilissimo a riportarci magicamente indietro di secoli facendoci vivere l’atmosfera, il clima, e persino la mentalità del settecento. Non siamo davanti a una vecchia foto color seppia che ritrae dimenticate scene di vita agropastorale; siamo al cospetto del diciottesimo secolo, che palpita, che vive tra profondo tormento e terribili contraddizioni. Che procede adagio, col ritmo lento caratteristico di quegli anni, rispecchiandosi perfettamente nei tempi del romanzo, grazie alla mano dell’autore.

Eliano Cau
Eliano Cau

Il settecento non è quindi uno sfondo, è un personaggio vero, ben caratterizzato e vivente.

Come l’ambientazione: il cuore intimo, duro e roccioso della Sardegna è un altro dei personaggi meglio riusciti. I paesi, le stradine, i profili amichevoli, oppure ostili, delle montagne e delle colline palpitano sotto il sole rovente, o sotto il nubifragio, variando continuamente fisionomia ed emozioni con una vita propria, libera e indisciplinata, come nella realtà. E questo è un altro grande merito dell’autore.

Mentre, forse per stare dentro i canoni dell’epoca, sono stati abilmente ingessati i personaggi umani. Costretti dentro ruoli stigmatizzati, radiografati nei tormenti reali, e vivisezionati quando devono espiare.

E restano lì, sull’orlo del precipizio, a cercare la salvezza, e a fare i conti con i loro demoni. Il lettore li vorrebbe salvare, ma dopo buttar giù, e poi magari salvare ancora. Ma alla fine si capisce che non si può giudicare, non almeno con la mentalità di ora. Perché loro soffrono già, per conto loro, capendo troppo tardi che la vita è ingiusta. Ancora di più nel settecento.

Ma Eliano Cau è anche, e soprattutto, un’altissima cifra di scrittura. Il suo virtuosismo stilistico, ormai così raro, ti sorprende, ti avvolge e ti tira dentro il flusso scorrevole delle parole con un garbo tutto suo.

E alla fine, chiudendo l’ultima pagina, ti rimane un senso di sazietà compiuta per la raffinatezza espressiva, anche nei passaggi più duri. È quello che ti rimane, perché il libro termina così, preparandoti alla conclusione.

 

Written by Pier Bruno Cosso

 

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