Le Veneri, una singolare espressione artistica dell’età Paleolitica
“L’uomo è una creatura che cammina in due mondi e traccia sulle pareti della sua caverna le meraviglie e le esperienze da incubo del suo pellegrinaggio spirituale”. − Morris West

Ad oggi non si è ancora spenta la discussione sulla funzione che hanno avuto le prime espressioni artistiche dell’uomo primitivo. E, nel particolare, dell’uomo del Paleolitico.
In molti, studiosi, storici, archeologici e addetti ai lavori si sono posti tale interrogativo, e noi con loro.
La speculazione su cui si sofferma questo scritto non vuole essere approfondita, semmai, una sommaria riflessione, nei limiti che l’elaborato impone, sia per competenza sia per esigenze grafiche.
Prima però di entrare nel cuore della dissertazione principe, ovvero la singolare espressione artistica de le Veneri, è utile fare un breve cenno al periodo in cui, per convenzione, si colloca la nascita dell’arte: l’Età Paleolitica.
Il Paleolitico copre un lunghissimo arco di tempo, con mutazioni climatiche e trasformazioni ambientali di vasta portata.
Elementi che hanno influito sullo stanziamento e sullo sviluppo culturale dell’uomo, che lavora la pietra in modo semplice, scheggiandola, al fine di ottenere i primi manufatti.
Ma non solo viene utilizzata la pietra, anche il legno, l’osso e il corno sono materia di cui l’uomo del Paleolitico fa un buon uso; mentre, con le fibre vegetali intreccia stuoie rudimentali.
Da tempo l’uomo ha dominato il fuoco di cui fa utilizzo per vari scopi: quale fonte di luce e calore, espediente per difendersi dagli animali feroci, per indurire le punte delle lance, e infine per elementari fini gastronomici.
Dedito alla caccia, alla pesca e alla raccolta, l’uomo del Paleolitico vive all’interno di territori molto vasti, in insediamenti precari e ricavati da ripari naturali quali caverne e anfratti. Organizzando la vita sociale in nuclei familiari monogamici.
È ancora nel Paleolitico, in quello superiore, che ha inizio l’avventura artistica dell’uomo, legata alle prime manifestazioni religiose.

La sepoltura dei morti è già praticata dall’Uomo di Neanderthal, che si è dedicato ad attività spirituali di carattere magico-religioso, rituali che fanno pensare ai primi tentativi di esorcizzare la paura e per manifestare la coscienza della morte.
Pitture, graffiti e incisioni, rinvenuti su pareti di grotte in diversi siti dell’Europa occidentale rivelano una concezione quasi miracolosa dell’esistenza, con carattere rituale e con il fine di celebrare riti propiziatori per la caccia.
Queste raffigurazioni, i cui soggetti sono sia gli uomini sia gli animali, non hanno una funzione meramente decorativa, hanno forse il compito, vista l’impossibilità dell’uomo di spiegarsi fenomeni quali il lampo, il tuono, la pioggia o il buio della notte, di far luce su questi misteri.
“L’arte migliore è quella in cui la mano, la testa e il cuore di un uomo procedono in accordo.” − John Ruskin
Ed è proprio in questo periodo, circa 30000 anni fa, che si collocano le singolari espressioni artistiche definite ‘Veneri’, sculture a tutto tondo, cui, anche in questo caso, si impone la medesima interpretazione magico-religiosa.
Sono definite Veneri perché rappresentano un’immagine femminile con seni, ventre e fianchi particolarmente accentuati e tondeggianti, mentre altre parti del corpo sono appena abbozzate. Anche queste manifestazioni artistiche si ritiene siano simboli propiziatori indirizzati alla fertilità.
Sono circa 140 le statuette rintracciate in tutta Europa nelle grotte e nei luoghi di sepoltura degli uomini appartenenti al Paleolitico. I primi esempi sono stati scoperti nel XIX secolo, e venne attribuito loro l’appellativo di ‘Veneri’, in riferimento all’idealizzazione rimandata dalle immagini classiche della dea romana. Immagini che non sono affatto caste, ma accentuano i caratteri sessuali dell’anatomia femminile.
Con seni molto pronunciati, ventri e natiche enormi che si assottigliano per formare testa e gambe in un insieme disarmonico, spesso sono prive di mani e piedi. A molte di queste manca perfino il volto. La loro misura, in altezza, va dai 4 cm. ai 25 cm.
A causa del formato di piccole dimensioni, si crede potessero essere usati come amuleti o talismani per garantire al possessore la fertilità o per proteggerlo dal male.
La più celebre di queste statuette è la Venere di Willendorf, rinvenuta in Austria nel 1908, a Willendorf appunto, ed è scolpita in pietra calcarea. Sono diversi i significati attribuiti alla scultura.

Si ritiene, infatti, che il culto di una Dea Madre della fertilità si sia manifestato con lo sviluppo dell’agricoltura e non appartenesse alle società nomadi.
Comunque, è certo che la rappresentazione di una figura femminile, sebbene l’esagerazione degli attributi sessuali e gli arti sproporzionati, può far credere ad una figura idealizzata, o ad una personificazione della fertilità umana, piuttosto che a una divinità.
Inoltre, la robustezza della donna di Willendorf, oltre a simboleggiare la fertilità, può rappresentare il segno dell’abbondanza, oltre che esempio di lunga vita. Una distinzione di quest’opera da altre simili è la raffigurazione dei capelli finemente intrecciati o adornati con perline, considerati motivo di forte attrazione sessuale.
È probabile che i cerchi concentrici, i quali circondano la testa, non siano capelli ma copricapi dal significato anch’esso rituale. La statuetta è stata scolpita con rudimentali strumenti di pietra su roccia calcarea successivamente colorata con ocra rossa, colore dalla virtù propiziatoria che richiamava la fertilità.
Le Veneri, tra i maggiori capolavori artistici dell’Età della pietra, hanno aperto accese discussioni, e ancora oggi si discute sulla loro funzione nella società paleolitica.
“Ogni bambino è un artista. Il problema è come rimanere un artista quando si cresce.” − Pablo Picasso
Written by Carolina Colombi